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sono nato a Venezia Lido il 29 luglio 1964 e sono del segno del Leone lavoro come Ispettore Tecnico navale per una primaria Compagnia di Navigazione Italiana

Nuovo terminal Ferry Boat del Lido

Gli Uffici comunali competenti hanno provveduto, in questi giorni, a restituire alla Municipalità del Lido le controdeduzioni alle osservazioni al Piano Generale Urbano del Traffico per il Lido.
Una delle questioni, poste all’attenzione dei tecnici da parte di gruppi di cittadini, riguardava la creazione, nell’area di S.Nicolò – destinata dal Piano alla costruzione di un grande parcheggio per 400 autovetture – di un nuovo terminal di imbarco per il Ferry Boat.

Tale proposta ha ricevuto un parere “non favorevole”, sebbene sia stata accolta, almeno in parte, l’istanza di riduzione del numero dei posti auto, da 400 a 356, per destinare all’ attuale terminal una ulteriore corsia.
Le motivazioni, che sostengono la creazione del mega parcheggio, si fondano sulla necessità di garantire uno spazio di sosta alle auto e ai camper di proprietà dei residenti in centro storico.

A fronte dell’ opportunità offertaci dall’ approvazione del PGUT, come consigliere di Amministrazione di ACTV ed utente/cliente del servizio Ferry Boat, ritengo che non si possa perdere l’occasione affinchè, la riqualificazione dell’area di San Nicolò, non tenga conto della necessità di garantire al Lido un vero terminal di imbarco delle auto e dei mezzi pesanti (come quello del Tronchetto) . L’attuale sistemazione garantisce due corsie di imbarco, a scapito di una corsia di marcia e di un marciapiede di Via Selva e rappresenta una risposta insufficiente, resasi necessaria dalla carenza di alternative, ma necessariamente superabile, nel momento in cui si va a recuperare lo spazio, ricavato dall’attuale campo ex lagunari.

Un nuovo terminal potrebbe rispondere alla richiesta di maggiore efficienza del servizio di ACTV, grazie alla suddivisione razionale delle corsie di imbarco, tra i mezzi prenotati, non prenotati e pesanti,che permetterebbe una più snella gestione ed organizzazione del traffico, anche con la possibilità, se fosse necessario, dell’imbarco simultaneo dei mezzi su due ferry boat, visto che su S.Nicolò la piattaforma di imbarco è a “V” con due autonomi pontoni galleggianti del tipo LIXPAN (cosa che non esiste invece al Tronchetto). Inoltre, agli automobilisti in attesa, si potrebbe garantire un’area-servizi qualificata, provvista di bar, servizi igienici e di un arredo urbano, consono alla vocazione turistica e alla qualità ambientale del Lido ( vedi corsie segnate da filari di alberi che permettano l’ombreggiatura delle auto in sosta).

Per quanto concerne la questione economica, visto la crisi e le ristrettezze di cassa, lascio che sia la mediazione politica tra enti ed aziende a trovare le forme di finanziamento necessarie, fermo restando che, per fare il parcheggio, si debbano già ora prevedere degli stanziamenti. Personalmente ritengo che si possa chiedere anche alle ditte – aggiudicatrici l’appalto per la costruzione del nuovo Palazzo del Cinema ed utilizzatrici di quell’ area come deposito materiali, fino al 2011 – di concorrere alle spese per gli oneri necessari alla riconversione di quello spazio a terminal.

Data poi la dimensione dell’area in questione l’opzione da me proposta, non nega la possibilità della creazione del parcheggio, fermo restando che ritengo cruciale e prioritaria ogni soluzione che dia, in primis, riscontro alle esigenze di mobilità dei cittadini lidensi e concorra al potenziamento del turismo nell’isola.

Paolo Bonafè

Per il futuro della regione servono alleanze su obiettivi e progetti

Il dibattito politico cittadino, in questo scorcio d’estate, è vivacizzato da una proposta provocatoria di Paolo Costa, ex Sindaco di Venezia, attualmente presidente dell’ Autorità Portuale della città, ma anche influente esponente del PD, che apre alla prospettiva di un’alleanza politica PD e PDL per il governo del Veneto. L’ipotesi di Costa si fonda su due presupposti: da un lato, la sinergia già in atto fra i due partiti, per garantire la realizzazione di alcuni importanti progetti regionali relativi al sistema viario ed infrastrutturale, dall’altro, la necessità, da parte del PDL, di frenare l’avanzata della Lega, che sta mettendo in predicato la poltrona del governatore Galan e mina pesantemente il radicamento e la presenza territoriale del partito di maggioranza relativa. La proposta di Costa sembra mirare alla costruzione di un’alleanza strategica, fondata sulla condivisione di un progetto complessivo, garante dello sviluppo del nostro territorio, capace di cogliere le sfide di innovazione, che la grave crisi economica impone al sistema economico veneto. Questa proposta ricorda, per qualche verso, il laboratorio politico proposto da Cacciari, con la sua elezione a sindaco nel 2005: in quel caso però il “patto per la città” era avvenuto in sede di ballottaggio, quando l’assetto delle alleanze e delle squadre degli eletti era già formato. La proposta di Costa cade in uno scenario politico profondamente mutato, caratterizzato, in modo particolare, da una Lega ad aspirazione maggioritaria per il governo regionale, ma soprattutto, non va sottovalutata, perché pone alcune questioni di fondo sul tema delle alleanze per la definizione di strategie di sviluppo territoriale. E’ indubbio che la nostra Regione paghi un ritardo nella realizzazione delle opere infrastrutturali, indispensabili per lo sviluppo del nostro territorio e di tutta l’area del Nord Est; è altrettanto vero che la realizzazione delle grandi opere, quali il Passante, non sarebbe stata possibile se non si fosse trovato un accordo tra le forze di maggioranza e di minoranza ed infatti il Protocollo di intesa vede apposte le firme di Berlusconi, Galan, Busatto (allora Presidente della Provincia) e di Cacciari.
Sono comprensibili e condivisibili le perplessità, che la proposta di Costa ha sollevato tra alcuni esponenti del mio partito, ma va ricordato che, se il PDL è a guida della Regione, il PD ne governa importanti comuni, tra cui Venezia e un’alleanza strategica è quanto mai auspicabile per la realizzazione di quei progetti, divenuti oramai fondamentali per lo sviluppo di quest’area. Di seguito ne elenco alcuni che ritengo più prioritari di altri, quali:
• l’ultimazione del progetto TAV, con la creazione dell’HUB di Tessera e il prolungamento fino a Trieste del percorso alta velocità;
• i nuovi investimenti sul sistema mobilità: terza corsia della A4, Romea Commerciale, Camionabile e Pedemontana, autostrade del mare e autostrada viaggiante;
• il mantenimento di un polo della chimica pulita a Portomarghera, ma anche un serio ed articolato progetto di riconversione industriale, che punti, soprattutto nell’area del waterfront, allo sviluppo del Parco Tecnologico del VEGA, allo sviluppo della logistica e al trasferimento in un'unica area di tutta la cantieristica minore e maggiore;
• la realizzazione del nuovo Porto commerciale e passeggeri ( resto dell’idea che si possa pensare, in prospettiva futura, ad un porto a mare, sul tipo di quello costruito a Shanghai in Cina, non vincolato e/o limitato ai pescaggi e alle strutture delle future navi e collegato alla città tramite un tunnel Sublagunare);
• lo sviluppo del Quadrante di Tessera, come nuova area urbana ed economica della città e la completa realizzazione del Piano di Assetto Territoriale;
• la realizzazione, per Venezia e la Terraferma, del Piano Urbano della Mobilità, con lo sviluppo dei terminal.
Certamente questi progetti restano tali se non viene garantita loro la congrua copertura finanziaria, cosa che a tutt’oggi manca, basti leggere quanto previsto dal Documento di Programmazione Economica redatto dal CIPE. Su questo si gioca la credibilità dei soggetti protagonisti, rispetto alla stessa cittadinanza
Paolo Bonafè
Membro Esecutivo Provinciale PD e Responsabile Prov. Infrastrutture e Mobilità

Caritas in Veritate: una grande speranza per l’uomo contemporaneo

Attesa da due anni, l’uscita dell’Enciclica di Papa Benedetto XVI, Caritas in Veritate, cade in un momento segnato dalla grave crisi del modello di sviluppo occidentale. Il documento, inserendosi nel filone delle grandi Encicliche, che rappresentano il fondamento della dottrina sciale della Chiesa, guarda con grande attenzione e competenza al mondo di oggi, ne coglie le criticità, le distorsioni e le pesanti contraddizioni, ma nel contempo mostra le strade percorribili per costruire un assetto mondiale, incentrato sulla dignità della persona, sulla giustizia, sull’equa redistribuzione delle ricchezze, su una dimensione etica dell’economia.
Non è una società utopistica quella disegnata dal Pontefice, ma una proposta concreta, che pone al centro lo sviluppo integrale della persona, per il quale è necessaria l’integrazione dei diversi livelli del sapere umano, a garanzia della promozione e del progresso dei popoli. Il testo è ricco e complesso, mai generico, tocca i grandi temi del lavoro, della povertà, del rapporto Stato-mercato, della finanza, della responsabilità sociale delle imprese e dei consumatori, della sussidiarietà, delle problematiche ambientaliste ed energetiche. E’ una chiamata in causa alle responsabilità collettive e personali, affinché la stessa crisi diventi occasione di discernimento e nuova progettualità. Il Papa mostra al mondo contemporaneo come il cristianesimo non possa ridursi ad una religione individuale o ad una filosofia, ma attraverso il mistero del Dio Incarnato, c’entri invece concretamente con la vita di ogni uomo e, mediante l’amore di Dio, ne illumini ogni ambito.

Paolo Bonafè – Presidente Laboratorio Venezia

Morti bianche ed infortuni sul lavoro

Il Rapporto nazionale dell’INAIL ci conforta con un dato che dà riscontro di come, nel 2008, siano diminuiti del 4% gli infortuni e del 7,2% le morti sul lavoro: è la prima volta che in Italia, dal 1951, il numero delle vittime scende sotto la soglia dei 1.200. Ma, al di là delle fredde percentuali, va tenuta alta l’attenzione su un fenomeno che l’anno scorso ha comunque visto 874.940 persone infortunate e 1.120 decessi.

Per quanto riguarda quest’ultimo tragico dato, scopriamo che il principale fattore di rischio è rappresentato dalla strada, che ha provocato ben 611 morti su 1.120; per la precisione 335 sono stati i decessi causati da incidenti stradali che hanno coinvolto autotrasportatori, commessi viaggiatori, addetti alla manutenzione stradale, e 276 quelli avvenuti nel tragitto fra il domicilio del lavoratore e il posto di lavoro.

Il calo significativo degli infortuni riguarda, per il 12,4%, il settore delle costruzioni e, per il 10,6%, quello meccanico; mentre si assiste ad un incremento del 21,7% degli infortuni domestici, che hanno colpito un settore ad alta presenza di lavoratori stranieri, composto da colf e badanti. Il 61% degli infortuni si concentra nelle aree del Nord a maggiore densità occupazionale: in particolare Lombardia, Emilia Romagna e Veneto insieme assommano oltre il 43% degli eventi infortunistici denunciati nell’intero Paese e il 36% dei decessi. Un focus sulla nostra regione evidenzia la registrazione di 104.134 incidenti e, purtroppo, di 113 morti

Il monito è quello di aumentare ogni forma di prevenzione, perché dietro ai numeri e alle notizie di cronaca, ci sono le drammatiche storie delle vittime e delle loro famiglie.

Paolo Bonafè – Lido di Venezia

Servizio Civile laboratorio di cittadinanza

In Italia l’istituto del Servizio Civile trova la propria ragion d’essere nel concetto di difesa non violenta e non armata dello stato.

Oggi, a seguito dei cambiamenti normativi e culturali, pur non essendo più legato all’obiezione di coscienza, in quanto caduto l’obbligo alla leva, mantiene la propria connessione ai principi di responsabilità e solidarietà, che vedono i giovani operare e concorrere alla tutela ed al benessere del Paese.

Nella legge 64/2001, infatti, il Servizio Civile trova un’ interessante definizione quale attività volontaria, aperta ai giovani, di entrambi i sessi fra i 18 e i 26 anni, interessati ad un percorso di formazione sociale, civica, culturale e professionale di durata annuale, che si realizza mediante l’opportunità di sperimentarsi in attività di cooperazione nazionale ed internazionale, di salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale.

Tale enunciazione mette in luce come, a fronte dell’attuale crisi delle agenzie di formazione civile e della scarsa capacità di attrazione della politica, l’esperienza del servizio civile rappresenti un laboratorio per maturare e sviluppare i valori propri del principio di cittadinanza responsabile: offrendo ai giovani l’opportunità di mettere a disposizione saperi e disponibilità, se ne riconoscono e valorizzano le competenze, in un contesto che è occasione di avvicinamento e confronto con le istituzioni e le organizzazioni, che producono beni e servizi per la comunità.

Il Servizio Civile educa i giovani, attraverso il misurarsi con le complessità e le responsabilità, alla partecipazione attiva alla vita sociale, promuovendo una società più solidale e coesa.

Paolo Bonafè Laboratorio Venezia

La dimensione politica della spesa quotidiana

La dimensione politica della spesa quotidiana
Il cosiddetto cittadino comune rischia di avvertire un senso di impotenza rispetto alla possibilità di incidere, in modo significativo, in una società, dominata dal potere delle grandi lobby economiche. Eppure, il ruolo di consumatori, cui siamo relegati, non è così passivo come può sembrare di primo acchito: è nello spazio della scelta, che si determina il potere di cui ognuno di noi dispone nella dimensione del vivere quotidiano. Il fare la spesa non è, infatti, un’azione neutra e ce lo spiega bene l’economista Leonardo Becchetti, in un libro di fresca pubblicazione dal titolo “Il voto nel portafoglio”.
Acquistare, orientati da una scelta consapevole, compiuta valutando la filiera di produzione, la sostenibilità ambientale e la qualità dei prodotti, ci fa uscire dalla logica di meri consumatori, e ci permette di essere attori che incidono sul sistema socio-economico. Non stiamo delineando uno scenario utopistico, ma cogliamo, attraverso la lettura di segnali già presenti nella nostra realtà, una tendenza che si va lentamente affermando: l’espansione del mercato equosolidale, il successo dei prodotti a Km 0, il moltiplicarsi delle campagne per promuovere la bevibilità dell’ acqua del rubinetto di casa. L’esperienza dei gruppi di acquisto, che apre alla dimensione collettiva delle scelte, mostra la percorribilità di un consumo critico, che tutela gli acquirenti, in termini economici e di qualità degli alimenti, ma anche esprime una domanda di eticità, per indirizzare il mercato verso un modello, che ponga al centro le persone e le relazioni. Cambiare le nostre modalità di consumo condiziona e trasforma il sistema economico.
Paolo Bonafè – Presidente Laboratorio Venezia

L’ultimo allarme della FAO e la crisi mondiale

La grande speranza degli uomini dell’ultimo scorcio del XX° secolo, era contrassegnata dal convincimento che il nuovo millennio si sarebbe caratterizzato per un nuovo ordine mondiale, che avrebbe visto, grazie allo sviluppo sociale, economico e tecnologico, la sconfitta della povertà e della fame, l’affermarsi di un processo di pace e di riequilibrio nella fruizione delle risorse della Terra. Lo scenario che ci troviamo a vivere, mostra l’illusorietà di quella speranza: abbiamo conosciuto terrorismo, guerre e una crisi socio-economica di tali proporzioni, da imporre un ripensamento del nostro modello di sviluppo. In questo contesto, interviene l’allarme della FAO, che ci segnala il più grande scandalo dei nostri tempi: un sesto della popolazione mondiale soffre la fame e, nel 2009, rispetto all’anno precedente, aumenteranno di cento milioni le persone, che vivono questa condizione.
La situazione più drammatica riguarda l’ Africa subsahariana con un terzo della popolazione che patisce la fame, seguono l’Asia e l’Oceania, l’America Latina, il nord Africa e il Medio Oriente. Ci colpisce anche scoprire che, tra le pieghe del benessere dei paesi occidentali, 15 milioni di persone vivano una condizione di denutrizione. La recessione economica sta colpendo i paesi del terzo mondo attraverso la stretta creditizia, la drastica riduzione degli aiuti e la caduta delle esportazioni. Gli studiosi stimano per il 2015, un aumento della morte per denutrizione di 200-400 mila bambini. Un quadro drammatico si profila per il futuro dell’umanità, fatto di ingiustizie sociali, fame e pesanti rischi di guerra: il tema cruciale della redistribuzione delle ricchezze e delle risorse non è più rinviabile.
Paolo Bonafè – Presidente Laboratorio Venezia

L’equilibrio degli opposti nella parola crisi

Crisi, espressione inflazionata di questi tempi, per definire una situazione difficile e complessa, eppure questa parola ha, nel contempo, un significato aperto ad un dimensione di prospettiva ed opportunità. Il contenuto etimologico del vocabolo, che deriva dal greco, si riferisce al separare e quindi allo scegliere: il termine crisi pertanto, in questa accezione, indica una fase, che separa una maniera di essere, da un’altra differente; la crisi rappresenta così un momento di passaggio, cambiamento e scelta. Uscendo dai riferimenti della cultura occidentale, e trasferendoci nella lontana Cina, scopriamo che la parola crisi è composta da due ideogrammi: wei e ji, il primo significa problema, il secondo opportunità. Quindi, anche in culture così diverse, questa espressione include due poli, apparentemente opposti, ma che, tenuti insieme, attribuiscono senso e significato alla situazione vissuta. Le crisi, economiche e sociali, come quelle relazionali e personali, rappresentano fasi dolorose e faticose della vita di una società e dell’esistenza degli individui, ma contengono, in modo intrinseco, aspetti evolutivi e maturativi: sono molte le persone che riferiscono di essere uscite da una crisi più forti e umanamente arricchite. La crisi, per rappresentare un autentico momento di passaggio e cambiamento, richiede di essere riconosciuta, non negata nella sua reale problematicità e, in questa consapevolezza, esige la capacità di operare scelte importanti. In tale prospettiva, questo nostro tempo, caratterizzato dalla recessione economica e da un diffuso malessere sociale, è anche opportunità per costruire un modello di sviluppo migliore.

Paolo Bonafè – Presidente Laboratorio Venezia

Razzismo: eccezzione o fatto ordinario?

Oggi, sabato 13 giugno, a Roma, l’Associazione Lunaria presenta il Libro bianco sul razzismo. I curatori del volume pongono un quesito di fondo, per nulla banale, su come, nel nostro paese, gli episodi di razzismo non siano ascrivibili alla dimensione dell’eccezionalità, ma piuttosto rientrino in un approccio culturale, che investe in modo diffuso la nostra vita sociale. La ricerca, partendo dall’esame dei 319 casi che, dal 2007 all’aprile del 2009, sono entrati nelle pagine di cronaca dei nostri quotidiani, sfata l’opinione generale che definisce gli episodi di razzismo fatti isolati, non incardinati in un processo culturale che attraversa in modo complessivo il nostro paese, ma mostra come invece appartengano, purtroppo, all’ ordinarietà. Lo studio, inoltre, attraverso la rilettura del linguaggio giornalistico e delle modalità di riportare le notizie, indaga sulla rappresentazione, veicolata dai media, del fenomeno immigrazione, alimentando, attraverso l’attivazione di paure profonde, una cultura orientata al rifiuto e all’intolleranza nei confronti dello straniero. La stigmatizzazione delle persone consolida gli stereotipi, crea un corto circuito, fatto di diffidenza, pregiudizi ostilità, e favorisce un clima che ostacola qualsiasi processo, orientato alla costruzione di una società multietnica, come di fatto sta diventando quella del nostro paese, fondato sulla convivenza civile e rispetto reciproco. La preoccupazione che Lunaria segnala è forte e rappresenta un richiamo importante al reale pericolo che vede la cultura razzista permeare la vita sociale italiana.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

Bambini e adolescenti: fra tecnologia e fragilità

E’ uno spaccato interessante quello che viene delineato dal IX° Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, curato dall’Eurispes. Fra i molti dati, mette in luce come le nuove generazioni siano estremamente competenti nell’uso delle tecnologie: il 73,4% dei bambini fra i 7 e gli 11 anni, possiede un computer, di questi il 56,3% si connette ad Internet, mentre il 58,6% possiede un telefono cellulare. Nella fascia di età 12 -19 anni, si alza al 93% la percentuale di chi possiede un computer, a 81,9% quella di coloro che navigano in rete e, a 96,2%, quella relativa al possesso del cellulare. Il dato che maggiormente colpisce è quello relativo alla centralità assunta da questo ultimo mezzo di comunicazione nella vita quotidiana: se il 31% degli adolescenti lo utilizza fino ad 1 ora al giorno, ben il 30,8% se ne serve per più di 4 ore. Anche rispetto ai comportamenti relativi all’uso di alcool, emergono informazioni preoccupanti: fra gli 11 e i 14 anni risulta che 45,7% abbia bevuto il primo bicchiere di vino, il 24,8% dopo i 15 anni e, solo il 5,5%, dichiara di non aver mai bevuto alcolici. Si beve per omologazione con il gruppo di riferimento, partecipando alla “cultura dello sballo” non ci si sente esclusi. A fronte del fatto che queste nuove generazioni sembrano preferire un’esperienza esistenziale, mediata dalle tecnologie o, in casi più drammatici, dalle sostanze, piuttosto che confrontarsi con la vita reale, il mondo degli adulti appare assente o con una presenza poco incisiva. Lo sforzo cui siamo chiamati è di non demonizzare la tecnologia, ma insegnare ad usarla in modo critico, nel contempo, dobbiamo costruire una grande alleanza educativa fra tutti gli adulti di riferimento: genitori, scuola, comunità parrocchiale, realtà dell’associazionismo e istituzioni, per definire proposte educative credibili e coerenti.
Paolo Bonafè
Laboratorio Venezia