Fede e laicità: l’insegnamento di Moro
In Italia è’ sempre in primo piano il dibattito sul rapporto fra fede e laicità ed in particolare sul ruolo dei cattolici impegnati in politica. Commemorando in questi giorni l’onorevole Aldo Moro, nel 31° anniversario della strage di Via Fani, ci appare ancora più luminosa la sua testimonianza di statista e di credente, di politico raffinato e di uomo profondamente fedele e coerente ai valori del cattolicesimo. Il suo pensiero, sul rapporto fra i cattolici impegnati in politica e la Chiesa, è ancora oggi di assoluta attualità e modernità: a lui va riconosciuto il merito di aver dimostrato che esiste una conciliabilità fra cristianesimo e democrazia, anzi la possibilità di un arricchimento della democrazia attraverso i valori e la tradizione religiosa. L’azione dei cattolici nello Stato, è da lui concepita, come svolta in piena autonomia e sotto la propria responsabilità: “Anche per non impegnare in una vicenda estremamente difficile e rischiosa l’autorità spirituale della Chiesa c’è l’autonomia dei cattolici impegnati nella vita pubblica […]. L’autonomia è la nostra assunzione di responsabilità, è il nostro correre da soli il nostro rischio, è il nostro modo personale di rendere un servizio e di dare, se è possibile, una testimonianza di valori cristiani nella vita sociale. E nel rischio che corriamo, nel carico che assumiamo c’è la nostra responsabilità morale e politica… » ed ancora “L’autonomia dell’azione dei cattolici è segno e presupposto dell’autonomia dello Stato nel proprio ordine, autonomia che implica un valore proprio di esso e la permanente garanzia della vita democratica nel suo significato d’incessante ricerca, di confronto, di libertà».
Paolo Bonafe’
Laboratorio Venezia
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Quale politica dei trasporti per il nostro territorio
Lo sviluppo di una politica diversificata dei trasporti permetterebbe di affrontare la mobilità delle merci, non solo nella prospettiva del trasporto su gomma, per cui il sistema viario della nostra regione risulterebbe sempre insufficiente, ma di prevedere investimenti sul sistema ferroviario e portuale. I porti di Venezia e Trieste, per esempio, rientrerebbero nell’ importante accordo per la creazione della macroarea adriatica, che servirebbe tutto il Nord Est europeo, eppure oggi, il sistema logistico di questa area guarda ai porti del Tirreno, o addirittura ai porti di Rotterdam e Anversa. Paradossalmente, grazie ai sussidi pubblici, risulta da Padova più conveniente imbarcare i container a Gioia Tauro, anziché a Venezia: questo, oltre alle ovvie ricadute economiche per il porto della nostra città, comporta l’aumento del traffico sulle nostre strade. Invece che utilizzare Venezia, oggi, molti camion partono dal Veneto e raggiungono il porto di Genova: è evidente che non siamo mai riusciti a rendere la convenienza collettiva una convenienza anche aziendale, se non finanziandola con sussidi pubblici, quando l'offerta portuale dell'Adriatico, con Venezia, Trieste e Ravenna, avrebbe potenzialità enormi. Il Veneto, va ricordato, è provvisto anche di una naturale «strada» fluviale per i trasporti verso il Nord Ovest: da tempo è attivo un trasporto regolare su chiatte da Venezia fino a Mantova, ogni chiatta può caricare fino a 60 container e ciascun convoglio è composto da cinque chiatte. In una logica di sistema anche questo servizio potrebbe rappresentare, per pozioni di traffico, un’ alternativa interessante e valida.
Paolo Bonafè
Laboratorio Venezia
La Fotografia della Famiglia in Veneto
Quale è la fotografia della famiglia nella nostra regione? I dati e le ricerche sociali ci indicano, in primis, la diminuzione del numero di persone che sceglie l’istituto del matrimonio, che avviene all’incirca intorno ai trent’anni e, per il 34%, dopo un periodo di convivenza. Aumenta la percentuale dei matrimoni civili che, nel 2005, rappresentano il 41,2%; nello stesso anno sono circa 71.000 le famiglie ricostituite. Diminuisce la quota di famiglie con figli, ma contemporaneamente chi decide di averne, preferisce averne 2 (44%). Nel 2005, 6.157 sono state le separazioni e 4.052 i divorzi: il 5,4 per mille dei minori, residenti in Veneto, è stato coinvolto dalla separazione dei genitori. La linea di tendenza generale mostra complessivamente un aumento delle famiglie monogenitoriali, unipersonali, dei nuclei aggregati e delle famiglie ricostituite. Un’altra fonte di informazioni qualitative, pur nella limitatezza dei dati, è il Tribunale Ecclesiastico Regionale Triveneto: nel 2008, 224 coppie di sposi hanno presentato richiesta di annullamento, motivata, per circa la metà dei casi, da una situazione di fragilità affettiva, di incapacità ad affrontare l’impegno e le responsabilità, richiesti dalla vita matrimoniale. Il profilo che emerge è quello di persone adeguate sotto il profilo sociale, ma di fatto fragili ed immature. E’ complesso individuare le cause della debolezza della struttura familiare: affermare la diseducatività di modelli culturali imperanti, che enfatizzano stili di vita effimeri ed edonistici, è inoppugnabile, ma insufficiente. Ma forse sarà l’attuale crisi economica e sociale a richiedere alla famiglia stabilità e senso di responsabilità.
Paolo Bonafè
Presidente laboratorio Venezia
Gli effetti di questa La crisi economica globale
L’attuale e drammatica crisi economica è stata causata da una politica neoliberista che, partendo dal presupposto per cui le regole del mercato hanno in se stesse la capacità di autoregolamentazione, ha lasciato mercati, imprese e finanza agire in autonomia. Pur essendo una crisi partita dagli USA, in ambito bancario e finanziario, è oggi crisi di sistema, che ha assunto una dimensione totale e globale. L’entità della recessione comporta risvolti difficilmente governabili, tali da rendere improprie e insufficienti le misure delle politiche pubbliche meramente finalizzate ad iniettare liquidità nell’economia e non orientate a prevedere interventi a livello strutturale. Questa crisi, lo dicono ormai in molti, costringe ad un profondo cambiamento del modello di sviluppo, richiedendo ai governi centrali la definizione di linee strategiche concertate, capaci di intervenire alla radice multidimensionale del problema. Infatti, gli impatti ottenibili da interventi economici, attuati dai singoli stati, rischiano di non essere efficaci a fronte del dimensionamento dell’economia globalizzata. I temi relativi alla redistribuzione della ricchezza, alla bonifica del sistema bancario e finanziario da attività speculative, al rilancio del sistema di welfare, alla riduzione delle spese militari, al sostegno all’economia reale, orientandola alla riconversione verso una produzione sostenibile in termini ambientali e sociali, devono trovare, a livello mondiale, la centralità dell’azione politica. Diventerà, allora, possibile che i costi della crisi non siano pagati dai soggetti più deboli, ma che da essa scaturisca un modello di sviluppo, fondato su basi etiche e solidali.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
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Educare alla cittadinanza.
L’ affrontare il tema della cittadinanza chiama in causa immediatamente i concetti di “diritto” e “dovere”, pilastri fondanti del vivere sociale. Ma la complessità, connessa all’ essere cittadino, non può esaurirsi in un requisito, acquisito al momento della nascita con l’iscrizione anagrafica, richiama, invece, un percorso che vede la nostra vita realizzarsi all’interno di una rete di relazioni sociali. Quindi è la comunità nel suo complesso che svolge una funzione educante, affinché le nuove generazioni possano imparare le regole condivise, che ordinano i rapporti fra le persone e fare, nel contempo, conoscenza degli assetti istituzionali, che la società si è data a garanzia della propria esistenza e sviluppo. Questo processo educativo può determinare una diversa qualità della natura stessa del concetto di cittadinanza, segnando un ulteriore passaggio: si è cittadini, non solo in quanto si esercitano diritti e doveri, ma anche e soprattutto, perché come soggetti attivi, si esercitano poteri e responsabilità, attraverso un’ azione di partecipazione civile. In questa prospettiva va colta la strategicità dell'educazione alla cittadinanza, che non può essere affidata solo alla casualità delle situazioni, che ciascuno incontra durante la propria esistenza, perché la modalità con cui ognuno di noi agisce, ha ricadute su tutta la comunità. Vanno pertanto costruite le condizioni perché nella formazione dei giovani siano offerti luoghi ed opportunità per fare esperienza di corresponsabilità e solidarietà, affinché diventino, in una società complessa, cittadini protagonisti, consapevoli dei propri diritti, ma anche capaci di negoziare bisogni e punti di vista diversi.
Paolo Bonafè
Laboratorio Venezia
La sfida del turismo ecocompatibile
Il turismo rappresenta sul piano economico una delle risorse più importanti per lo sviluppo di un territorio, comportando, però, nel contempo, un concreto rischio di impatto sul piano ambientale e sociale. Tradizionalmente, infatti, difesa dell’ambiente e sviluppo turistico non hanno perseguito obiettivi comuni, anzi hanno promosso azioni fra loro inconciliabili: il turismo di massa ha prodotto la cementificazione delle coste, la distruzione di habitat naturali per l’ edificazione di megavillaggi turistici, la perdita d’identità culturale delle popolazioni, processi che hanno comportato pesanti ricadute sul patrimonio ambientale, culturale e sociale. Questa consapevolezza ha richiamato i diversi attori ad un nuovo approccio, capace di coniugare, in modo responsabile, tutela dell’ambiente e turismo. Il nuovo modello di sostenibilità, tiene insieme in una logica di sistema, il piano di uno sviluppo turistico, in grado di garantire la redditività del territorio, con obbiettivi di compatibilità ecologica, sociale e culturale. Nella definizione di questa nuova strategia, un ruolo cruciale è affidato agli operatori di settore, che hanno la responsabilità di gestire, contemporaneamente, uno strumento privilegiato, per sensibilizzare il grande pubblico sulle questioni di rispetto dell'ambiente e del patrimonio storico – culturale, ma anche un forte potenziale, atto a promuovere l’economia e la qualità di vita di una comunità. Questo circolo virtuoso garantisce alle attività turistiche di creare, mediante investimenti orientati alla sostenibilità, più solide condizioni per il loro stesso sviluppo futuro.
Paolo Bonafè – Laboratorio Venezia
Investire sui giovani, risorsa della società
Offrire ai giovani opportunità e spazio per la loro realizzazione, rappresenta, per ogni società, la capacità di garantire agli individui il diritto a sviluppare e valorizzare le proprie capacità e competenze, nel contempo, significa, anche, costruire le condizioni, per garantire a se stessa un futuro, in una continua prospettiva di sviluppo. Questo approccio mostra come l’interesse del singolo sia strettamente coniugato all’interesse della comunità, ma questa attenzione sembra poco presente nel nostro paese dove, al di là della retorica sul ruolo dei giovani, l’investimento su questo prezioso capitale umano è scarso. I fenomeni della “fuga delle intelligenze” all’estero, quello degli inserimenti lavorativi che non riconoscono le competenze e i talenti, coniugati a quello della “gerontocrazia” che regge il paese, sono indicatori di una politica miope, che non investe sulle nuove generazioni, quale risorse strategiche per garantire al nostra società crescita e sviluppo, condannandola ad un impoverimento culturale e sociale. Il rischio di una generazione di giovani che si sente esclusa dalle opportunità, che avverte il proprio futuro incerto e precario, depotenzia la società nel suo complesso. La politica è chiamata ad assumersi la responsabilità di un cambiamento di rotta, a superare la logica delle caste e dei privilegi, su cui, ad oggi, si regge ancora il nostro paese, caratterizzato da una scarsa mobilità sociale. Si chiede di passare dalle sterili politiche giovanili di settore, alla contaminazione trasversale di tutta l’azione politica con l’attenzione all’investimento a creare le classi dirigenti e l’intero tessuto sociale del prossimo futuro.
Paolo Bonafè
La social card strumento inefficace
I primi dati sugli esiti della sua applicazione, riaprono il dibattito sulla social card, mettendo in luce l’inadeguatezza strutturale di questa misura per il sostegno economico alle famiglie in difficoltà. In base al principio costituzionale di sussidiarietà, allo Stato spetta la definizione di politiche nazionali e di standard delle prestazioni, per garantire ai cittadini uniformità di trattamento, mentre l’erogazione di una misura monetaria, a contrasto della povertà, non può scavalcare ruolo e funzioni di Regioni ed Enti locali, che hanno una specifica e diretta competenza nella programmazione territoriale e nella realizzazione e gestione degli interventi a favore dei cittadini. Oggi, la povertà presenta aspetti multidimensionali, che non possono essere letti solo con indicatori economici e anagrafici, perché è determinata dalla presenza o meno di reti familiari e sociali di protezione, ma anche dal costo della vita, che è territorialmente diversificato. Un intervento, che non si collochi in una lettura articolata della condizione reale delle persone, innestata nei loro contesti di vita, perde di efficacia. In un momento di così grave congiuntura economica, l’uso delle risorse rappresenta uno strumento strategico che deve uscire da logiche meramente assistenziali, o peggio ancora populiste: ogni investimento va concertato con i diversi livelli di governo, per integrarsi con le reti di risorse, servizi e interventi presenti nei territori. Erogazioni monetarie assegnate in modo frammentario, non ricomposte su base territoriale e non organiche a politiche di inclusione sociale, rappresentano interventi inadeguati che non garantiscono alcuna efficacia.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
La strategia a contrasto della tratta degli esseri umani
Le strategie a contrasto della tratta degli esseri umani.
La questione relativa al fenomeno prostituzionale, per l’allarme sociale che genera nei cittadini, in particolare quando si rende visibile sulle strade, si trova al centro del dibattito politico. Farsi carico del legittimo bisogno di sicurezza, espresso dalla cittadinanza, è un dovere da parte di ogni amministrazione pubblica, ma, con altrettanta fermezza, non vanno alimentate la paura e la stigmatizzazione, riducendo un grave e complesso problema sociale ad un mero problema di ordine pubblico. A quest’ultima logica afferiscono, invece, tutti gli interventi che, attraverso la messa in atto di sole azioni repressive, proibiscono l’esercizio della prostituzione sulle strade, non prendendo in considerazione come le persone, adulte e minori, che si prostituiscono, siano prima di tutto vittime di sfruttamento e tratta, gravissimi reati perpetrati da organizzazioni criminali. La prostituzione non si elimina rendendola invisibile, spostandola in luoghi chiusi e nascosti, ma offrendo alle vittime opportunità di integrazione e percorsi protezione sociale. Il quadro normativo nazionale ha garantito al nostro paese di sviluppare un efficace modello di intervento di lotta alla tratta e di tutela delle persone sfruttate, riconosciuto sia a livello europeo che dal dipartimento di Stato degli Usa che, nel Rapporto 2007, assegna all’Italia un ruolo di primo livello, fra i paesi che soddisfano tutti i criteri, per l’eliminazione della tratta delle persone. Il cammino da perseguire, pertanto, non può discostarsi da queste direttrici: il riconoscimento della dignità delle persone e la garanzia dell’affrancamento da ogni forma di sfruttamento e schiavitù.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
Gli orrori di Gaza e la speranza di pace
Quanto sono terribili le immagini, che ci provengono da Gaza e che segnano di dolore e di sangue questi primi giorni dell’anno, facendoci ancora una volta disperare circa la capacità dell’uomo di uscire dalle logiche dell’odio e della guerra. Questi 50 anni di conflitto arabo israeliano, che hanno come scenario una terra densa di significati per i credenti nelle tre grandi religioni monoteiste, ma lacerata nel modo più crudele, rappresentano il segno di un fallimento per tutta l’umanità perché, né l’autorevolezza dell’ONU, né la più capace e sofisticata forma di diplomazia, hanno potuto impedire l’orrore, che oggi è sotto gli occhi impotenti di ognuno di noi. Quei piccoli corpi di bimbi, straziati e insanguinati, interpellano urgentemente le nostre coscienze e ci mettono di fronte alla responsabilità di un mondo di adulti, incapace di tutelare e proteggere queste piccole vite. Ma abbiamo anche la responsabilità dei bambini che continuano a sopravvivere nel terrore e nella denutrizione: costoro, cresciuti nelle terribili condizioni di vita di Gaza, alimentati all’odio e alla vendetta, come potranno, diventati adulti, essere i futuri attori di un processo di pace? C’ è qualcosa di così terribile e perverso nell’insanabile conflitto medio-orientale, caratterizzato da una spirale di odio impossibile da estirpare, che fa, di ognuno dei protagonisti, uno sconfitto. Per questo abbiamo la pesantissima sensazione che, in questi giorni a Gaza, fra le macerie, assieme alle tante vittime civili, sia morta anche la speranza di pace. Allora va fatto uno sforzo estremo, per trovare un nuovo percorso praticabile e un nuovo linguaggio possibile, che diano ragione al diritto di futuro e di pace, che quella terra invoca.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia