Tutti gli articoli di paolo

sono nato a Venezia Lido il 29 luglio 1964 e sono del segno del Leone lavoro come Ispettore Tecnico navale per una primaria Compagnia di Navigazione Italiana

Si torna al voto senza aver riscritto le regole

I prossimi 13 e 14 aprile si torna, quindi, a votare con la legge elettorale “porcellum”: a nulla sono valsi i richiami da parte del Capo dello Stato, delle forze sindacali ed imprenditoriali ai partiti politici circa la necessità di un governo tecnico, funzionale a riscrivere le regole elettorali per garantire governabilità al Paese.
Questo richiamo alla responsabilità non è stato raccolto da tutti, a dimostrazione di quanto affermavano politologi e referendari (che avevano raccolto ben 800 mila firme per indire il referendum sulla legge elettorale), circa la volontà e l’interesse di molti partiti ad affossare il referendum, indirizzato a modificare l’attuale legge elettorale in senso maggioritario.
Quindi si tornerà a votare come nel 2006: la scelta dei deputati e senatori verrà fatta dalle segreterie dei partiti, ci si potrà candidare in più collegi per poi sceglierne uno, in accordo con il partito, magari per escludere un candidato poco organico alle lobbyes. Ancora una volta la politica, quindi, ha compiuto scelte in contrasto con la volontà espressa dai cittadini: il rischio è l’incremento dell’astensione al voto e l’ aumento della dicotomia fra società civile e “palazzo”. Eppure, in questo scenario di criticità, si possono individuare due importanti elementi innovativi: il Partito Democratico, che ha dichiarato di voler concorrere alle votazioni da solo, e che viene accreditato nei sondaggi al 30%, e la “Rosa Bianca”, che esprime un’area di centro di ispirazione cattolica, accreditata al 12%, autonoma dall’egemonia berlusconiana.
Questi due nuovi soggetti possono rappresentare le novità della politica italiana a garanzia di un esito non scontato della campagna elettorale.

Paolo Bonafe’
Presidente laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

La crisi economica delle famiglie e la crisi delle istituzioni

Il Monte dei Pegni di Venezia ha messo all’asta, nei giorni scorsi, gioielli per 50.000 euro; risultano inoltre 7000 le polizze di pegno annuali, erogate per piccoli “debiti a pegno “ di un valore tra i 300 e i 1000 euro.
Questi dati sono indicativi di una sofferenza economica che sta attraversando molte famiglie, non solo di fronte a investimenti importanti, ma anche nella gestione di bisogni legati alla quotidianità.
La perdita del potere d’acquisto dei salari, fermi al 2000, è esperienza concreta e condivisa e sta acquisendo la dimensione di un processo di impoverimento diffuso, che si sta diffondendo nel ceto medio, causando l’allargamento della forbice fra chi è benestante e chi non lo è più o non lo è mai stato.
La forte situazione di difficoltà economica amplifica la sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, tanto più quando trova conferma nel malcostume e nei privilegi di casta che caratterizzano stili di vita della politica, nella scarsa qualità dei servizi erogati, nell’evasione fiscale garantita ancora a troppi e alla alta pressione fiscale sulle spalle di una sola parte del paese.
A conferma di ciò, può essere interessante leggere questi dati: il gettito fiscale in Italia, nel 2007, ammontava a 456,3 miliardi di euro mentre, in Germania, con un numero di contribuenti superiore di circa un terzo, ammontava a 539 miliardi di euro.
Ma a fronte di questo dato, l’Italia si pone agli ultimi posti per investimenti in infrastrutture, viabilità, ricerca e sviluppo.
In questo contesto facilmente germinano sentimenti qualunquisti e fatalisti su cui attecchiscono campagne populiste e di antipolitica.
Questi elementi, fonte di autentica preoccupazione, dovrebbero fungere da forte richiamo per tutti coloro che presiedono le istituzioni del paese, per un lavoro responsabile e corale, condizione indispensabile per riavviare un processo di dialogo con i cittadini.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia,it
www.paolobonafe.it

Puntiamo al cambiamento della Politica per recuperare la dimensione etica dell’impegno civile

E’ di questi giorni il risultato di un sondaggio effettuato dalla EURISPES sulla fiducia degli italiani verso le istituzioni: ne emerge un quadro di grande criticità del rapporto cittadino – istituzioni, che vede confermare e rafforzare un trend già in atto da alcuni anni. Non ci si può limitare ad esprimere sentimenti di preoccupazione senza cogliere quali pesanti ricadute contenga questo segnale di grande malessere. In particolare vorrei proporre una riflessione sulla crisi del rapporto cittadino/partiti che si traduce in disaffezione, disinteresse e perdita di fiducia nel sistema rappresentativo. I partiti politici sono in continua perdita di credibilità ( raccolgono solo il 14% di fiducia): la loro azione sembra più orientata ad alimentare la litigiosità, gli interessi e i privilegi particolari, piuttosto che la tutela del bene della cosa pubblica.
Accanto alla percezione di un degrado morale, i cittadini avvertono un’incapacità nel dare risposte efficaci e in tempi brevi alle difficoltà socio-economiche che attraversano la società.
La crisi dei partiti come strumenti di mediazione e di sintesi dei problemi della società, rischia di diventare un elemento strutturale che alimenta pericolose forme di ”antipolitica”
Va, pertanto, avviato con urgenza un processo di cambiamento che riguardi nel complesso tutto il sistema di relazioni fra il livello politico/decisionale e il cittadino. Nell’immediato, per avviare un percorso che riduca il gap esistente, va garantita al Paese una nuova legge elettorale, quale risposta concreta alla grande adesione di partecipazione al referendum, ma è altrettanto indispensabile che la politico esca dal corto circuito dell’autoreferenzialità, recuperando la dimensione etica propria dell’impegno civile.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it
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Puntiamo al cambiamento della Politica per recuperare la dimensione etica dell’impegno civile

E’ di questi giorni il risultato di un sondaggio effettuato dalla EURISPES sulla fiducia degli italiani verso le istituzioni: ne emerge un quadro di grande criticità del rapporto cittadino – istituzioni, che vede confermare e rafforzare un trend già in atto da alcuni anni. Non ci si può limitare ad esprimere sentimenti di preoccupazione senza cogliere quali pesanti ricadute contenga questo segnale di grande malessere. In particolare vorrei proporre una riflessione sulla crisi del rapporto cittadino/partiti che si traduce in disaffezione, disinteresse e perdita di fiducia nel sistema rappresentativo. I partiti politici sono in continua perdita di credibilità ( raccolgono solo il 14% di fiducia): la loro azione sembra più orientata ad alimentare la litigiosità, gli interessi e i privilegi particolari, piuttosto che la tutela del bene della cosa pubblica.
Accanto alla percezione di un degrado morale, i cittadini avvertono un’incapacità nel dare risposte efficaci e in tempi brevi alle difficoltà socio-economiche che attraversano la società.
La crisi dei partiti come strumenti di mediazione e di sintesi dei problemi della società, rischia di diventare un elemento strutturale che alimenta pericolose forme di ”antipolitica”
Va, pertanto, avviato con urgenza un processo di cambiamento che riguardi nel complesso tutto il sistema di relazioni fra il livello politico/decisionale e il cittadino. Nell’immediato, per avviare un percorso che riduca il gap esistente, va garantita al Paese una nuova legge elettorale, quale risposta concreta alla grande adesione di partecipazione al referendum, ma è altrettanto indispensabile che la politico esca dal corto circuito dell’autoreferenzialità, recuperando la dimensione etica propria dell’impegno civile.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia
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Per un Mondo migliore dobbiamo mantenere viva la memoria della Shoah

Il 27 gennaio si commemora la “giornata della memoria”, istituita con la legge n. 211 del 20.07.2000, a ricordo del 27 gennaio 1945, giorno in cui vennero abbattuti i cancelli di Aushwitz. Diventa importante dare sottolineatura a questo evento, nella consapevolezza che il secolo, lasciato alle nostre spalle, è stato testimone di una indicibile tragedia, che non va dimenticata: il tentativo del regime nazista di sterminare il popolo ebraico, con la conseguente uccisione di milioni di ebrei, uomini e donne, vecchi e giovani, bambini e neonati. Solo pochi fra coloro che furono internati nei campi di concentramento, sopravvissero ed i superstiti, per tutto il proseguire della loro esistenza, sopportarono e sopportano, nella loro carne e nella loro anima, ferite, angosce e terrori. Questo fu la SHOAH: uno dei principali drammi della storia. Questo termine fu coniato da Elie Wiesel, a sua volta scampato ad Auschwitz e Premio Nobel per la letteratura, per meglio spiegare la tragicità di quegli avvenimenti. La celebrazione di questa giornata deve rappresentare un monito, un forte richiamo per ciascuno, poichè la barbarie umana non ha mai fine e lo possiamo riscontrare drammaticamente dai genocidi e dalle persecuzioni, che continuano a rappresentare un filo rosso insanguinato, evidente e rintracciabile nella storia contemporanea. Dinnanzi a questo orrore, nessuno può dichiararsi non responsabile od indifferente. La volontà di giustizia e pace deve rappresentare il valore fondante dell’agire personale e sociale di ogni persona, affinché, dalla memoria consapevole della pagina più buia della storia d’Europa, si sappia trarre insegnamento per costruire una società multirazziale, capace di solidarietà, riconoscimento reciproco e rispettosa delle differenze culturali e religiose.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Come affrontare l’emergenza rifiuti

Le drammatiche immagini che provengono dalla Campania, mettono in luce quali esiti devastanti possano investire un territorio quando allo stallo e all’ immobilismo della politica, nella capacità di assumere decisioni, si somma la crisi del senso di corresponsabilità da parte dei cittadini. Nel caso di Napoli questi elementi impattano intersecano un tessuto dove, gli intrecci con la malavita organizzata, provocano una situazione complessiva di paralisi che non sembra avere sbocchi.
Qualsiasi riflessione su quanto sta avvenendo, evidenzia pertanto quanto il tema dello smaltimento dei rifiuti necessiti, per uscire da logiche emergenziali, di coniugare contemporaneamente il livello della gestione con quello della programmazione.
In contrapposizione alla situazione napoletana, viene citato da più commentatori, come esempio di buon governo, il modello veneziano.
In questo caso, le amministrazioni locali, che si sono avvicendate nel tempo, e l’azienda incaricata (vedi AMIU/AMAV/VESTA ora VERITAS) hanno saputo produrre, pur nella complessità del territorio che gestiscono, un sistema di smaltimento efficiente ed efficace, dimostrando capacità di previsione.
Un ulteriore salto di qualità va fatto nel centro storico veneziano, dove, per le specifiche caratteristiche, non è stata ancora messa a regime la raccolta differenziata dei rifiuti.
Questo passaggio richiede sicuramente un investimento aziendale, ma anche il contributo attivo da parte dei cittadini e dei turisti, nella consapevolezza che il comportamento di ciascuno nella quotidianità, nel suo effetto moltiplicatore, produce un esito che ha ricadute sulla qualità della vita di tutta la collettività.

Paolo Bonafe’
Presidente laboratorio Venezia

Una nuova dichiarazione d’amore a Venezia

Possiamo sicuramente affermare che questo 2008 sia partito sotto i migliori auspici per la nostra città: Venezia ha infatti vissuto un veglione e un capodanno da autentica protagonista. L’ iniziativa del “Bacio di Mezzanotte” ha richiamato oltre 60.000 persone in piazza San Marco e le immagini dell’evento hanno fatto il giro del Mondo. Parimenti, il concerto di capodanno della Fenice, in pochi anni, ha saputo affermarsi come appuntamento di tradizione, apprezzato dalla critica e dai telespettatori.
Venezia rappresenta uno straordinario palcoscenico internazionale che necessita di una competente gestione e valorizzazione, pertanto va riconosciuta come strategica la costituzione della Società degli Eventi, il cui positivo battesimo, grazie anche al suo direttore artistico Marco Balich, fa ben presagire per il futuro.
E’ opportuno dare risalto a questi eventi, affinché la sottolineatura di segni positivi solleciti nei veneziani uno sguardo costruttivo sulla città, superando la tentazione, che un po’ ci caratterizza, alla lamentela e al piangerci addosso.
Viviamo in una città straordinaria e forse, proprio perché quotidianamente immersi in questa bellezza, rischiamo di darla per scontata, quando pare avere il sopravvento il sentimento di fastidio per la presenza di troppi turisti e sembriamo smarrire la capacità di sorprenderci, di godere della vista di uno scorcio che si apre fra le calli, di emozionarci per uno squarcio di tramonto dietro alle cupole e i campanili.
Sarebbe bello che quest’anno iniziasse con una rinnovata dichiarazione d’amore dei veneziani per la loro città: amore che significa non solo ammirazione e orgoglio, ma che deve tradursi anche in cura e rispetto, nella volontà di non mercificarla, attraverso scelte economiche compatibili con la sua struttura, la sua storia e la sua vocazione culturale internazionale.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia

L’Auspicio per il 2008 di una nuova politica più consapevole

Al di là di ogni ritualità, che l’arrivo di un nuovo anno comporta, credo sia opportuno dare avvio al 2008 con un augurio speciale, da rivolgere a chi amministra il Paese, le città grandi e piccole in cui viviamo, affinché si gestisca la cosa pubblica con una nuova prospettiva e nella consapevolezza della responsabilità che comporta l’assunzione di scelte e decisioni, che riguardano da vicino la vita di ogni cittadino. Questo, ad esempio, implica che non si possano elaborare singole politiche di settore, scisse dalle altre azioni che investono il territorio, ma si debba pensare ad un nuovo modello strategico che svolga una unica coerente e concertata azione, capace di tenere insieme, facendo sinergia, la politica delle attività economico-produttive, dei trasporti, del welfare, della residenza, dell’istruzione e della cultura Perché se desideriamo abitare in un paese solidale e sicuro, questo comporta necessariamente la costruzione di città urbanisticamente a misura d’uomo, significa fare proposte culturali che riguardano valori e stili di vita, significa promuovere la cultura della legalità e della corresponsabilità.
Ma va anche pensato un nuovo modello, che aiuti a ricomporre l’attuale frattura tra la politica e il cittadino. Va pertanto favorita l’attivazione di processi che facilitino “le forme del partecipare” delle persone, in grado di rinsaldare o rendere più armonioso il rapporto cittadini-istituzioni e dei cittadini fra loro. L’obiettivo da perseguire è quello di garantire percorsi volti all’individuare insieme soluzioni ai problemi ed alle esigenze espresse dai diversi soggetti, attraverso attività condivise di progettazione partecipata, mediante il riconoscimento delle risorse presenti nei singoli, nelle famiglie e nelle comunità, la valorizzazione dei saperi e delle competenze, per favorire l’autodeterminazione, sentimenti di appartenenza e il senso della dimensione collettiva.

Paolo Bonafè
Presidente di laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

La città solidale

Di fronte alla sfida della complessità che investe la società in cui viviamo il nostro compito è quello di garantire una nuova prospettiva ed un nuovo approccio nell’elaborazione ed attuazione delle politiche pubbliche, consapevoli che l’azione politica non possa mai essere disgiunta dalla responsabilità che comporta l’assunzione di scelte e decisioni, che riguardano da vicino ogni cittadino ed ogni persona che vive nel nostro territorio. Questo implica che non si possa pensare alle politiche sociali come a delle azioni volte ai cittadini più svantaggiati, scisse dalle altre azioni politiche che investono il territorio, ma dobbiamo pensare ad un nuovo modello strategico che svolga una unica coerente e concertata azione sulla città, capace di tenere insieme, facendo sinergia, la politica della residenza, dei trasporti, delle attività economico-produttive, dell’istruzione della cultura e del welfare.. Perché pensare ad una città sicura e solidale significa costruire una città urbanisticamente a misura d’uomo, significa fare una proposta culturale che riguarda valori e stili di vita, significa promuovere la cultura della legalità e della corresponsabilità. La finalità generale da perseguire deve essere quella di favorire l’attivazione di processi che facilitino “le forme del partecipare” dei cittadini alla vita della città, in grado di rinsaldare o rendere più armonioso il rapporto cittadini-istituzioni e dei cittadini fra loro. L’obiettivo è quello di garantire percorsi volti all’individuare insieme soluzioni ai problemi ed alle esigenze espresse dalle persone, attraverso attività condivise di progettazione partecipata, mediante il riconoscimento delle risorse presenti nei singoli, nelle famiglie e nelle comunità, la valorizzazione dei saperi e delle competenze, per favorire l’autodeterminazione, sentimenti di appartenenza e il senso della dimensione collettiva. Il nostro progetto, nello specifico, è improntato ad un nuovo modello di welfare, che di fronte alla carenza di risorse finanziare, vede le politiche sociali muoversi nello scenario cittadino con un’azione innovativa che pone effettivamente al centro i cittadini, non più considerati semplici utenti, destinatari di interventi, ma piuttosto attori dei processi di aiuto ed inclusione, perché ai problemi espressi da un tessuto sociale sia la stessa comunità, nelle sue diverse articolazioni, ad individuare le risposte.

Paolo Bonafe’
Partito Democratico – Venezia

Le molteplici dimensioni della povertà

L’attuale scenario sociale delinea una pluralità di fenomeni che, per semplicità di definizione, mettiamo sotto il titolo “povertà”.
Questo concetto, che fino agli anni settanta rimandava ad una condizione di privazione sotto il profilo economico, ha visto poi assumere significati complessi e articolati, che intrecciano una molteplicità di situazioni (le famiglie, le madri sole, gli anziani..), mettendo in risalto una dimensione riferibile a mancanza di strumenti culturali, a scarse competenze sociali, a carenze di relazioni affettive e di legami sociali, a solitudini individuali.
I mass media riportano dati allarmanti rispetto ad un processo di impoverimento che sta attraversando il nostro paese e che riguarda un ampio spettro di condizioni, dall’ estrema marginalità alla difficoltà economica, che diventa fatica quotidiana per le persone che appartengono alla classe media.
Pertanto, assistiamo da un lato alla crescita del fenomeno delle persone senza dimora, un fenomeno tipico dei paesi ricchi, che, rappresentando la situazione limite della condizione di povertà, evidenzia, in modo drammatico, gli elementi di contraddizione presenti nei nostri modelli di sviluppo economico.
La complessità di questa condizione di vita e delle sue caratteristiche ne rende difficile la quantificazione precisa: le stime ci dicono che in Italia il numero dei senza dimora si aggira tra le 65.000 e le 110.000 unità, nel Veneto, una ricerca promossa dalla Regione nel 2005, ne ha rilevati 1.211.
Gli studi effettuati sul campo, ci mostrano che i senza dimora non rappresentano una unica categoria di persone: a questo fenomeno si ascrive una pluralità di forme di emarginazione, che portano all’esclusione sociale. Altresì, non esiste un evento traumatico che, da solo, espella le persone dal circuito dell’integrazione: la ricostruzione biografica ha, infatti, messo in luce percorsi di vita segnati da una molteplicità di “fratture”, che riguardano la sfera delle relazioni affettive e sociali. La persona senza dimora, quindi, non vive solo una condizione estrema di povertà: la sua situazione è, piuttosto, l’esito di un processo in cui si sono sommati una pluralità di eventi, che hanno comportato una rottura progressiva delle reti familiari e sociali. Questo stato di deprivazione cronica, di incapacità relazionale, rischia di escludere queste persone anche dall’accesso alle risorse offerte dai servizi sociali e mette a repentaglio la loro stessa sopravvivenza.
Ma oggi, come precisato in premessa, sta emergendo un nuovo fenomeno ascrivibile al concetto di vulnerabilità sociale, intesa come condizione di fragilità, causata, da fattori di rischio in ambito sociale, che attraversano le dimensioni fondanti del nostro vivere: l’ambito delle relazioni familiari, quello del lavoro e dei legami comunitari.
Gli operatori sociali, del pubblico e del terzo settore, segnalano un aumento delle richieste di aiuto da parte di alcune fasce di popolazione, che non sono assimilabili ai target classici di utenza: tale disagio potrebbe essere riconducibile alle caratteristiche del micro contesto sociale in cui le persone sono inserite, piuttosto che alle persone stesse. Viene messa, così, in luce la presenza nella nostra società di soggetti deboli, vulnerabili appunto, che possono entrare in percorsi di esclusione a seconda dei contesti in cui sono inseriti. Se ne deduce, pertanto, che il rischio di esclusione sociale non è più e solo strettamente correlato all’ appartenenza ad una categoria specifica di disagio, ma è spesso correlata alla presenza o assenza di contesti familiari e reti sociali, che possono rappresentare un importante e determinante fattore di protezione all’esclusione.
Paolo Bonafe’
Presidente laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it