Il Mose, è un opera di ingegneria civile, idraulica e ambientale, acronimo di Modulo Sperimentale Elettromeccanico, a Venezia, che consiste in un sistema di dighe mobili finalizzato alla difesa della città in caso di acqua alta e di maree alte fino a 3m. Scopo di queste paratoie è proprio quello di difendere i cittadini, la città e tutto il patrimonio artistico e ambientale da tutte le acque alte. Il Mose è formato da quattro barriere collocate alle bocche di porto della laguna composte da 78 paratoie mobili tra loro indipendenti. Il Mose per ora è stato alzato solamente in via sperimentale, non definitiva. Lo hanno testato il 3 ottobre 2020, nonostante i lavori per la realizzazione siano cominciati nel 2003, sotto la presidenza del Consiglio Berlusconi.
Nel Bilancio 2018 del Consorzio Venezia Nuova, il concessionario per la costruzione, la consegna definitiva è stata fissata al 31 dicembre 2021. Ma con i danni causati dal livello record raggiunto dall’acqua alta il 12 novembre si sono riaccese le polemiche sui ritardi e sui costi – definiti sui social “inutili” – dell’opera.
Con-causa dei ritardi, il commissariamento del Consorzio nel 2014, a causa del coinvolgimento di vari suoi membri nelle indagini della magistratura per aver ricevuto fondi illeciti (L’INCHIESTA). Da allora si sono succeduti diversi commissari. Durante un’audizione alla Camera il 26 luglio 2018 l’ingegner Francesco Ossola, amministratore straordinario del Cnv, aveva parlato di “opere completate al 93%”. Nel Bilancio 2018 del Consorzio si legge che il completamento degli impianti definitivi del sistema è previsto per il 30 giugno 2020, con l’avvio dell’ultima fase di gestione sperimentale, per arrivare alla consegna definitiva alla fine dell’anno successivo.
L’opera – costata ad oggi più di 5 miliardi – è stata pensata negli anni ’80 per difendere Venezia e la sua laguna dall’acqua alta superiore ai 110 centimetri. Una volta completata dovrebbe essere composta da 78 paratie mobili installate nelle tre bocche di porto lagunari: Lido, Malamocco e Chioggia. Al sistema idraulico di paratie, che stanno appoggiate sul fondo delle bocche di porto e si alzano con l’alta marea riempendosi di aria compressa, si affianca la sede operativa all’Arsenale, che già dal 2012 è in grado di fornire previsioni sul meteo e sulle maree con tre giorni di anticipo.
Ora risulta che Il Mose non sarà mai ultimato prima del 2023, ma nessuno garantisce che la corrosione sottomarina non lo blocchi prima. Oggi le dighe mobili vengono sollevate con maree da 130 cm, a regime si scenderà a 110. Tra 74 e 76 però San Marco si allaga, il resto dell’insula marciana resiste solo fino a quota 85. Nessuno spiega perché, spesi 6,5 miliardi per il Mose, non si trovano pochi spiccioli per salvare San Marco e 50 milioni per proteggere il resto della piazza
Ad oggi la Basilica di San Marco è protetta da una barriera di vetro e lastre trasparenti per proteggere i marmi e i mosaici dagli assalti delle acque alte. L’ingresso della Basilica si allaga già con 88cm di altezza delle acque, e la barriera del Mose mai potrebbe alzarsi con acque così basse. Da qui è stato necessario costruire un altro sbarramento che difendesse la Chiesa e tutto il patrimonio culturale che porta con sé. Un’opera temporanea, costata 3 milioni e 700 mila euro.
“Mai visto un centesimo” dice Devis Rizzo, presidente dell’impresa Kostruttiva.
Noi di Azione con il Senatore Richetti abbiamo presentato una interrogazione a risposta scritta Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili perché si faccia chiarezza sulla attuale situazione di stallo e si intervenga sul tema primario che è l’ultimazione dei lavori e l’assegnazione della manutenzione delle opere che costituiscono il sistema MOSE
Specificando che
- il commissariamento, scelto come via dal Governo, ha determinato un rallentamento dei lavori, anche perchè la gestione commissariale si è rivelata inadeguata, tanto che attualmente il completamento dell’opera è slittato alla fine del 2023. Negli anni si è vista una serie di nomine di figure sovrapposte presenti a diverso titolo nella governance del MOSE che hanno generato conflitti di competenze e ulteriori rallentamenti, causati ance da personalismi e veti incrociati, invece di accelerare le operazioni;
- l’emersione dello stato di dissesto finanziario del Consorzio Venezia Nuova, ha causato, proprio a causa di una cattiva gestione commissariale, la paralisi totale;
- l’ultima complicazione alla catena di comando è arrivata nel maggio 2021 con la nomina della dott.ssa Ilaria Bramezza a Capo Dipartimento per le opere pubbliche, le risorse umane e strumentali del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, la quale , avocando a sé decisioni che di fatto spetterebbero al Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia (di seguito “Provveditorato”), ha proceduto all’annullamento di un’importante procedura d’appalto relativa alla manutenzione dello stesso MOSE;
- il MOSE, anche se non ancora stato completato, è comunque già in funzione ed è stato attivato più volte in modalità emergenziale provvisoria a partire dall’autunno del 2020 per proteggere Venezia e la sua laguna;
- il tema della manutenzione non è affatto secondario ai lavori di costruzione perché garantisce l’efficienza e la durata nel tempo di una delle più grandi opere infrastrutturali italiane, completamente immersa in mare e con costi stimati al completamento di oltre 6 miliardi di euro;
da tutto ciò emerge che su questo tema vi è la totale mancanza di un piano di manutenzione dell’intero sistema MOSE – nonostante siano previsti interventi a cadenza triennale – con anni di ritardi, interruzioni e malagestione che hanno portato ad avere strutture sommerse aggredite dalla corrosione, componenti acquistati ma non ancora installati e abbandonati all’aperto in balìa delle intemperie, oltre a problemi di accumuli di sedimenti sabbiosi non affrontati in modo risolutivo.
Ad esempio, è noto almeno fin dal 2018 che i gruppi cerniera siano corrosi, tant’è che due consulenti esperti del provveditorato, l’ingegnere corrosionista Ramundo e il professore Paolucci, entrambi tra i massimi esperti in materia, nel rassegnare le proprie dimissioni hanno denunciato la totale inerzia nell’affrontare il problema;
in relazione alle gare indette proprio per affrontare l’importante questione della manutenzione sono emerse diverse problematiche, dalla fine del 2018 sono state in totale quattro le gare indette a tale scopo e solo una di quelle, la gara n. 54, concernente la manutenzione sperimentale delle paratoie e dei maschi della bocca di Lido Treporti, è stata aggiudicata lo scorso mese di giugno (ma non ancora formalizzata) a un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) facente capo a Fincantieri dopo un lungo contenzioso legale che si è concluso con sentenze favorevoli a Fincantieri sia da parte del TAR del Veneto che del Consiglio di Stato;
tutte le altre gare precedenti sono state annullate con vari pretesti, inclusa la c.d. gara n. 53 che aveva lo scopo di indagare lo stato di corrosione degli steli delle cerniere del MOSE e di individuare delle soluzioni per rimediare. Lo scopo di quella gara era stato incluso in una nuova gara pubblica europea, indetta nel luglio 2021 dal Provveditorato alle Opere Pubbliche di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige; quest’ultima gara, concernente la redazione del piano di manutenzione strutturale dell’intero sistema MOSE nonché la sua manutenzione sperimentale per tre anni escludendo naturalmente le parti oggetto della gara 54 già citata, vinta ad Agosto 2021 da un RTI guidato da Fincantieri e comprendente importanti realtà imprenditoriali locali già impegnate nel MOSE, con decreto del 15 novembre 2021 è stata oggetto di annullamento da parte dello stesso Provveditorato che l’aveva indetta;
nel frattempo, una consulenza recentemente affidata all’esperto francese Nicholas Larchér
confermava lo stato della corrosione ma contraddiceva l’allarme lanciato dagli altri esperti del Provveditorato prima citati, i prof. Ramundo e Paolucci, affermando che sono sufficienti una protezione degli elementi con grasso e una ispezione con cadenza trimestrale. Sorprende quindi che il Provveditorato abbia infine deciso il 22.12.21 di affidare al Consorzio Venezia Nuova un’indagine visiva sullo stato delle componenti subacquee del sistema MOSE, contraddicendo contemporaneamente l’esperto francese in un senso e dall’altro le sue proprie motivazioni a base dell’annullamento della gara vinta dal RTI guidato da Fincantieri;
l’accumulo di questi ritardi e una governance che pare essere disarticolata e poco efficiente hanno l’unica grave conseguenza di minare – oltre che il completamento – anche quel minimo di manutenzione che le parti già completate richiedono per continuare ad operare.
Questa è un’ opera fondamentale per la Salvaguardia della città e del suo patrimonio Architettonico e quindi il nostro Partito sarà molto attento, anche coinvolgendo la struttura Regionale e Nazionale, nel sollecitare i soggetti responsabili ad una rapida soluzione delle problematiche e alla programmazione di manutenzioni affidate a soggetti che siano in grado di garantire competenza, risorse ed efficacia dei lavori necessari perché questa opera possa funzionare regolarmente.
Paolo Bonafè – componente Direzione Provinciale Azione Venezia