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Un problema ormai di pubblica sicurezza

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Di degrado e criminalità in una vasta parte di Mestre si parla purtroppo da lungo tempo. Da così a lungo che si rischia l’assuefazione e, magari inconsapevolmente, relegare il tema tra le cose irredimibili, che dobbiamo tenerci. Quello che è successo al nostro malcapitato concittadino in via Fogazzaro, ha il paradossale “merito” di riproporre a tutti la profondità del problema. Perché basta metterci nei panni di Gilberto Z., che trova nelle scale del proprio condominio dei figuri che si bucano e quando li mette alla porta viene brutalmente malmenato da questi. Pensiamo al senso di insicurezza che un fatto del genere provoca, alla violazione dello spazio privato, al senso di ingiustizia e insieme di frustrazione impotente, di fronte alla tracotanza e alla sostanziale certezza di impunità degli aggressori, che ognuno di noi avrebbe provato.

 

E appunto è un problema che riguarda tutti noi, anche chi è fisicamente lontano, anche chi abita in un attico di Palazzo Manuzio o in una villetta in viale Garibaldi, o a Venezia o al Lido.. Perché una città non può permettersi di perdere una parte di essa, peraltro centralissima. Perché altrimenti viene meno il senso di comunità, l’implicito patto sociale che deve legare tutta la comunità.

 

Non è purtroppo un’assoluta novità, quanto avvenuto certifica che il problema non è più relegato alla sicurezza nello spazio pubblico ma ormai travalica anche la proprietà privata, il diritto elementare di ognuno di stare tranquillo nel suo privato. E in tal senso non è ormai più un problema decoro urbano bensì di vera e propria pubblica sicurezza. Questo chiama in causa, molto più del Comune, il Prefetto e le forze di polizia. Urge un presidio costante delle Forze dell’Ordine da mantenere a lungo perché cambi il clima percepito. Forse non è più un tabù parlare di un luogo dedicato, ovvero una “stanza del consumo”. Certamente serve un rafforzamento dei servizi sociali dedicati,intensificare la presenza di operatori di strada e promuovere i servizi di riduzione del danno . Chiediamo poi che l’amministrazione si faccia portavoce presso l’Azienda AULSS per il potenziamento degli interventi dei SERD ( servizi per le dipendenze).

È una battaglia di giustizia, di civiltà che segnerà il futuro prossimo venturo della città tutta. Non possiamo perderla.

Paolo Bonafè – Segretario Comunale

Gennaro Marotta – Vicesegretario con delega alla Terraferma

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17 agosto 2024

Migranti : tra Società civile, mondo produttivo ed Istituzioni è possibile un’alleanza d’intenti

La Cassazione ha respinto un ricorso della Lega, denunciata per l’uso del termine “Clandestino”, in quanto la Corte ha ritenuto che si tratta di un termine lesivo della dignità personale dei richiedenti asilo.

Infatti, «gli stranieri che fanno ingresso nel territorio dello stato italiano perché corrono il rischio effettivo, in caso di rientro nel paese di origine, di subire un “grave danno”, non possono a nessun titolo considerarsi irregolari e non sono dunque “clandestini”». Questa è una sentenza che fa chiarezza sulla politica demagogica dell’attuale Governo, totalmente inadeguato nell’affrontare il fenomeno migratorio che sta investendo il Paese. Certamente la questione è complessa e necessita della messa a sistema di una pluralità di azioni politiche ed operative.

 

In Italia, in occasione della guerra Russia- Ucraina, abbiamo saputo dimostrare, nei confronti dei profughi ucraini, efficienza e una straordinaria e diffusa capacità di accoglienza è solidarietà. Anche perché l’emergenza Ucraina ha potuto contare su un approccio culturale e solidale importante, mentre gli immigrati sono tutti  vissuti come socialmente pericolosi; non sarebbe forse il tempo di cambiare la narrazione su chi arriva dalle sponde africane o dalla rotta balcanica?

 

Quindi noi abbiamo sperimentato di recente un modello che mette in rete istituzioni statali, enti locali, terzo settore e volontariato.

 

In un sistema strutturato, che fronteggi i flussi migratori, possiamo accedere a questa esperienza, ma dobbiamo anche inserire esperienze virtuose, tipo il Sai, ex Spra , capace di dare risposte ad esigenze nazionali e locali . (vedi www.retesai.it).

Con il decreto Cutro l’accesso a questa tipologia di accoglienza, è limitata a quanti hanno avuto il riconoscimento dello status di profugo, impedendo che nel Sai siano accolti i richiedenti asilo (clausola che si potrebbe rapidamente modificare, se vi fosse la volontà politica). Queste strutture vedono la responsabilità gestionale dei Comuni, il rimborso economico e garanzie di impatto territoriale da parte dello Stato.

 

Abbiamo visto che i proclami del Governo (blocco navale, chiusura dei porti, aiutiamoli a casa loro) sono risultati giuridicamente o operativamente inapplicabili e sono rimasti meri slogan elettorali, mentre stiamo assistendo ad una redistribuzione dei migranti, su tutto il territorio nazionale, senza accordo con gli Enti Locali e in una logica meramente emergenziale.

È indispensabile pensare ad una politica multilivello perché si tratta di affrontare un fenomeno epocale, un sistema di mobilità inarrestabile di intere popolazioni che, dal sud dell’africa, spinte da siccità, carestie, guerre, continueranno a migrare verno il nord dell’Africa  e verso l’Europa.

Pertanto, accanto agli interventi territoriali (servizi di base per l’accoglienza e l’inserimento dei migranti, corsi di lingua italiana, percorsi per l’accesso al lavoro regolare),  vanno promossi i rapporti bilaterali, meglio se europei,   con i paesi di partenza, per sostenere economie e demografia e per verificare la possibilità di ingressi regolari da quei paesi.

È inoltre indispensabile il dialogo, che sembra ora interrotto, con l’Europa per rinegoziare e ridefinire il metodo di distribuzione fra Paesi membri.

La società europea sarà una società multiculturale e multietnica e questo va visto secondo una prospettiva di opportunità, di risorsa e non di minaccia.

Per chiudere la riflessione, ricordiamo che il Governo ha voluto diminuire gli importi delle tariffe riconosciute fin’ora quali rimborsi alle strutture di accoglienza. Questo ha richiesto una nuova emissione di bandi per l’assegnazione ai nuovi soggetti disponili a lavorare nei centri d’accoglienza con i nuovi importi governativi stabiliti. Tali bandi sono stati disattesi, da qui la necessità, che si sta verificano quotidianamente, di redistribuire le persone in tutto il territorio italiano.

 

Come Azione Venezia riteniamo che la società civile possa intervenire, ma che servano alcune garanzie, ovvero: rispetto dei diritti umani, servizi minimi per integrazione, supporto giuridico minimo, condizioni materiali umane, controllo contro gli speculatori delle accoglienze, partecipazione riconosciuta della società civile, trasparenza. Visto che la società civile ha a cuore i diritti umani e il benessere sociale e visto che il mondo economico ha a cuore uno sviluppo sostenibile, possiamo auspicare che si coniughino queste due esigenze e si riesca a sostenere benessere collettivo e nuove economie. Gli enti locali, essendo gli organi periferici, (città Metropolitana e Comune di Venezia), ai quali vengono demandate la gestione degli aventi diritto asilo, crediamo abbiano tutto l’interesse a sostenere questa coesione e i diritti di chi già qui vive e e di chi arriva. Un’alleanza è quindi possibile.

 

Quello che è da evitare è che finiscano in strada, vittime di incuria e abbandono, persone che possono rendere davvero le nostre città più a rischio come sta avvenendo su Mestre, dove manca una percezione di sicurezza e dove gli sbandati possono divenire manodopera sfruttata da professionisti del crimine senza scrupolo.

 

Paolo Bonafè – Segretario Comunale Azione Venezia

Leda Costantini – Referente Mestre e delle Politiche di Inclusione

 

#italiasulserio

#azionevenezia

DL 10/2023 Sicurezza – Perché è demagogia voler eliminare la Protezione Speciale

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DL 10/2023 Sicurezza – Perché è demagogia voler eliminare la Protezione Speciale 

Ieri è iniziata la discussione al Senato del DL del 10/3/2023 che non vogliamo chiamare Decreto Cutro. per rispetto a quel territorio, ma Decreto sicurezza ter e che dimostra per l’ennesima volta una incapacità di saper affrontare il problema dell’immigrazione clandestina nel suolo italiano, visto che dall’ inizio del 2023 sono stati più di 20.000 gli sbarchi irregolari.  Nello stesso decreto, uno degli argomenti che riteniamo più discutibile è quello di voler eliminare la “protezione speciale”, un tipo di protezione riconosciuta dalla legge italiana alle persone migranti che va ad affiancarsi e a espandere quella riconosciuta dalle leggi internazionali per le persone che sarebbero a rischio di persecuzione e gravi danni nel proprio paese. La norma è stata inserita tramite un emendamento della maggioranza che probabilmente,  verrà ulteriormente modificato.  Nel 2022 le persone che hanno ottenuto l’asilo politico sono state 6.161, quelle che hanno ottenuto la protezione sussidiaria 6.770 e quelle che hanno ottenuto la protezione speciale 10.865. Il 53 per cento delle richieste di protezione è invece stato rigettato. Quindi parliamo di numeri irrisori,  E’ da tempo che la Lega spinge per l’abolizione della protezione speciale e anche la premier Meloni in visita in Etiopia ha fatto dichiarazioni in tal senso. Per molti esperti l’eliminazione della protezione speciale potrebbe mettere a rischio migliaia di persone, e renderebbe più caotiche le procedure di gestione dei migranti. Questa norma deve ancora passare il vaglio del Parlamento e quindi può e deve divenire oggetto di negoziato tra le forze politiche.

Non è vero, come afferma la Lega che l’eliminazione della protezione speciale porrebbe fine a una peculiarità italiana: questo è falso, perché nell’Unione Europea ben 18 paesi prevedono una protezione complementare a quelle già previste dalle norme internazionali, ovviamente con tutte le varianti previste dalle singole leggi nazionali.

Per spiegare meglio cosa si tratta bisogna chiarire che la protezione speciale è uno dei tre modi grazie ai quali una persona straniera che arriva in Italia scappando da situazioni di pericolo può ottenere la possibilità di vivere e ricevere accoglienza nel paese.

Nello specifico, quando una persona straniera entra in Italia ha diritto a richiedere protezione internazionale allo stato, e la sua domanda è esaminata dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, ovvero in un ufficio presente nelle prefetture italiane.

A seconda del tipo di domanda, la commissione può riconoscere tre tipi di protezione, oppure rigettare la domanda.

Il primo tipo di protezione è l’asilo politico, che secondo la Convenzione di Ginevra è riconosciuto alle persone che ottengono lo status di rifugiato, ovvero di quelle persona che «nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato».

 

Il secondo tipo di protezione è la cosiddetta “protezione sussidiaria”, che è prevista da una direttiva Europe, poi recepita dall’Italia, e si applica alle persone che potrebbero subire in caso di rimpatrio un «danno grave» (come per esempio morte, tortura o altri trattamenti inumani) o anche la minaccia derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato.

Diritto d’asilo e “protezione sussidiaria” sono le due forme di protezione riconosciute a livello internazionale.

 

Se la Commissione territoriale dovesse negarle entrambe, la legge italiana prevede poi un terzo tipo di protezione, che è appunto la “protezione speciale” che il governo vorrebbe abolire.

La protezione speciale è riconosciuta alle persone straniere «qualora esistano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare».

La “protezione speciale” esiste soltanto da qualche anno: in precedenza esisteva una norma simile chiamata “protezione umanitaria”, che tuttavia nel 2018 era stata praticamente abolita da Matteo Salvini, quando era ministro dell’Interno nel primo governo Conte, nell’ambito dei cosiddetti “ Decreti sicurezza”

Durante il secondo governo Conte la ministra Luciana Lamorgese aveva poi ripristinato la norma con il nuovo nome di “protezione speciale”, e con alcuni cambiamenti.

Quindi intervenire su questi temi è solo demagogia od “arma di distrazione di massa”, anche la CEI ha dichiarato che non esiste un emergenza migranti, Si deve quindi trattare questi temi che toccano il futuro e la vite di migliaia di persone con cautela e sensibilità  Il meticciato dei popoli , come citava il Cardinale Scola,  è il futuro di questo nostro continente, per l’ovvio motivo che la denatalità non aiuta i popoli alla autoprotezione territoriale ed è autolesionista per l’economia delle nazioni.

Paolo Bonafè

Segretario Comunale di Azione Venezia

ACQUA: BENE PREZIOSO

FOTO ACQUA BENE PREZIOSO

 

Oggi è la Giornata Mondiale dell’Acqua, instituita dall’ONU nel lontano 1992 e diventata di drammatica attualità per l’eccezionale aridità che abbiamo registrato anche nel nostro Paese per due inverni consecutivi. I riflessi sulle coltivazioni, sulla rete idrica i probabili razionamenti li toccheremo con mano, temiamo, nel corso dell’estate. Il tema naturalmente è globale, cruciale per il futuro dell’umanità, e reclama una governance mondiale perché impatta su temi giganteschi di geopolitica come migrazioni da terre inabitabili, conflitti per l’accaparramento del prezioso bene, tecnologie per lo sfruttamento.

E l’uso intelligente della risorsa e della tecnologia è pratica da perseguire anche nel locale. E fa piacere, una volta tanto, registrare una primazia di Veritas proprio nel campo della depurazione ai fini del riuso, che è un pilastro delle politiche di sostenibilità. Partner inserito nel progetto europea Horizon 2020 B-WaterSmart“, Veritas è leader nelle tecnologie di depurazione dell’acqua proveniente dagli scarichi reflui urbani e dalle produzione industriale per il loro riutilizzo nei processi industriali e nell’irrigazione. Già oggi Veritas depura 88 milioni di mc di acqua depurata che può essere reimpiegata dai settori industriale e agricolo. Insomma, non solo tubazioni fatiscenti in Lista di Spagna: Veritas è anche eccellenza tecnologica. Giova ricordarlo, in un città troppo spesso dedita all’autoflagellazione.

 

#ItaliaSulSerio

 

Paolo Bonafè, Segretario Comunale Azione Venezia

Lorenzo Colovini – Referente Venezia ed isole Azione Venezia

 

22 febbraio 2023

Per fermare la violenza sulle donne si deve partire da tre azioni concrete

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Anche la giornata di ieri è stata funestata da un femminicidio, che riporta la drammaticità di questa “guerra” perpetrata nei confronti delle donne, da una parte della popolazione maschile legata ad antiche logiche di disuguaglianza sociale e di donna oggetto, Nel mondo la violenza contro le donne interessa 1 donna su 3. In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici, quindi la cerchia più intima. Sempre Istat 2020 ci dice che 6 milioni e 788 mila donne hanno subìto, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale, che il 20,2% (pari a 4 milioni 353 mila) ha subìto violenza fisica, che il 21% (pari a 4 milioni 520 mila) violenza sessuale e il 5,4% (pari a 1 milione 157 mila) le forme più gravi della violenza sessuale come lo stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila). Questi dati sono sconvolgenti.  Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner, nel 3,6% da parenti e nel 9,4% da amici. Anche le violenze fisiche (come gli schiaffi, i calci, i pugni e i morsi) sono per la maggior parte opera dei partner o ex. Gli sconosciuti sono autori soprattutto di molestie sessuali (76,8% fra tutte le violenze commesse da sconosciuti). Le donne straniere hanno subìto violenza fisica o sessuale in misura simile alle italiane nel corso della vita (31,3% e 31,5%). Per fermare tutto ciò si devono fare tre azioni concrete: la prima è quella di favorire l’indipendenza economica delle donne, perché è la base di scelte consapevoli e autonome; la seconda di rimettere mano alle strutture sociali, a quella costellazione di sostegni territoriali alle famiglie (soprattutto in presenza di bambini) che i lockdown hanno rivelato fragili se non assenti e la terza di combattere insieme contro i pregiudizi inconsapevoli, quelli che continuano a muoversi nell’oscurità del corpo sociale e dei nostri corpi individuali, quelli che influenzano le nostre aspettative di genere e vanno poi a modellare le abitudini, le (cattive) pratiche, le istituzioni. Sono più potenti degli stereotipi, dei quali abbiamo almeno imparato a dibattere.

Paolo Bonafè

Lido di Venezia

Attendiamoci uno Tsunami di migliaia di disperati in fuga dalle guerre

foto di afgani in fugafoto di esodo di afgani

Oramai è evidente che pensare all’emergenza profughi, come solo quella collegata agli sbarchi e salvataggi in mare di persone, che scappano dalle atrocità delle guerre e dalla fame in africa, è riduttivo, rispetto alla tragedia immane che sta interessando larghe parti del Mondo e che travolgerà, purtroppo, come uno tsunami l’Europa e quindi anche l’Italia. Nel nostro Paese, le scelte politiche fatte dai governi precedenti hanno indebolito, se non distrutto, il sistema di “prima accoglienza”, che era già in crisi, riducendo la nostra capacità di accoglienza in termini qualitativi e quantitativi. Le drammatiche immagini che abbiamo ancora negli occhi dell’aeroporto di Kabul, assediato da migliaia di disperati alla ricerca di una via di fuga, rischiano di essere soltanto il prologo di un dramma pronto, entro poche settimane, a replicarsi alle porte dei nostri confini orientali e a quelli di Austria e Germania. Basti pensare alle centinaia di migliaia di rifugiati afghani che stanno attraversando l’Iran e Turchia per risalire lungo la rotta balcanica ed arrivare in Europa, e sarà ben difficile respingere quei migranti trattandoli da semplici «irregolari». E non solo perchè fuggono dall’odio e dall’intolleranza talebana, ma anche, e soprattutto, perchè li abbiamo abbandonati, dopo aver promesso loro, per vent’anni, democrazia e rispetto dei diritti umani.. Necessita la capacità della Ue di trattare con tutti i paesi allineati lungo la rotta della disperazione afghana: dall’Iran, alla Turchia, fino alla Grecia e ai paesi della ex Jugoslavia, perché vi sia un progetto e una strategia comune sull’ accoglienza, dato che  l’emergenza nascerebbe soprattutto dall’incapacità di accogliere e di integrare, ovvero di fornire strumenti per emanciparsi dal bisogno dell’accoglienza e per costruirsi una vita autonoma all’insegna della dignità e della legalità.

Paolo Bonafè

Lido di Venezia

Tornelli… anche Si

Gazzettino - 2021-09-11 Lettera su Tornelli

 

Gazzettino - 2021-09-08 lettera su tornelli.pdf

++ Venezia, installati tornelli per deviare turisti ++venezia-tornelli-ape-1010

Il tema turismo di massa e di come regolamentare gli accessi in città ritorna ad essere il problema primario della città, dopo la pandemia.  In tutti questi anni, molti si sono cimentati in proposte e valutazioni, ma nessuno è mai stato in grado di proporre un qualcosa di veramente risolutivo. Ora, il Comune di Venezia lancia la proposta di creare dei blocchi di accesso con dei tornelli, da posizionarsi in alcuni punti strategici della città e la creazione di una app per prenotarsi la visita in città. Tale proposta che sembrerebbe una valida soluzione, trova una opposizione, oltre che politica, anche da parte dell’assessore Regionale al Turismo e del Ministro della Cultura, i quali sono concordi che il problema esista ma non gli va bene la metodologia, accusando che così facendo la città diventa a numero chiuso.

Personalmente ritengo questa motivazione risibile anche perché la sperimentazione era già stata fatta dal Comune durante il Carnevale 2019 e aveva dato un buon esito, ma poi si era fermata a causa dal Covid-19. Le modalità di prenotazione e di pagamento dell’accesso sono previste tramite sistemi informatici, oramai di uso comune, come quello di un app sul cellulare. Basti pensare che i dati degli accessi in città del 2019 erano di circa 110 mila visitatori giorno e con questi numeri la città si bloccava. Già questa estate (della ripartenza) si sono già toccate le 85 mila presenze il 5 agosto e le 80 mila il 18 agosto; sono numeri importanti,  se si sommano ad un pendolarismo lavorativo di almeno 10 mila persone giorno.

Inoltre, il sistema proposto dal Comune è molto semplice e high tech: basterà avvicinare il proprio cellulare con prenotazione e pagamento o smartcard ad un lettore sul tornello per essere ammessi in città. Unitamente al progetto tornelli vi è quello di  implementazione delle telecamere presenti in città con nuove ad alta definizione, da mettere  a disposizione della Smart Control Room del Tronchetto, così da controllare ogni angolo della città. Quindi non capisco le critiche al progetto visto che si andrebbe a rendere più sicura la città e a contingentare gli arrivi, “educando” i turisti alla prenotazione. Aspetto non secondario è quello che si potrebbero finalmente creare più porte di accesso alla città, grazie a nuovi collegamenti diretti via acqua dalla terraferma, deviando così i flussi di attraversamento della città e andando a rivitalizzare zone ora meno “frequentate” dai turisti e non ultimo si potrebbe creare anche una black list, che blocchi in accesso chi abusa o non rispetta il decoro e la pulizia della città.  Quindi per me ben vengano i tornelli, se questo servirà per preservare la città

 

Paolo Bonafè

Venezia 06/09/2021

 

Venezia e la necessità del green pass sui mezzi pubblici

Gazzettino - 2021-08-26 Lettera su green pass

La linea guida che il Ministero dei Trasporti ha emanato ieri, in vista del mese di settembre e della riapertura delle scuole, vede, oltre alla conferma della capienza del massima dei mezzi pubblici dell’80%,  all’obbligo di uso della mascherina, anche la novità della figura del “controllore”. Io ritengo che questo ultimo aspetto diverrà argomento di ulteriore discussione in città perché creerà nuovi argomenti di tensione e di caos, in una Venezia dove il servizio di trasporto pubblico è già ora al limite, per i problemi di bilancio di ACTV e per la presenza ( fortunatamente) di migliaia di turisti che si stanno riversando ​nella​ città storica. E’ ovvio che necessita una regolamentazione nei trasporti, in un periodo di covid prolungato come quello che viviamo,   ma ritengo che adattare le nuove regole al sistema di trasporti acquo veneziano ( e non solo) sarà perlomeno problematico, se non impossibile. Già ora la presenza promiscua di turisti e pendolari/cittadini in alcune fasce orarie della giornata rasenta e supera il limite di trasportabilità, con necessità sempre maggiore di subaffidamenti. Forse sarebbe meglio  che il Governo prendesse coraggio e istituisse definitivamente l’obbligatorietà ​dell’uso del green pass su tutti i mezzi di trasporto e dotasse di risorse economiche le varie società di trasporto pubblico, perché installino agli accessi e ai tornelli un lettore di green pass, una doppia lettura con il lettore imob, così da permettere l’accesso ai mezzi pubblici alle sole persone in possesso di tali requisiti, istituendo poi i relativi controlli, altrimenti l’attuale situazione già deficitaria in alcuni momenti della giornata diventerà insostenibile.

Paolo Bonafè

Lido di Venezia

Quali Politiche per la famiglia

Da più parti viene evidenziato e riaffermato il ruolo della famiglia come nucleo fondante delle società civile. Lo fa anche la Chiesa riaffermando i principi ispiratori della dottrina sociale dove la famiglia ha un ruolo centrale tanto da definire che “attraverso la famiglia cristiana la Chiesa vive e compie la missione affidatale da Cristo” e che la Famiglia è si “ l’oggetto fondamentale dell’evangelizzazione e della catechesi Chiesa , ma essa è anche il suo indispensabile ed insostituibile soggetto: il soggetto creativo!”

Quindi, la famiglia, intesa come primo nucleo di relazioni significative, non è solo una dimensione privata, è una risorsa vitale per l’intera collettività poiché le molteplici funzioni da essa svolte la collocano a pieno titolo come soggetto di valenza pubblica che genera valore per l’intera società.

Pertanto, la famiglia viene riconosciuta come sistema complesso che svolge funzioni fondanti per la società.

Ad una concezione di famiglia, considerata come sistema, necessariamente corrisponde una vision che non confonde le  politiche familiari con le politiche sociali, ma si richiami alle  politiche di sistema. Assumendo questo quadro di riferimento, parlare di politiche per la famiglia significa  raccogliere la sfida di catalizzare l’attenzione di tutti gli operatori del territorio, aggregando attori e risorse che condividano l’obbiettivo di accrescere il benessere sociale, producendo un circuito virtuoso in grado di generare nuove  risorse, sia economiche che sociali. Perché le politiche familiari sono soprattutto  politiche di sviluppo sociale ed economico del territorio e ne aumentano l’attrattività.

Si tratta di spostare l’asse culturale che ha caratterizzato l’approccio alla famiglia, concepita come mera destinataria di interventi (concezione legata al welfare state), ad un nuovo approccio che vede la famiglia, soggetto competente, promotore di benessere e coesione sociale.

Il Piano Nazionale per la Famiglia, approvato lo scorso  7 giugno dal Consiglio dei Ministri,  delinea le direttrici di intervento  nell’ ambito di un welfare definito come sostenibile e abilitante. In questo scenario la famiglia è considerata  soggetto sociale su cui investire per il futuro del Paese, in termini di valorizzazione delle sue funzioni di coesione sociale ed equità fra le generazioni  Il Piano, nello specifico, individua, fra i propri principi ispiratori, “quello di promuovere un welfare familiare che sia compatibile con le esigenze di sviluppo del Paese, il quale richiede politiche di capacitazione (empowerment) delle famiglie anziché di mero assistenzialismo… Occorre muovere passi decisi verso un welfare abilitante, che incida sulle capacità di vita dei portatori di bisogni facendo leva proprio sulla capacità di iniziativa sociale ed economica delle famiglie. Tutto ciò richiede interventi che generino, anziché consumare capitale sociale”

Il Piano Nazionale introduce, finalmente anche in Italia, il modello delle  Alleanze Locali per la Famiglia il cui obiettivo è di “sostenere la diffusa attivazione di reti locali, costituite dalle forze sociali, economiche e culturali che, in accordo con le istituzioni, promuovano nuove iniziative di politiche “family friendly” nelle comunità locali.

Il criterio fondamentale che guida questo nuovo scenario è il passaggio da una politica della spesa che promette sempre nuovi benefici agli elettori, ad una politica di orientamenti all’impegno che impegna tutti gli stakeholders verso la meta di una società amica della famiglia e cerca la collaborazione di tutte le istituzioni e i soggetti coinvolti”

Le esperienze dei Paesi del Nord Europa, nella progettazione delle politiche di sviluppo territoriale, hanno dimostrato l’efficacia di ribaltare l’ottica che individua come soggetto destinatario degli interventi il cittadino-individuo e lo sostituisce con un attore complesso e dinamico, rappresentato dalla famiglia.

La Commissione Europea, per valorizzare queste esperienze, istituisce la piattaforma della “Alleanza Europea per la Famiglia”, indicando come modello di riferimento, per la progettazione delle politiche locali degli Stati Membri, proprio quello tedesco delle Alleanze Locali.

Progettare secondo questo modello, significa adottare la nuova definizione di cittadino: la visione dinamica del destinatario finale delle politiche locali, presuppone una progettazione omnicomprensiva, trasversale, a cui partecipano in modo integrato tutti i soggetti competenti.

La valorizzazione, in fase di progettazione, di tutte le competenze presenti in un territorio, garantisce l’efficienza del progetto, abbassando sia i costi di ideazione, sia quelli indiretti derivanti da sprechi e bassa funzionalità dei risultati.

Anche le Amministrazioni locali sono chiamate a rispondere a questo modello attraverso la  definizione sovrastrutturale di politiche integrate per la promozione della famiglia, della natalità e della qualità del vivere urbano,  caratterizzando le città come un distretto culturale e operativo di concreta  politica familiare.

Va aperta una nuova stagione di dialogo e cooperazione  fra interlocutori strategici del sistema – attori pubblici, privati e sociali-  per elaborare una dimensione programmatoria, capace di  sviluppare un approccio unitario alla città, come luogo abitato e vissuto dalle famiglie.

Per esempio, a Venezia, si tratta di avviare una coprogettazione organica fra politiche abitative, urbanistiche, ambientali, sociali, culturali e di sviluppo economico-turistico, all’interno di un  processo che deve favorire tutte le condizioni per  partecipazione e per il protagonismo delle famiglie veneziane

Paolo Bonafè