La Cassazione ha respinto un ricorso della Lega, denunciata per l’uso del termine “Clandestino”, in quanto la Corte ha ritenuto che si tratta di un termine lesivo della dignità personale dei richiedenti asilo.
Infatti, «gli stranieri che fanno ingresso nel territorio dello stato italiano perché corrono il rischio effettivo, in caso di rientro nel paese di origine, di subire un “grave danno”, non possono a nessun titolo considerarsi irregolari e non sono dunque “clandestini”». Questa è una sentenza che fa chiarezza sulla politica demagogica dell’attuale Governo, totalmente inadeguato nell’affrontare il fenomeno migratorio che sta investendo il Paese. Certamente la questione è complessa e necessita della messa a sistema di una pluralità di azioni politiche ed operative.
In Italia, in occasione della guerra Russia- Ucraina, abbiamo saputo dimostrare, nei confronti dei profughi ucraini, efficienza e una straordinaria e diffusa capacità di accoglienza è solidarietà. Anche perché l’emergenza Ucraina ha potuto contare su un approccio culturale e solidale importante, mentre gli immigrati sono tutti vissuti come socialmente pericolosi; non sarebbe forse il tempo di cambiare la narrazione su chi arriva dalle sponde africane o dalla rotta balcanica?
Quindi noi abbiamo sperimentato di recente un modello che mette in rete istituzioni statali, enti locali, terzo settore e volontariato.
In un sistema strutturato, che fronteggi i flussi migratori, possiamo accedere a questa esperienza, ma dobbiamo anche inserire esperienze virtuose, tipo il Sai, ex Spra , capace di dare risposte ad esigenze nazionali e locali . (vedi www.retesai.it).
Con il decreto Cutro l’accesso a questa tipologia di accoglienza, è limitata a quanti hanno avuto il riconoscimento dello status di profugo, impedendo che nel Sai siano accolti i richiedenti asilo (clausola che si potrebbe rapidamente modificare, se vi fosse la volontà politica). Queste strutture vedono la responsabilità gestionale dei Comuni, il rimborso economico e garanzie di impatto territoriale da parte dello Stato.
Abbiamo visto che i proclami del Governo (blocco navale, chiusura dei porti, aiutiamoli a casa loro) sono risultati giuridicamente o operativamente inapplicabili e sono rimasti meri slogan elettorali, mentre stiamo assistendo ad una redistribuzione dei migranti, su tutto il territorio nazionale, senza accordo con gli Enti Locali e in una logica meramente emergenziale.
È indispensabile pensare ad una politica multilivello perché si tratta di affrontare un fenomeno epocale, un sistema di mobilità inarrestabile di intere popolazioni che, dal sud dell’africa, spinte da siccità, carestie, guerre, continueranno a migrare verno il nord dell’Africa e verso l’Europa.
Pertanto, accanto agli interventi territoriali (servizi di base per l’accoglienza e l’inserimento dei migranti, corsi di lingua italiana, percorsi per l’accesso al lavoro regolare), vanno promossi i rapporti bilaterali, meglio se europei, con i paesi di partenza, per sostenere economie e demografia e per verificare la possibilità di ingressi regolari da quei paesi.
È inoltre indispensabile il dialogo, che sembra ora interrotto, con l’Europa per rinegoziare e ridefinire il metodo di distribuzione fra Paesi membri.
La società europea sarà una società multiculturale e multietnica e questo va visto secondo una prospettiva di opportunità, di risorsa e non di minaccia.
Per chiudere la riflessione, ricordiamo che il Governo ha voluto diminuire gli importi delle tariffe riconosciute fin’ora quali rimborsi alle strutture di accoglienza. Questo ha richiesto una nuova emissione di bandi per l’assegnazione ai nuovi soggetti disponili a lavorare nei centri d’accoglienza con i nuovi importi governativi stabiliti. Tali bandi sono stati disattesi, da qui la necessità, che si sta verificano quotidianamente, di redistribuire le persone in tutto il territorio italiano.
Come Azione Venezia riteniamo che la società civile possa intervenire, ma che servano alcune garanzie, ovvero: rispetto dei diritti umani, servizi minimi per integrazione, supporto giuridico minimo, condizioni materiali umane, controllo contro gli speculatori delle accoglienze, partecipazione riconosciuta della società civile, trasparenza. Visto che la società civile ha a cuore i diritti umani e il benessere sociale e visto che il mondo economico ha a cuore uno sviluppo sostenibile, possiamo auspicare che si coniughino queste due esigenze e si riesca a sostenere benessere collettivo e nuove economie. Gli enti locali, essendo gli organi periferici, (città Metropolitana e Comune di Venezia), ai quali vengono demandate la gestione degli aventi diritto asilo, crediamo abbiano tutto l’interesse a sostenere questa coesione e i diritti di chi già qui vive e e di chi arriva. Un’alleanza è quindi possibile.
Quello che è da evitare è che finiscano in strada, vittime di incuria e abbandono, persone che possono rendere davvero le nostre città più a rischio come sta avvenendo su Mestre, dove manca una percezione di sicurezza e dove gli sbandati possono divenire manodopera sfruttata da professionisti del crimine senza scrupolo.
Paolo Bonafè – Segretario Comunale Azione Venezia
Leda Costantini – Referente Mestre e delle Politiche di Inclusione
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