Il passaggio dalla società rurale a quella urbana ed industriale, ha comportato, fra i molteplici e complessi mutamenti, anche la trasformazione della storica struttura familiare, da patriarcale a nucleare, causando una graduale perdita di ruolo sociale da parte dell’anziano. La nostra società è governata dall’ideologia dell’efficienza e dell’eterna giovinezza: conta chi produce, chi consuma, chi mantiene un fisico atletico e prestante, creando sentimenti di esclusione nella pluralità di persone che non rientrano in questi canoni. L’anziano senza riconoscimenti affettivi ed in perdita di un ruolo sociale, non riesce ad attribuire significati alla propria esistenza, non trova motivazioni che mettano in moto energie vitali e si lascia morire per inedia. Sicuramente una rete di servizi sociali efficienti ed efficaci è indispensabile a garantire funzioni di monitoraggio, di cura, e supporto agli anziani, ma per quanto siano competenti e sensibili gli operatori che vi operano, essi non possono essere chiamati a supplire alle relazioni affettive naturali, che alimentano la vita di ognuno di noi: le reti familiari, amicali, di vicinato. Dal tema dell’assistenza dobbiamo passare al tema della cultura, intesa come processo di cambiamento e di sviluppo di sensibilità, attenzioni, forme di solidarietà. Le trasformazioni sociali non si realizzano attraverso vuoti slogan, ma attraverso la condivisione di valori che superino la mentalità individualista ed egoistica, che conduce tutti alla solitudine ed all’isolamento: bambini, adolescenti, famiglie, adulti, anziani. Le cronache delle nostre città, ogni giorno, riportano ed evidenziano i drammi e le violenze che questi modelli di vita stanno provocando. Il lavoro sociale, oggi, non può essere ridotto all’assistenza, deve essere attività, cui è chiamata una pluralità di soggetti, volta alla comunità, perché recuperi e valorizzi competenze e capacità nel riconoscere le proprie fragilità e le proprie risorse, per individuare le risposte più opportune, finalizzate a rispondere alle richieste di aiuto, che essa stessa esprime. Pertanto la politica deve essere strumento progettuale ed educativo per intervenire in una Società sempre più isolante per coloro che “sono rimasti indietro nella corsa al successo” o per coloro che, oramai anziani, sono usciti dal ciclo produttivo.
Paolo Bonafè – Presidente Ass. Laboratorio Venezia