Da analisi fatte l’80% delle merci in entrata ed in uscita dall’Italia viaggia via mare e di queste il 66% (per la mobilità interna) si sposta poi su strada; se a questi dati sommiamo anche il trasporto civile, l’incidenza del trasporto su gomma sale all’87%. Con questi dati dobbiamo onestamente dirci che i progetti di costruzione e/o ampliamento di autostrade non possono rappresentare l’unica via di sviluppo possibile per il Paese, per i costi economici ed ambientali che comportano.
Pertanto il trasporto marittimo, soprattutto per percorrenze superiori ai 300 km, diviene il settore che potrebbe registrare un alto margine di sviluppo e un basso impatto ambientale. Purtroppo, però, questo settore occupa ad oggi, solo il 5% del traffico merci totale. Pertanto, in una penisola come l’ITALIA, l’azione politica non può prescindere dall’analisi attenta dei costi economici, sociali ed ambientali delle scelte che si effettuano. Da un lato l’aumento vertiginoso di presenza di tir sulle nostre strade mette in luce l’inquinamento prodotto, le eccessive ore di guida dei camionisti, l’usura dei mezzi, il rischio incidenti; dall’altro il rilancio del trasporto via mare, garantirebbe l’allentamento della pressione sul nostro sistema stradale, permetterebbe la revisione di investimenti economici onerosi in infrastrutture con tempi lunghi di realizzazione.
Orbene, allora non si capisce perché il Governo non attui misure mirate in tale direzione. CONFITARMA ha lanciato un messaggio di allarme al Parlamento e al Governo che è rimasto ad oggi inascoltato. La stessa, con una lettera aperta inviata lo scorso 19 dicembre, chiedeva il rinnovo degli sgravi contributivi per le navi che operano nel cabotaggio, oltre al rifinanziamento della legge 88 del 2001, che consente di ridurre i costi per le costruzioni navali .
Intervenire in tali settori è indispensabile per non penalizzare importanti realtà industriali del nostro Paese. Gli sgravi contributivi per le navi che operano nel cabotaggio è una misura introdotta nel 1999, con l’apertura del traffico marittimo interno alle navi degli stati europei e tale intervento è finalizzato a ridurre i costi di esercizio delle navi italiane. L’altro intervento menzionato è il finanziamento della legge 88 del 2001, che prevede in accordo con il regolamento europeo, contributi del 9% per gli armatori che decidono di rivolgersi a cantieri italiani per costruire nuove navi. Questo significa che, per 17 delle cinquantasei nuove navi costruite grazie alla legge, non ci sono i soldi che il Governo si era impegnato ad assicurare agli armatori. Se uniamo poi questi tagli a quelli previsti per la flotta pubblica, in ordine ai contributi per i servizi dovuti, la situazione diviene davvero grave.
Questo significa mettere in pericolo migliaia di posti di lavoro e mettere in ginocchio un fondamentale settore economico.
Le Associazioni di Categoria degli Armatori pubblici e privati e l’ANCANAP (Associazione dei Cantieri Privati Italiani) auspicano che il Governo intervenga grazie ad un decreto correttivo “OMNIBUS”, anche se ad oggi non ci sono messaggi positivi in tal senso. Sotto il profilo ambientale sembra banale ricordare il livello inferiore di inquinamento prodotto dalle navi e il minor consumo energetico: le navi utilizzano nafte pesanti meno costose e prive di additivi che, se bruciate secondo le nuove normative, non inquinano.
In secondo luogo, sviluppare il trasporto via mare, comporta investimenti calcolati in una percentuale di 15 volte inferiore, rispetto agli investimenti necessari per infrastrutture stradali o ferroviarie. Un ulteriore calcolo evince che sarebbero sufficienti circa quindici navi traghetto, per diminuire del 20% il traffico pesante nelle tratte autostradali più congestionate: tale soluzione sarebbe disponibile in tempi ridotti rispetto alla realizzazione di infrastrutture autostradali e ferroviarie.
Pertanto, visto che a VENEZIA esistono importanti compagnie armatoriali e importanti cantieri di costruzione navale diviene fondamentale che i politici: parlamentari ed amministratori locali, intervengano verso il Governo ed il Parlamento per evitare che i tagli previsti mettano in ginocchio l’economia marittima e causare importanti ripercussioni anche sui livelli occupazionali locali e quindi sull’economia cittadina.
Il Segretario Regionale
FEDERMAR-CISAL Veneto
Cap.Paolo Bonafè