Manifestazioni di bullismo permangono nelle nostre scuole: questo fenomeno consiste in comportamenti provocatori, di derisione, di aggressione che hanno la caratteristica di essere intenzionali e ripetuti nel tempo, rispetto ai quali le vittime non sono in grado di difendersi.
I ragazzi che subiscono questa forma di violenza, difficilmente parlano con gli adulti di quanto sta loro succedendo. Per questo è importante che i genitori imparino a cogliere i segnali di disagio che i loro figli manifestano: il non volere andare a scuola e l’essere tesi e tristi al rientro; il chiedere di essere accompagnati; il presentare graffi o lividi; il dormire male e manifestare episodi di enuresi notturna.
La scuola, accanto ad una attenta vigilanza durante la ricreazione e l’orario della mensa, potrebbe offrire spazi per la conoscenza del fenomeno e per l’approfondimento del problema.
L’ alleanza genitori ed insegnanti diventa un elemento cruciale per aiutare le vittime a raccontare ciò che accade, perché il silenzio e la segretezza costruiscono le condizioni in cui il bullismo, attraverso i meccanismi dell’intimidazione, agisce indisturbato. Ma per incidere alle radici del fenomeno, bisogna aiutare bambini e ragazzi ad esprimere la rabbia in modo consapevole e ad identificarsi con gli altri, per capire le conseguenze dei loro comportamenti; nel contempo i giovani vanno supportati a sviluppare l’autostima e le loro competenze. Combattere il bullismo significa estirpare una modalità relazionale improntata alla violenza, nella consapevolezza che, subire prepotenze, danneggia la sfera fisica, emotiva, intellettiva e sociale delle vittime.
Paolo Bonafè presidente www.LaboratorioVenezia.it