La commemorazione della strage di Capaci, avvenuta 17 anni fa, il 23 maggio, è ormai di scarsa rilevanza per i mass media nazionali. Quel giorno persero la vita Giovanni Falcone con la moglie, Francesca Morvillo e la scorta, composta da Vito Schifani, Rocco di Cillo, Antonio Montinaro. Nemmeno due mesi dopo, il 19 luglio, un’altra stage mafiosa, in Via D’Amelio, uccise Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta. Ricordare tutti gli uomini e le donne che hanno sacrificato consapevolmente la loro vita, per garantire che nel nostro paese potessero affermarsi giustizia e legalità, contro la cultura della corruzione, del malaffare e della connivenza, rappresenta un dovere civile e morale.
A quella stagione, che ha avuto come protagonisti magistrati come Chinnici, Caponnetto, Falcone e Borsellino e tutto il Pool antimafia di Palermo, va riconosciuto il merito di aver mostrato, attraverso il maxi processo alle cosche, che la mafia esiste ed è una precisa organizzazione criminale, con dimensione internazionale, capace di forti intrecci con il mondo dell’economia, della finanza e della politica. Tramandare alle nuove generazioni la memoria di quegli eventi e il ricordo di tutti gli uomini giusti, uccisi per mano di Cosa Nostra, è un compito che non dobbiamo mai lasciar cadere, perché l’educazione alla legalità, alla giustizia è al rispetto per le Istituzioni, è strumento fondante nella maturazione delle coscienze delle persone. Questo permette la formazione di cittadini capaci di svolgere appieno il proprio ruolo, corresponsabili e partecipi nel concorrere alla definizione del bene comune, a garanzia dello sviluppo di una società sana, giusta e solidale.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia