La crisi economica non dà segni di remissione, pur a fronte degli sforzi compiuti da Governo e BCE per muovere investimenti, attivare nuovi posti lavoro e rimettere in moto i consumi.
Le analisi Istat evidenziano che, a settembre, è ulteriormente diminuita la produzione industriale, segnando un calo del 2,9% su base annua. L’Istituto di ricerca segnala, inoltre, che le variazioni negative, sia congiunturali che tendenziali, coinvolgono tutti i comparti su base mensile: a scendere più di tutte è la produzione di beni di consumo (-3,2%), seguita dai beni strumentali (-2,4%), dall’energia (-1,5%) e, in misura minore, dai beni intermedi (-0,8%).
Un ulteriore allarme proviene dall’Istituto di ricognizione economica Moody’s secondo il quale, anche per il 2015, l’Italia potrà tristemente caratterizzarsi per una crescita zero. Anche nel nostro Comune di Venezia la crisi è mordente, basta girare per la città e si susseguono fuori di molti negozi i cartelli con su scritto: affittasi e vendesi.. Si tratta di chiusura di attività per lo più riconducibili a negozi di vicinato
A fronte di questo scenario, è evidente quanto diventino urgenti gli interventi strutturali.
Il Governo, col decreto n.133/2014, recante”Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive” ( il cosiddetto decreto “sblocca-Italia”), si è dotato di uno strumento per dare delle prime risposte, ma anche queste misure non sono sufficienti a traguardare l’obbiettivo. Il Paese, come tutti conveniamo, necessita infatti di interventi e riforme strutturali, ma va anche e soprattutto rifondato su un piano etico, sociale e culturale, affinché vadano edificate quelle condizioni di legalità e trasparenza , atte ad alimentare un nuovo clima di fiducia. Sono questi, infatti, i presupposti indispensabili per garantire il complessivo sviluppo di una nazione. L’Italia del dopoguerra ha saputo mettere in campo queste azioni fondative: a quello spirito e a quelle energie dobbiamo richiamarci, affinché istituzioni, corpi intermedi e imprese trovino, attraverso un patto per la rinascita del Paese, la volontà di reinvestire nel futuro della Nazione. Ma anche ogni cittadino, attraverso un processo di cambiamento culturale e di rinnovata partecipazione alla gestione dei beni comuni, è chiamato a contribuire alla ricostruzione morale e sociale del proprio territorio. L’economia, per ripartire, ha soprattutto bisogno di un Paese sano, aperto ad un autentico progetto di futuro, fondato sui valori del lavoro, dell’equità sociale, della legalità, della sostenibilità e della partecipazione.
Paolo Bonafe’
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