Non è da oggi che il tema della sicurezza rappresenta una dimensione cruciale per la vivibilità e fruibilità delle nostre città. Da anni assistiamo al fenomeno dell’ auto organizzazione dei cittadini che sperimentano diverse forme di presidio del territorio. Spesso la politica ha utilizzato in modo demagogico le paure delle persone, cercando di etichettare le molteplici forme di mobilitazione dei cittadini.
Il senso di paura, espresso dalle persone, va preso in seria considerazione, ma non alimentato in modo manipolatorio.
La paura, infatti, può nascere da indicatori reali e concreti, ma può anche essere alimentata dalla perdita complessiva di sicurezza che sta attraversando le nostre esistenze, in questa fase storica di crisi strutturale del nostro modello economico e sociale.
La crisi di questi anni sta mutando il volto delle nostre città che, con i numerosi negozi chiusi e le aree urbane abbandonate, diventano meno vivificate da una vitalità che scaturisce dalla fruizione quotidiana dei luoghi.
Si tratta di un’azione che deve prevedere – oltre all’attività di prevenzione, controllo e repressione, propria delle forze dell’ordine – interventi sociali e progetti di riqualificazione e ripristino di quelle aree ad uso pubblico e privato. Quello che è accaduto o sta accadendo a Mestre nelle aree ex deposito ACTV ed ex ospedale Umberto I° e, al Lido, nell’area ex Ospedale Al Mare, ci indica quale sia la strada da percorrere .
Una città, pertanto, non diventa sicura perché espelle la presenza di persone straniere, ma piuttosto perché si fonda su condizioni di vivibilità urbana e di integrazione sociale e culturale.
Non stupisce che le aree degradate diventino polo di attrazione per persone con problemi di marginalità e/o devianza che lì trovano riparo, ma per affrontare queste situazioni vanno intraprese politiche ad ampio spettro di rigenerazione urbana.
Paolo Bonafe ‘
Componente Direzione Comunale PD di Venezia