Quanto sono terribili le immagini, che ci provengono da Gaza e che segnano di dolore e di sangue questi primi giorni dell’anno, facendoci ancora una volta disperare circa la capacità dell’uomo di uscire dalle logiche dell’odio e della guerra. Questi 50 anni di conflitto arabo israeliano, che hanno come scenario una terra densa di significati per i credenti nelle tre grandi religioni monoteiste, ma lacerata nel modo più crudele, rappresentano il segno di un fallimento per tutta l’umanità perché, né l’autorevolezza dell’ONU, né la più capace e sofisticata forma di diplomazia, hanno potuto impedire l’orrore, che oggi è sotto gli occhi impotenti di ognuno di noi. Quei piccoli corpi di bimbi, straziati e insanguinati, interpellano urgentemente le nostre coscienze e ci mettono di fronte alla responsabilità di un mondo di adulti, incapace di tutelare e proteggere queste piccole vite. Ma abbiamo anche la responsabilità dei bambini che continuano a sopravvivere nel terrore e nella denutrizione: costoro, cresciuti nelle terribili condizioni di vita di Gaza, alimentati all’odio e alla vendetta, come potranno, diventati adulti, essere i futuri attori di un processo di pace? C’ è qualcosa di così terribile e perverso nell’insanabile conflitto medio-orientale, caratterizzato da una spirale di odio impossibile da estirpare, che fa, di ognuno dei protagonisti, uno sconfitto. Per questo abbiamo la pesantissima sensazione che, in questi giorni a Gaza, fra le macerie, assieme alle tante vittime civili, sia morta anche la speranza di pace. Allora va fatto uno sforzo estremo, per trovare un nuovo percorso praticabile e un nuovo linguaggio possibile, che diano ragione al diritto di futuro e di pace, che quella terra invoca.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia