Fronteggiare la crisi del ceto medio con una nuova politica economica
La crisi economica mondiale, alla quale stiamo assistendo, che ha origine negli USA ma che sta interessando anche l’Europa e l’italia per la globalizzazione dei mercati, è dovuta ad una errata politica economia perpetrata negli anni. Infatti sta fallendo il modello di utilizzare il prestito o il mutuo come unico strumento per il mantenimento di un tenore di vita, alle volte superiore alle reali possibilità, unito alla troppa facilità delle banche di erogare prestiti senza le dovute garanzie. Fortunatamente in Italia il sistema bancario è più solido e fortunatamente nel 2002, le forze politiche di opposizione di allora, riuscirono a bloccare un’analoga iniziativa che l’allora (e l’attuale) Ministro Tremonti voleva applicare anche in Italia, per dare un scossa all’economia italiana, che già allora denunciava la prima crisi dei consumi e l’allarme stagnazione. Questo però non rende comunque l’Italia immune dalla crisi visto che anche nostri grandi istituti bancari hanno investito nelle banche che ora stanno fallendo e l’Italia potrebbe rischiare di pagarne una parte delle conseguenze. Sicuramente stanno pagando quei risparmiatori che sono stati indotti da promotori finanziari ad investire capitali in quel mercato.
In Italia l’ISTAT sta evidenziando come esista oramai una stagnazione dell’economia e un crollo dei consumi delle famiglie. Soprattutto la fascia maggiormente toccata da questo fenomeno è il cosiddetto ceto medio che si trova a fronteggiare un aumento dei prezzi e una diminuzione delle proprie risorse economiche.
Questa situazione di “crescita zero”, unita ad una moneta come l’euro troppo forte, rispetto alle altre monete normalmente utilizzate nel mondo (vedi soprattutto il dollaro) porta ad un conseguente aumento dell’inflazione e ad una crisi diffusa, che parte dell’industria e dalle piccola e media impresa ma che finisce nel commercio e nel settore dell’artigianato. All’ondata di crisi seguono anche i tagli e i licenziamenti da parte di alcune grandi aziende, ma che a cascata vanno ad interessare anche quelle piccole imprese che sono il tessuto della nostra economia soprattutto nel nord est. I commercianti e i piccoli imprenditori raccontano di una perdita del 20% del loro fatturato e di una continua moria di piccole e medie aziende che non sono state in grado di fronteggiare la crisi. Necessitano quindi politiche mirate alla riduzione dei prezzi e ad una maggior serenità nell’economia perché altrimenti la paura porterà ad un ulteriore calo dei consumi e quindi ad una crisi indotta ancor più grave di quella attuale.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia