La progressiva emergenza idrica esige un modello di sviluppo eco-compatibile.
Il problema relativo alla disponibilità di risorse idriche e alla loro fruibilità, è motivo di grande preoccupazione per l’intera comunità mondiale. Alcuni dati possono aiutarci a riflettere: solo il 2,5% dell’acqua presente sulla Terra è “dolce”, di questa percentuale, ben i 2/3 forma i ghiacci polari. Il 70% delle risorse idriche è attualmente impiegato in agricoltura: il Consiglio mondiale delle acque sostiene che, da qui al 2020, per sfamare il mondo, sarà necessario impiegare un 17% in più d’acqua. Contemporaneamente, l’ONU ci segnala la drammatica condizione di 968 milioni di abitanti della Terra, privi di accesso a fonti di acqua pulita e del 33% della popolazione mondiale, che non ha accesso all’acqua potabile. Di fronte all’ obiettivo di dimezzare, entro il 2015, questa percentuale, i dati disponibili evidenziano, invece, un trend negativo: nel 1995 erano 436 milioni le persone, appartenenti a 29 paesi, interessate da problemi di approvvigionamento idrico, nel 2025 – stima la Banca Mondiale – le persone saranno 1,4 miliardi e apparterranno a 48 paesi; nel 2035 il dato riguarderà ben 3 miliardi di persone. Secondo le Nazioni Unite, sarebbero necessari 30 anni di investimenti a 180 miliardi di dollari l’anno, per garantire la sicurezza idrica a livello mondiale mentre, attualmente, gli investimenti ammontano a soli 70-80 miliardi di dollari. Questo “bombardamento” di dati, elaborati da fonti accreditate a livello mondiale, devono tradursi in una politica internazionale volta a garantire un modello di sviluppo eco-compatibile, ma dovrebbe interrogarci sui nostri stili di vita richiamandoci a comportamenti sociali più consapevoli e responsabili.
Paolo Bonafe – Presidente Laboratorio Venezia