Oggi, sabato 13 giugno, a Roma, l’Associazione Lunaria presenta il Libro bianco sul razzismo. I curatori del volume pongono un quesito di fondo, per nulla banale, su come, nel nostro paese, gli episodi di razzismo non siano ascrivibili alla dimensione dell’eccezionalità, ma piuttosto rientrino in un approccio culturale, che investe in modo diffuso la nostra vita sociale. La ricerca, partendo dall’esame dei 319 casi che, dal 2007 all’aprile del 2009, sono entrati nelle pagine di cronaca dei nostri quotidiani, sfata l’opinione generale che definisce gli episodi di razzismo fatti isolati, non incardinati in un processo culturale che attraversa in modo complessivo il nostro paese, ma mostra come invece appartengano, purtroppo, all’ ordinarietà. Lo studio, inoltre, attraverso la rilettura del linguaggio giornalistico e delle modalità di riportare le notizie, indaga sulla rappresentazione, veicolata dai media, del fenomeno immigrazione, alimentando, attraverso l’attivazione di paure profonde, una cultura orientata al rifiuto e all’intolleranza nei confronti dello straniero. La stigmatizzazione delle persone consolida gli stereotipi, crea un corto circuito, fatto di diffidenza, pregiudizi ostilità, e favorisce un clima che ostacola qualsiasi processo, orientato alla costruzione di una società multietnica, come di fatto sta diventando quella del nostro paese, fondato sulla convivenza civile e rispetto reciproco. La preoccupazione che Lunaria segnala è forte e rappresenta un richiamo importante al reale pericolo che vede la cultura razzista permeare la vita sociale italiana.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
Bambini e adolescenti: fra tecnologia e fragilità
E’ uno spaccato interessante quello che viene delineato dal IX° Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, curato dall’Eurispes. Fra i molti dati, mette in luce come le nuove generazioni siano estremamente competenti nell’uso delle tecnologie: il 73,4% dei bambini fra i 7 e gli 11 anni, possiede un computer, di questi il 56,3% si connette ad Internet, mentre il 58,6% possiede un telefono cellulare. Nella fascia di età 12 -19 anni, si alza al 93% la percentuale di chi possiede un computer, a 81,9% quella di coloro che navigano in rete e, a 96,2%, quella relativa al possesso del cellulare. Il dato che maggiormente colpisce è quello relativo alla centralità assunta da questo ultimo mezzo di comunicazione nella vita quotidiana: se il 31% degli adolescenti lo utilizza fino ad 1 ora al giorno, ben il 30,8% se ne serve per più di 4 ore. Anche rispetto ai comportamenti relativi all’uso di alcool, emergono informazioni preoccupanti: fra gli 11 e i 14 anni risulta che 45,7% abbia bevuto il primo bicchiere di vino, il 24,8% dopo i 15 anni e, solo il 5,5%, dichiara di non aver mai bevuto alcolici. Si beve per omologazione con il gruppo di riferimento, partecipando alla “cultura dello sballo” non ci si sente esclusi. A fronte del fatto che queste nuove generazioni sembrano preferire un’esperienza esistenziale, mediata dalle tecnologie o, in casi più drammatici, dalle sostanze, piuttosto che confrontarsi con la vita reale, il mondo degli adulti appare assente o con una presenza poco incisiva. Lo sforzo cui siamo chiamati è di non demonizzare la tecnologia, ma insegnare ad usarla in modo critico, nel contempo, dobbiamo costruire una grande alleanza educativa fra tutti gli adulti di riferimento: genitori, scuola, comunità parrocchiale, realtà dell’associazionismo e istituzioni, per definire proposte educative credibili e coerenti.
Paolo Bonafè
Laboratorio Venezia
Per non dimenticare
La commemorazione della strage di Capaci, avvenuta 17 anni fa, il 23 maggio, è ormai di scarsa rilevanza per i mass media nazionali. Quel giorno persero la vita Giovanni Falcone con la moglie, Francesca Morvillo e la scorta, composta da Vito Schifani, Rocco di Cillo, Antonio Montinaro. Nemmeno due mesi dopo, il 19 luglio, un’altra stage mafiosa, in Via D’Amelio, uccise Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta. Ricordare tutti gli uomini e le donne che hanno sacrificato consapevolmente la loro vita, per garantire che nel nostro paese potessero affermarsi giustizia e legalità, contro la cultura della corruzione, del malaffare e della connivenza, rappresenta un dovere civile e morale.
A quella stagione, che ha avuto come protagonisti magistrati come Chinnici, Caponnetto, Falcone e Borsellino e tutto il Pool antimafia di Palermo, va riconosciuto il merito di aver mostrato, attraverso il maxi processo alle cosche, che la mafia esiste ed è una precisa organizzazione criminale, con dimensione internazionale, capace di forti intrecci con il mondo dell’economia, della finanza e della politica. Tramandare alle nuove generazioni la memoria di quegli eventi e il ricordo di tutti gli uomini giusti, uccisi per mano di Cosa Nostra, è un compito che non dobbiamo mai lasciar cadere, perché l’educazione alla legalità, alla giustizia è al rispetto per le Istituzioni, è strumento fondante nella maturazione delle coscienze delle persone. Questo permette la formazione di cittadini capaci di svolgere appieno il proprio ruolo, corresponsabili e partecipi nel concorrere alla definizione del bene comune, a garanzia dello sviluppo di una società sana, giusta e solidale.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
La crisi economica incide sul trasporto pubblico locale
La crisi economica e il caro benzina hanno cambiato gli stili di vita degli italiani, anche per quanto riguarda le scelte di mobilità: il IV Rapporto sulla Mobilità Urbana, presentato alla Conferenza Annuale di AssTra, evidenzia come il 2008 si sia caratterizzato per un maggiore utilizzo dei mezzi pubblici. L’impegno profuso nell’ultimo decennio, per riqualificare e ammodernare le reti e il parco mezzi del trasporto pubblico locale, ha dato i suoi frutti, per cui il 29,7% delle persone residenti nelle aree urbane, sceglie il mezzo pubblico. Se correliamo questo dato con quello relativo al 27,6% di cittadini che si spostano a piedi e il 5,2% che optano per la bicicletta, vediamo che gradualmente diminuisce il numero di coloro che utilizzano l’auto privata. Ma, come sempre, la fotografia che emerge del nostro Paese è disomogenea: al nord ovest spetta il primato dell’uso dei mezzi pubblici al sud spetta la percentuale di minore utilizzo, ma con una sorprendente performance di Napoli che, con il 42% di fruizione del mezzo collettivo, si assesta sui livelli europei.
Alcuni dati di scenario mettono in evidenza che trattiamo di un settore che trasporta 15 milioni di persone al giorno, per un totale di 128 milioni di spostamenti giornalieri, impiega 116.000 addetti per un giro d’affari di circa 8 miliardi di euro all’anno, eppure sembra mancare una coerente azione di indirizzo politico da parte dei diversi livelli di governo, dallo Stato agli Enti Locali, condizione imprescindibile per garantire in tutto il Paese la definizione di un modello di mobilità compatibile con il rispetto ambientale e le necessità di sviluppo socio-economico.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
Per una nuova amministrazione del territorio
La progressiva attuazione del principio di sussidiarietà, attraverso il quale Stato, Regioni, Enti Locali hanno favorito e promosso il ruolo dei cittadini nello svolgimento di attività di interesse generale, ha prodotto l’ affermarsi di un nuovo modello di governo territoriale in cui, pubblica amministrazione e cittadini, singoli e associati, concorrono alla costruzione del bene comune.
In questo nuovo scenario il ruolo delle amministrazioni si è gradualmente spostato: da soggetti erogatori di beni e servizi, a soggetti chiamati a sviluppare politiche pubbliche, orientate a governare la complessità sociale. Oggi, la partecipazione dei cittadini all’organizzazione del Paese esce dallo schema di riferimento tradizionale, che relegava tale funzione al diritto di voto o all’iscrizione a partiti politici e sindacati, diventa una nuova forma cittadinanza, capace di esprimere una maggiore e diversa responsabilità. Parallelamente, anche l’amministrazione deve dotarsi di nuovi strumenti per regolare il sistema, in cui agiscono una pluralità di soggetti pubblici e privati: capacità di ascolto, di mediazione, di promozione del capitale sociale delle comunità locali, oggi capaci di grande mobilitazione. La realizzazione della TAV in Piemonte, che ha visto il coinvolgimento attivo di interi paesi contro un progetto di interesse nazionale, ma avvertito come lesivo per quello specifico territorio, è la dimostrazione di quanto sia importante costruire dialogo, modelli di decisione partecipata fra amministrazione e cittadini, mediante il coinvolgimento di tutti i soggetti portatori di interesse sulla specifica questione.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
UNa povertà che è sempre più dilagante
La povertà delle famiglie nel Rapporto ISTAT 2009
E’ stato presentato il Rapporto ISTAT sulla Povertà, che fotografa la situazione socio-economica degli italiani: si tratta di dati relativi all’anno 2007, pertanto esso ci offre una rappresentazione, antecedente alla grave crisi economica del 2008, eppure, già evidenzia che sono 975.000 i nuclei familiari in condizione di povertà assoluta, ad essi afferiscono 2.427.000 persone, che rappresentano il 4,1% della popolazione. Ulteriori focus di approfondimento delineano il profilo di queste famiglie: in termini assoluti esse vivono, prevalentemente, al Sud, ma già il 2007 vede un incremento della povertà al Nord, con un’incidenza che è passata, rispetto al 2005, dal 2,7% al 3,5%. Risultano essere in difficoltà le famiglie numerose, con 5 o più componenti, oppure le monogenitoriali e quelle che hanno come capofamiglia un adulto fra i 45 e i 54 anni nella condizione lavorativa di operaio, con basso livello di istruzione.
Ma un aspetto interessante della ricerca è stato l’adeguamento del paniere ai bisogni reali di una famiglia, introducendo, ad esempio, le spese di istruzione, ma anche la lettura incrociata fra la dimensione economica e il contesto territoriale in cui una famiglia vive. Perché il costo della vita varia fra Nord e Sud, fra grande centro urbano e piccolo paese: emerge così che una famiglia di 4 persone, che abita in una grande città del nord dovrebbe percepire, per raggiungere lo standard minimo, definito dal paniere, 1.526 euro, a fronte di 1.106, se vivesse in un piccolo paese del Sud. Risulta, pertanto, sempre più urgente che il Governo vari immediate ed efficaci misure a contrasto della povertà e dell’esclusione sociale.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
Qual’è il segreto della longevità?
Il corale affetto che il Paese ha mostrato in occasione del centesimo compleanno del premio Nobel Rita Levi Montalcini, ha aperto, nel contempo, l’interesse dei media sull’individuazione dei fattori, che concorrono a determinare la longevità. La vicenda umana della senatrice è esempio di uno stile di vita improntato alla sobrietà, accompagnato ad una straordinaria intelligenza e vivacità intellettuale, che riguarda un percorso personale unico. Guardando alla società italiana assistiamo complessivamente all’aumento della presenza dei grandi vecchi, che sta dando un forte impulso alla ricerca scientifica, orientata a rispondere a bisogni sanitari in crescita, collegati alle patologie tipiche degli anziani. Lo studio, ad esempio, di farmaci a contrasto dell’Alzheimer e del Parkinson richiama forti finanziamenti, che garantiranno sicuramente risultati efficaci eppure, pur nella convinzione che lo sviluppo della scienza medica rappresenti una garanzia fondamentale per la tutela della salute, esiste un rischio anche nella medicalizzazione della vecchiaia. Il nostro benessere personale si fonda su un equilibrio complesso in cui gli elementi affettivi, relazionali e sociali svolgono una funzione cruciale e determinante anche sul piano della salute fisica. Solitudine, senso di inutilità, perdita degli interessi, depressione, rappresentano fattori di alto rischio, proprio perché incidono pesantemente sull’articolata e ricca struttura dei bisogni umani. In questo senso, diventa esemplare la longevità di intellettuali, scienziati ma anche di persone semplici che sono invecchiate, mantenendo attivi desiderio di conoscenza, passioni civili e amore per la vita.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
Quale è il ruolo delle Province nel governo del territorio.
Ci apprestiamo, nel prossimo mese di giugno, ad andare alle urne per il rinnovo anche di moltissime amministrazioni provinciali: l’ente Provincia, da anni, è al centro di un dibattito nazionale che, di volta in volta, ne evidenzia il ruolo cruciale, nel sistema di governo dei territorio, o ne sottolinea l’inutilità, quale cascame di una concezione burocratica dello Stato. Una riflessione sulla funzione di questo Ente locale può, pertanto, fornirci di maggiore consapevolezza nel nostro ruolo di elettori. In questo ci supporta la normativa, che attribuisce alla Provincia una preziosa funzione di raccordo fra la fase di programmazione, competenza propria della Regione, e quella di gestione, di cui sono titolari i Comuni. La legislazione italiana, infatti, ha attribuito agli Enti locali, un assetto caratterizzato da autonomia con competenze differenziate, promuovendo, nel contempo, forme di governo associate ed integrate. Nel complesso scenario territoriale, l’azione di coordinamento della Provincia si esprime, nel rispetto del principio di sussidiarietà verticale, attraverso azioni di pianificazione degli interventi, garantendo funzioni di interesse sovra comunali, denominate di “area vasta”, garantendo, in ambiti che richiedono governo ed integrazione di politiche diverse, economie di scala, ma anche il superamento del rischio di frammentazione degli interventi e di marginalizzazione dei territori più periferici. Il livello di governo espresso dalla Provincia diviene, pertanto, strategico nella prospettiva di un processo di riequilibrio a sostegno dei singoli comuni e cruciale nella promozione dello sviluppo locale.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
Il Terremoto in Abruzzo
Le drammatiche immagini, che la televisione ha portato in questi giorni nelle nostre case, hanno toccato intensamente il cuore di tutti noi, scuotendo la nostra sensibilità e mobilitando sentimenti profondi di solidarietà e vicinanza
per le vittime di questo terribile terremoto. Ma, con il passare dei giorni, a questa gamma di emozioni si accompagnano contemporaneamente rabbia e scoramento per una vicenda tutta italiana che mette in luce, ancora una volta, le responsabilità di chi poteva garantire condizioni di prevenzione e sicurezza, per contrastare l’impatto degli eventi naturali.
Lo scatenarsi delle forze della natura sembra ammantare di ineluttabilità le morti e le distruzioni che esso comporta, ma la cultura fatalista non può appartenere ad una società del XXI° secolo: oggi, scienza e tecnologia vengono in aiuto all’uomo per rendere più protetta e sicura la sua vita. Il crollo, all’Aquila, dell’ospedale e della casa dello studente sono l’emblema dell’inettitudine, dell’incuria, della speculazione edilizia del nostro paese. Questo non deve essere il tempo di recriminazioni e polemiche, ma del concreto e unanime operare, per garantire ai settantamila sfollati condizioni dignitose, per riprendere la vita dopo un evento così drammatico e traumatico. Ma non per questo dobbiamo mettere da parte la consapevolezza che una corretta prevenzione riduce il numero delle vittime e delle distruzioni. L’Italia è un paese a rischio, i ricordi dei terremoti, dal Belice, all’Umbria, sono impressi nelle nostre menti e, soprattutto, nella carne di molti nostri connazionali: è irrinunciabile un modello di intervento sul territorio, che rispetti le norme antisismiche.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
scelte di pace contro la crisi economica
Anche una scelta di pace può rappresentare, oltre all’indiscutibile valore etico morale ad essa intrinseco, una risorsa per affrontare l’attuale crisi economica. La Campagna Sbilanciamoci, sostenuta da 47 organizzazioni della società civile, di ispirazione laica e religiosa, sta promuovendo la sottoscrizione di un Appello, affinché il Parlamento non approvi la proposta governativa, finalizzata a continuare la produzione di 131 caccia bombardieri Joint Strike Fighters, aerei d’attacco che possono trasportare anche ordigni nucleari.
L’approvazione di tale piano d’investimento comporterebbero un impegno per l’Italia fino all’anno 2026, con una spesa di circa 14 miliardi di lire, per la realizzazione di un programma incoerente con le missioni di pace che da anni caratterizzano il qualificato impegno delle nostre Forze Armate.
Ma l’evidenza dell’ enormità della somma finanziaria, necessaria a questo riarmo, da sola stride a fronte dell’urgente necessità di reperire risorse per fronteggiare la grave situazione economica e sociale del Paese. I promotori dell’Appello fanno presente che con la medesima cifra si potrebbero contemporaneamente costruire 5.000 asili nido, fabbricare un 1.000.000 di pannelli solari, dare a tutti i collaboratori a progetto la stessa indennità di disoccupazione dei lavoratori dipendenti, allargare la cassa integrazione a tutte le piccole imprese.
“Il Parlamento faccia una scelta di pace e solidarietà; blocchi la prosecuzione del Programma. Destini le risorse alla società all’ambiente , al lavoro, alla solidarietà internazionale”: questo è il cuore dell’appello, che ciascuno può scaricare e sottoscrivere dal sito www.sbilanciamoci.org.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia