Crisi economica edemergenza sfratti

Crisi economica e emergenza sfratti
L’emergenza sfratti è una delle inevitabili conseguenze dell’attuale crisi economica: per chi perde il lavoro, finisce in cassa integrazione o ha lavori precari è sempre più difficile sostenere le spese d’ affitto, per l’alta incidenza dei canoni sul reddito familiare. L’ondata sfratti (dati SUNIA) dovrebbe purtroppo riguardare, nei prossimi tre anni, circa 150.000 famiglie, in gran parte residenti nei grandi centri urbani. Il fenomeno dell’emergenza abitativa assume oggi caratteristiche inedite perché riguarda fasce sociali che tradizionalmente non si affacciavano alla rete dei servizi sociali pubblici: la crisi ha causato l’indebolito economico del ceto medio, che è andato a sommarsi alle fasce di popolazione tradizionalmente in condizioni di disagio.
Il sistema pubblico della casa non è certo il settore in grado di sopportare la pressione di un aumento emergenziale di domanda: le aziende ATER, nel loro complesso, gestiscono un patrimonio immobiliare di soli 940.000 alloggi, a fronte, per esempio, dei circa 3,9 milioni di alloggi previsti dal sistema dell’edilizia sociale francese. Mentre il governo si predisponeva a varare un provvedimento, che mirava ad ampliare le case di coloro che ne sono già in possesso, ci troviamo in assenza di un articolato piano casa, che riaffidi la regia del settore abitativo alle politiche pubbliche, affinchè sia possibile tenere insieme la logica della programmazione con la capacità di realizzare interventi immediati a contrasto dell’emergenza, perché se la perdita del lavoro è un evento drammatico, la perdita dell’abitazione, comporta il rapido scivolamento in una condizione di marginalità sociale.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

Una campagna contro il razzismo e la paura

Uno schieramento ampissimo, che vede insieme protagonisti Alto Commissariato ONU per i rifugiati, associazioni laiche e religiose, ONG internazionali e organizzazioni sindacali, si mobilita per promuovere una campagna nazionale contro il razzismo, i pregiudizi, l’indifferenza e la paura dell’altro, sentimenti che alimentano un pericoloso clima di allarme sociale, che rischia di minare nelle fondamenta la convivenza civile. La campagna informativa, presentata alla stampa nazionale, mercoledì 18 marzo al Teatro Ambra Jovanelli di Roma, ha come slogan “Non avere paura, apriti agli altri, apriti ai diritti”. I 26 promotori si sono impegnati a promuovere questi contenuti attraverso azioni di sensibilizzazione, che si concretizzano a più livelli: nell’invitare i cittadini a sottoscrivere il Manifesto della campagna, con l’obiettivo di consegnare le firme raccolte al Presidente della Repubblica il 20 Giugno, Giornata Mondiale del Rifugiato; nel richiamare gli operatori dell’informazione al rispetto del codice deontologico previsto dalla Carta di Roma, riguardante i richiedenti asilo, i rifugiati, le persone vittime di tratta; nel sottoporre a coloro, che ricoprono incarichi pubblici, una Carta di intenti, quale impegno per “spezzare il corto circuito creato da paura, razzismo e xenofobia, evitando di creare allarmi ingiustificati e di far ricorso a pericolose generalizzazioni”. Lo sforzo dei promotori è volto a dare visibilità e a rafforzare le reti di solidarietà, attive nel nostro paese, ma soprattutto a promuovere la cultura dell’accoglienza e dei diritti di cittadinanza, a fronte del rischio di criminalizzazione delle persone immigrate.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

Tutta l’attualità del pensiero di ALDO MORO

Fede e laicità: l’insegnamento di Moro
In Italia è’ sempre in primo piano il dibattito sul rapporto fra fede e laicità ed in particolare sul ruolo dei cattolici impegnati in politica. Commemorando in questi giorni l’onorevole Aldo Moro, nel 31° anniversario della strage di Via Fani, ci appare ancora più luminosa la sua testimonianza di statista e di credente, di politico raffinato e di uomo profondamente fedele e coerente ai valori del cattolicesimo. Il suo pensiero, sul rapporto fra i cattolici impegnati in politica e la Chiesa, è ancora oggi di assoluta attualità e modernità: a lui va riconosciuto il merito di aver dimostrato che esiste una conciliabilità fra cristianesimo e democrazia, anzi la possibilità di un arricchimento della democrazia attraverso i valori e la tradizione religiosa. L’azione dei cattolici nello Stato, è da lui concepita, come svolta in piena autonomia e sotto la propria responsabilità: “Anche per non impegnare in una vicenda estremamente difficile e rischiosa l’autorità spirituale della Chiesa c’è l’autonomia dei cattolici impegnati nella vita pubblica […]. L’autonomia è la nostra assunzione di responsabilità, è il nostro correre da soli il nostro rischio, è il nostro modo personale di rendere un servizio e di dare, se è possibile, una testimonianza di valori cristiani nella vita sociale. E nel rischio che corriamo, nel carico che assumiamo c’è la nostra responsabilità morale e politica… » ed ancora “L’autonomia dell’azione dei cattolici è segno e presupposto dell’autonomia dello Stato nel proprio ordine, autonomia che implica un valore proprio di esso e la permanente garanzia della vita democratica nel suo significato d’incessante ricerca, di confronto, di libertà».
Paolo Bonafe’
Laboratorio Venezia

Quale politica dei trasporti per il nostro territorio

Lo sviluppo di una politica diversificata dei trasporti permetterebbe di affrontare la mobilità delle merci, non solo nella prospettiva del trasporto su gomma, per cui il sistema viario della nostra regione risulterebbe sempre insufficiente, ma di prevedere investimenti sul sistema ferroviario e portuale. I porti di Venezia e Trieste, per esempio, rientrerebbero nell’ importante accordo per la creazione della macroarea adriatica, che servirebbe tutto il Nord Est europeo, eppure oggi, il sistema logistico di questa area guarda ai porti del Tirreno, o addirittura ai porti di Rotterdam e Anversa. Paradossalmente, grazie ai sussidi pubblici, risulta da Padova più conveniente imbarcare i container a Gioia Tauro, anziché a Venezia: questo, oltre alle ovvie ricadute economiche per il porto della nostra città, comporta l’aumento del traffico sulle nostre strade. Invece che utilizzare Venezia, oggi, molti camion partono dal Veneto e raggiungono il porto di Genova: è evidente che non siamo mai riusciti a rendere la convenienza collettiva una convenienza anche aziendale, se non finanziandola con sussidi pubblici, quando l'offerta portuale dell'Adriatico, con Venezia, Trieste e Ravenna, avrebbe potenzialità enormi. Il Veneto, va ricordato, è provvisto anche di una naturale «strada» fluviale per i trasporti verso il Nord Ovest: da tempo è attivo un trasporto regolare su chiatte da Venezia fino a Mantova, ogni chiatta può caricare fino a 60 container e ciascun convoglio è composto da cinque chiatte. In una logica di sistema anche questo servizio potrebbe rappresentare, per pozioni di traffico, un’ alternativa interessante e valida.
Paolo Bonafè
Laboratorio Venezia

La Fotografia della Famiglia in Veneto

Quale è la fotografia della famiglia nella nostra regione? I dati e le ricerche sociali ci indicano, in primis, la diminuzione del numero di persone che sceglie l’istituto del matrimonio, che avviene all’incirca intorno ai trent’anni e, per il 34%, dopo un periodo di convivenza. Aumenta la percentuale dei matrimoni civili che, nel 2005, rappresentano il 41,2%; nello stesso anno sono circa 71.000 le famiglie ricostituite. Diminuisce la quota di famiglie con figli, ma contemporaneamente chi decide di averne, preferisce averne 2 (44%). Nel 2005, 6.157 sono state le separazioni e 4.052 i divorzi: il 5,4 per mille dei minori, residenti in Veneto, è stato coinvolto dalla separazione dei genitori. La linea di tendenza generale mostra complessivamente un aumento delle famiglie monogenitoriali, unipersonali, dei nuclei aggregati e delle famiglie ricostituite. Un’altra fonte di informazioni qualitative, pur nella limitatezza dei dati, è il Tribunale Ecclesiastico Regionale Triveneto: nel 2008, 224 coppie di sposi hanno presentato richiesta di annullamento, motivata, per circa la metà dei casi, da una situazione di fragilità affettiva, di incapacità ad affrontare l’impegno e le responsabilità, richiesti dalla vita matrimoniale. Il profilo che emerge è quello di persone adeguate sotto il profilo sociale, ma di fatto fragili ed immature. E’ complesso individuare le cause della debolezza della struttura familiare: affermare la diseducatività di modelli culturali imperanti, che enfatizzano stili di vita effimeri ed edonistici, è inoppugnabile, ma insufficiente. Ma forse sarà l’attuale crisi economica e sociale a richiedere alla famiglia stabilità e senso di responsabilità.
Paolo Bonafè
Presidente laboratorio Venezia

Gli effetti di questa La crisi economica globale

L’attuale e drammatica crisi economica è stata causata da una politica neoliberista che, partendo dal presupposto per cui le regole del mercato hanno in se stesse la capacità di autoregolamentazione, ha lasciato mercati, imprese e finanza agire in autonomia. Pur essendo una crisi partita dagli USA, in ambito bancario e finanziario, è oggi crisi di sistema, che ha assunto una dimensione totale e globale. L’entità della recessione comporta risvolti difficilmente governabili, tali da rendere improprie e insufficienti le misure delle politiche pubbliche meramente finalizzate ad iniettare liquidità nell’economia e non orientate a prevedere interventi a livello strutturale. Questa crisi, lo dicono ormai in molti, costringe ad un profondo cambiamento del modello di sviluppo, richiedendo ai governi centrali la definizione di linee strategiche concertate, capaci di intervenire alla radice multidimensionale del problema. Infatti, gli impatti ottenibili da interventi economici, attuati dai singoli stati, rischiano di non essere efficaci a fronte del dimensionamento dell’economia globalizzata. I temi relativi alla redistribuzione della ricchezza, alla bonifica del sistema bancario e finanziario da attività speculative, al rilancio del sistema di welfare, alla riduzione delle spese militari, al sostegno all’economia reale, orientandola alla riconversione verso una produzione sostenibile in termini ambientali e sociali, devono trovare, a livello mondiale, la centralità dell’azione politica. Diventerà, allora, possibile che i costi della crisi non siano pagati dai soggetti più deboli, ma che da essa scaturisca un modello di sviluppo, fondato su basi etiche e solidali.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Educare alla cittadinanza.

L’ affrontare il tema della cittadinanza chiama in causa immediatamente i concetti di “diritto” e “dovere”, pilastri fondanti del vivere sociale. Ma la complessità, connessa all’ essere cittadino, non può esaurirsi in un requisito, acquisito al momento della nascita con l’iscrizione anagrafica, richiama, invece, un percorso che vede la nostra vita realizzarsi all’interno di una rete di relazioni sociali. Quindi è la comunità nel suo complesso che svolge una funzione educante, affinché le nuove generazioni possano imparare le regole condivise, che ordinano i rapporti fra le persone e fare, nel contempo, conoscenza degli assetti istituzionali, che la società si è data a garanzia della propria esistenza e sviluppo. Questo processo educativo può determinare una diversa qualità della natura stessa del concetto di cittadinanza, segnando un ulteriore passaggio: si è cittadini, non solo in quanto si esercitano diritti e doveri, ma anche e soprattutto, perché come soggetti attivi, si esercitano poteri e responsabilità, attraverso un’ azione di partecipazione civile. In questa prospettiva va colta la strategicità dell'educazione alla cittadinanza, che non può essere affidata solo alla casualità delle situazioni, che ciascuno incontra durante la propria esistenza, perché la modalità con cui ognuno di noi agisce, ha ricadute su tutta la comunità. Vanno pertanto costruite le condizioni perché nella formazione dei giovani siano offerti luoghi ed opportunità per fare esperienza di corresponsabilità e solidarietà, affinché diventino, in una società complessa, cittadini protagonisti, consapevoli dei propri diritti, ma anche capaci di negoziare bisogni e punti di vista diversi.
Paolo Bonafè
Laboratorio Venezia

La sfida del turismo ecocompatibile

Il turismo rappresenta sul piano economico una delle risorse più importanti per lo sviluppo di un territorio, comportando, però, nel contempo, un concreto rischio di impatto sul piano ambientale e sociale. Tradizionalmente, infatti, difesa dell’ambiente e sviluppo turistico non hanno perseguito obiettivi comuni, anzi hanno promosso azioni fra loro inconciliabili: il turismo di massa ha prodotto la cementificazione delle coste, la distruzione di habitat naturali per l’ edificazione di megavillaggi turistici, la perdita d’identità culturale delle popolazioni, processi che hanno comportato pesanti ricadute sul patrimonio ambientale, culturale e sociale. Questa consapevolezza ha richiamato i diversi attori ad un nuovo approccio, capace di coniugare, in modo responsabile, tutela dell’ambiente e turismo. Il nuovo modello di sostenibilità, tiene insieme in una logica di sistema, il piano di uno sviluppo turistico, in grado di garantire la redditività del territorio, con obbiettivi di compatibilità ecologica, sociale e culturale. Nella definizione di questa nuova strategia, un ruolo cruciale è affidato agli operatori di settore, che hanno la responsabilità di gestire, contemporaneamente, uno strumento privilegiato, per sensibilizzare il grande pubblico sulle questioni di rispetto dell'ambiente e del patrimonio storico – culturale, ma anche un forte potenziale, atto a promuovere l’economia e la qualità di vita di una comunità. Questo circolo virtuoso garantisce alle attività turistiche di creare, mediante investimenti orientati alla sostenibilità, più solide condizioni per il loro stesso sviluppo futuro.
Paolo Bonafè – Laboratorio Venezia

Investire sui giovani, risorsa della società

Offrire ai giovani opportunità e spazio per la loro realizzazione, rappresenta, per ogni società, la capacità di garantire agli individui il diritto a sviluppare e valorizzare le proprie capacità e competenze, nel contempo, significa, anche, costruire le condizioni, per garantire a se stessa un futuro, in una continua prospettiva di sviluppo. Questo approccio mostra come l’interesse del singolo sia strettamente coniugato all’interesse della comunità, ma questa attenzione sembra poco presente nel nostro paese dove, al di là della retorica sul ruolo dei giovani, l’investimento su questo prezioso capitale umano è scarso. I fenomeni della “fuga delle intelligenze” all’estero, quello degli inserimenti lavorativi che non riconoscono le competenze e i talenti, coniugati a quello della “gerontocrazia” che regge il paese, sono indicatori di una politica miope, che non investe sulle nuove generazioni, quale risorse strategiche per garantire al nostra società crescita e sviluppo, condannandola ad un impoverimento culturale e sociale. Il rischio di una generazione di giovani che si sente esclusa dalle opportunità, che avverte il proprio futuro incerto e precario, depotenzia la società nel suo complesso. La politica è chiamata ad assumersi la responsabilità di un cambiamento di rotta, a superare la logica delle caste e dei privilegi, su cui, ad oggi, si regge ancora il nostro paese, caratterizzato da una scarsa mobilità sociale. Si chiede di passare dalle sterili politiche giovanili di settore, alla contaminazione trasversale di tutta l’azione politica con l’attenzione all’investimento a creare le classi dirigenti e l’intero tessuto sociale del prossimo futuro.

Paolo Bonafè

La social card strumento inefficace

I primi dati sugli esiti della sua applicazione, riaprono il dibattito sulla social card, mettendo in luce l’inadeguatezza strutturale di questa misura per il sostegno economico alle famiglie in difficoltà. In base al principio costituzionale di sussidiarietà, allo Stato spetta la definizione di politiche nazionali e di standard delle prestazioni, per garantire ai cittadini uniformità di trattamento, mentre l’erogazione di una misura monetaria, a contrasto della povertà, non può scavalcare ruolo e funzioni di Regioni ed Enti locali, che hanno una specifica e diretta competenza nella programmazione territoriale e nella realizzazione e gestione degli interventi a favore dei cittadini. Oggi, la povertà presenta aspetti multidimensionali, che non possono essere letti solo con indicatori economici e anagrafici, perché è determinata dalla presenza o meno di reti familiari e sociali di protezione, ma anche dal costo della vita, che è territorialmente diversificato. Un intervento, che non si collochi in una lettura articolata della condizione reale delle persone, innestata nei loro contesti di vita, perde di efficacia. In un momento di così grave congiuntura economica, l’uso delle risorse rappresenta uno strumento strategico che deve uscire da logiche meramente assistenziali, o peggio ancora populiste: ogni investimento va concertato con i diversi livelli di governo, per integrarsi con le reti di risorse, servizi e interventi presenti nei territori. Erogazioni monetarie assegnate in modo frammentario, non ricomposte su base territoriale e non organiche a politiche di inclusione sociale, rappresentano interventi inadeguati che non garantiscono alcuna efficacia.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

La vita può essere capita sollo all'indietro ma va vissuta in avanti (Soren Kierkegaard)