Vacanze con i fiocchi ma attenti alla strada

Vacanze con i fiocchi ma attenti alla strada

Il giorno 26 luglio, l’Associazione Italiana Parenti Vittime della Strada, ha avviato, come da molti anni a questa parte, la manifestazione “VACANZE CON I FIOCCHI”.
Tale iniziativa vuole sensibilizzare l’opinione pubblica, le forze dell’ordine e le forze politiche sul tema della sicurezza stradale e sui pericoli che possono essere causati dal mettersi alla guida sotto l’effetto di alcool o di droghe.
La manifestazione si è svolta, come ogni anno, anche al Lido di Venezia e questo grazie al lavoro della Presidente provinciale Pierina Guerra, coadiuvata dalle Associazioni Carabinieri e dei Cavalieri d’Italia e appunto sabato 26 luglio è stato organizzato un banchetto dove sono stati distribuiti gadget e materiale informativo. Particolarmente efficace è stata la coreografia, infatti è stata sistemata in strada, tra ombrelloni e sedie a sdraio (simboli che richiamavano le vacanze e il mare) una Fiat 500 d’epoca ricoperta da migliaia di pos-it, con su scritti messaggi di attenzione alla guida e alla sicurezza stradale. Tra coloro che hanno dato la loro adesione e hanno inviato un post-it, possiamo trovare il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Altero Matteoli, decine di parlamentari di tutto l’arco costituzionale, amministratori locali, rappresentanti delle associazioni e semplici cittadini. Particolarmente apprezzai sono stati i messaggi dei 60 bambini ospiti della locale Colonia Morosini. Chiaramente tutti i messaggi miravano a sensibilizzare l’opinione pubblica ad un uso più attento del mezzo privato, che può diventare un‘arma se messo in mano a persone che si mettono alla guida non essendo in perfetto fisico. Purtroppo le statistiche sono implacabili e anche per quest’anno prevedono che solo durante le vacanze estive saranno almeno 1000 i morti sulle strade delle vacanze, per non parlare dei feriti e dei conseguenti invalidi. Iniziative come queste servono appunto per fare in modo che questo non accada o perché calino drasticamente questi numeri.

Paolo Bonafè
Presidente laboratorio Venezia
www.laboratorioVenezia.it

Quale futuro per il Porto di Venezia

Quale futuro per il Porto di Venezia

Il progetto riguardante il Porto di Venezia continua ad essere al centro del dibattito cittadino, che evidenzia come non esista, ad oggi, una strategia condivisa rispetto al suo futuro.
Venezia ha la necessità di coniugare la salvaguardia della città con il mantenimento della sua vocazione portuale e della sua leadership crocieristica, anche per non vanificare l’insieme di progetti avviati dalle amministrazioni locali e portuali, che si sono, negli anni succedute.
Ritengo, pertanto, che una strada percorribile, per coniugare tutela del centro storico e sviluppo economico, possa essere rappresentata dalla diversificazione dell’offerta.
Questa proposta prevederebbe lo spostamento a Marghera/Fusina, via Canale dei Petroli, di tutte le navi RoRo/portacamion delle Autostrade del mare, comprese quelle greche che, ormeggiate in marittima, oggi sono causa di forti vibrazioni alle fondamenta dei palazzi che si affacciano sul Canale della Giudecca. Tale opzione, nel contempo, implicherebbe un minor traffico di camion e tir sul Ponte della Libertà.
Su Portomarghera verrebbe mantenuta l’attuale organizzazione dei traffici merci, con l’eventuale sviluppo e realizzazione di nuove banchine nelle aree che verranno bonificate.
Il traffico passeggeri necessita, invece, di veder suddivisi gli ormeggi tra le grandi navi e quelle medio piccole.
Per le prime, è stato da poco pubblicizzato uno studio della Venezia Terminal Passeggeri, che ipotizza, con un investimento di oltre 100 milioni di euro, la realizzazione di un grande porto passeggeri, per navi da crociera di lunghezza superiore i 300 metri di lunghezza (il futuro è questo!), nell’area del Vallone Moranzani, così da poter aumentare di 500.000 unità il numero di passeggeri da qui al 2011, ma interessante è anche la proposta, avanzata dal precedente Viceministro De Piccoli, di un avanporto da realizzarsi alla bocca di porto del Lido, anche se ora i lavori del Mose ne pregiudicano in parte la realizzazione, una ulteriore ipotesi prevede di destinare allo scopo le banchine delle vaste aree dismesse e da bonificare di Marghera.
L’ attuale Marittima potrebbe, così, essere destinata all’attracco dei mezzi veloci (Aliscafi/Hovercraft) e delle sole navi passeggeri, oggi considerate medio-piccole, con l’obbligo dello stop ai motori e dell’uso dei rimorchiatori, questo anche per non vanificare la realizzazioni di quelle opere infrastrutturali e legate alla mobilità che si stanno realizzano in quel sito (People Mover, Garage). E’ comunque cruciale che, qualsiasi sarà il percorso progettuale prescelto, si preveda un processo di coinvolgimento delle grandi compagnie armatoriali, che molto spesso offrono, nel loro ticket all-inclusive, l’acceso alla città attraverso lo splendido bacino di San Marco. Evitare il rischio dell’abbandono dello scalo veneziano, a favore di Trieste, significa tutelare il posto di lavoro di molti operatori portuali e l’indotto turistico.

Se ci fosse un po’ di coraggio, poi, vi sarebbe un progetto che ritengo avveniristico e allo stesso tempo affascinante, cioè quello della realizzazione di un avanporto, sull’esempio di Shanghai, cioè in mare e quindi diverso dal progetto PERLA di De Piccoli. I benefici che si avrebbero da questo progetto sono molteplici. In primis non vi sarebbero più problemi per quanto concerne i pescaggi delle navi e quindi i fondali e l’annoso problema dell’ escavo dei canali. Inoltre le grandi compagnie armatoriali potrebbero, continuare a vendere il “pacchetto Venezia”, dato che la vista sulla città sarebbe garantita dall’altezza delle navi e da binocoli fissi che potrebbero essere sistemati sui ponti delle navi del tipo di quelli utilizzati in molti luoghi panoramici d’Italia, cosa che sarebbe difficilmente attuabile nell’entroterra veneziano o a Marghera. In ultima analisi tutto ciò porterebbe, inoltre, una positiva ricaduta economica su molte zone di Venezia e del litorale veneziano, ad oggi meno interessate dall’economia turistica e che potrebbero diventare nuove porte di accesso alla città storica, senza dimenticare che si potrebbe finalmente applicare quel ticket di accesso a Venezia, sul tipo delle ZTL, dato che, da queste navi, i turisti verrebbero trasportati a Venezia con i Lancioni Gran Turismo e/o con i catamarani

Paolo Bonafè
Responsabile Provinciale PD del
Dipartimento Infrastrutture e Mobilità
www.paolobonafe.it

Il volto della povertà estrema in Italia

Il Ministero del Welfare, in collaborazione con ISTAT, CARITAS e FIOPSD (Federazione che raggruppa una settantina di soggetti privati e pubblici che assistono i senza tetto), ha avviato la prima rilevazione su scala nazionale relativa alle persone senza dimora: l’obiettivo è elaborare una ricerca sul fenomeno per il 2010, proclamato “Anno europeo contro la povertà”.
Una prima stima mette in luce come questa condizione di povertà estrema riguardi un numero di persone che oscilla le 70.000 e le 100.000 unità: i processi di impoverimento economico e di aumento del livello di precarizzazione delle condizioni di vita, stanno marginalizzando uomini e donne che non appartengono al target del grave disagio sociale (ex detenuti, tossicodipendenti, alcolisti, pazienti psichiatrici), fra le persone che vivono in strada, infatti, è sempre più diffusa la presenza di soggetti che hanno conosciuto la stabilità e le reti di protezione dello stato sociale.
La ricerca sta già mettendo a fuoco la complessità del profilo della persona senza dimora: si tratta prevalentemente di uomini (81,8%), appartenenti alla fascia di età fra i 28 ai ai 47 anni ( 54%), con una bassa scolarizzazione (solo il 33,7% ha la licenza media, il 17,7% il diploma e il 3,9% la laurea), disoccupati (43,4%) e con fallimenti affettivi alle spalle (37,1%). Solo il 13,3% si rivolge ai familiari per richiedere aiuto, il 38,7% preferisce rivolgersi ai volontari. Se ne deduce che il rischio di esclusione sociale non è più e solo strettamente correlato all’ appartenenza ad una categoria di disagio, ma anche alla situazione della persona all’interno del suo contesto affettivo, relazionale e sociale.

Paolo Bonafè
Presidente laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Crisi economica e capacità di spesa

Crisi economica e capacità di spesa
Sul fronte della situazione economica del paese, è l’ISTAT a offrirci, nel suo rapporto annuale, il quadro della capacità di spesa delle famiglie italiane. La ricerca mette in luce come il Veneto sia la regione che registra, con oltre 3000 euro mensili, la maggiore spesa media famigliare, a fronte dei 1300 euro della Sicilia, regione con la spesa più bassa. Da questo range scaturisce la media nazionale che si assesta sui 2.480 euro al mese per famiglia (2.796 euro al nord, 2.539 euro al centro e 1.969 euro al sud).
Se una prima lettura dei dati ci potrebbe far dire che, in ciascuna area considerata, la spesa sia direttamente proporzionale alla situazione economica, l’osservazione sarebbe superficiale se non si introducesse una ulteriore variabile, per cui la spesa maggiore sarebbe correlata ai differenti costi dei beni di consumo, rilevabili nelle diverse zone territoriali.
Infatti, se i costi di trasporti, servizi, energia, autostrade sono abbastanza uniformi in tutta Italia, al nord, sui prezzi dei beni alimentari e di prima necessità, incidono pesantemente i costi della filiera che va dalla produzione alla trasformazione e al dettaglio. Inoltre, il dato ISTAT sull’inflazione di maggio, utilizzato per il ricalcolo dei prezzi degli affitti è pari al 3,5%: questo aumento graverà maggiormente sulle famiglie del nord e del centro, per il maggior valore degli immobili e dei costi degli affitti.
In passato si è parlato di gabbie salariali, proporzionate alla reale inflazione del territorio di residenza: questi dati, forse, possono supportare una ulteriore pista di riflessione per la riapertura di un dibattito.

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Non si vive di solo PIL

L’informazione circa la situazione economica italiana ed internazionale, ci viene veicolata utilizzando come indicatore il PIL (Prodotto Interno Lordo), unità di misura che indica la crescita economica, ma non è esaustiva nel rappresentare la complessità della situazione socio-economica e ambientale di un paese. Non viene mai sottolineato, ad esempio, che il PIL non contabilizza i costi ambientali e sociali di un determinato modello di sviluppo, non evidenzia la distribuzione della ricchezza in un territorio, non mette in luce la reale qualità della vita delle persone.
In questi giorni la Campagna Sbilanciamoci ha presentato il sesto rapporto annuale “Come si vive in Italia?”, utilizzando come indicatore il QUARS (Indice di Qualità Regionale di Sviluppo) che indaga sette dimensioni: ambiente, economia, diritti e cittadinanza, salute, istruzione e cultura , pari opportunità e partecipazione.
Emerge un quadro ricco e articolato della situazione delle regioni italiane (consultabile sul sito wwww.sbilanciamoci.org), ma l’elemento di riflessione più interessante riguarda la necessità di sviluppare strumenti efficaci per misurare il grado di sviluppo complessivo di un territorio e supportare i decisori politici nelle scelte strategiche, attraverso un sistema di conoscenze fondato sui dati. La sfida è quella di disegnare un modello di sviluppo sostenibile, capace di rendere compatibile e mettere in sinergia la politica economica con la tutela ambientale, il diritto alla salute, la qualità dei servizi, l’accesso alla cultura, la partecipazione alla vita sociale.

Paolo Bonafe
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Idrogeno Nuova Frontiera dell’Energia

Ad Arezzo hanno costruito un idrogenodotto, che porta il gas alle aziende del locale distretto orafo: questa energia pulita, che non sottostà alle pesanti leggi di mercato, verrà utilizzata in modo sistematico dalle aziende. L’Amministrazione cittadina prevede, anche, di portare l’idrogeno nelle case, per sostituire il metano in cucina e fornire, attraverso “fuel cell”, sia elettricità che calore. L’ulteriore salto di qualità è rappresentato dalla “Fabbrica del Sole”, azienda in cui alcuni giovani hanno investito “solo” 800 mila euro (+ 400 mila ricevuti dalla Regione Toscana), che produrrà idrogeno pulito, ottenuto non dal metano, ma dall’energia solare. La “Fabbrica del Sole” sta anche perfezionando il “solar cooling”, procedimento che, ispirandosi ai principi delle pompe di calore, trasforma il caldo in freddo, utilizzando l’idrogeno.
Dopo l’esaurimento preannunciato dei combustibili fossili, scienza e tecnologia stanno elaborando velocemente nuovi sistemi di produzione di energia ecocompatibile. L’uso dell’ idrogeno nell’industria e nella vita quotidiana, comporta una importante novità anche per la nostra città: le industrie chimiche di Portomarghera, che producono idrogeno quale scarto delle loro produzioni, potrebbero fornire energia per uso civile è industriale. E’ davvero utopistico pensare ad un futuro che veda in Portomarghera un nuovo polo legato alla produzione di idrogeno e ad energie a basso impatto ambientale?

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Il valore della solidarietà

Il Valore della Solidarietà

Il dibattito cittadino, relativo allo spostamento del campo Sinti di Mestre, rende necessaria una riflessione che metta in luce come la nostra città abbia saputo elaborare un modello, riconosciuto in ambito nazionale ed europeo, per la cultura dell’accoglienza e dell’inclusione sociale sviluppate.
Questo si è reso possibile, grazie alla sinergia e alla collaborazione fra una pluralità di soggetti e lo sviluppo di politiche sociali che hanno realizzato un sistema di servizi innovativi a favore dei minori, delle famiglie, degli anziani, dei disabili, delle vittime di tratta, delle persone in condizioni di marginalità, nel riconoscimento della dignità e dei diritti di tutti, ma anche nella consapevolezza strategica che più alta è la coesione sociale, che un territorio esprime, più alto è il livello di sicurezza di cui beneficiano i cittadini.
La capacità di interlocuzione e collaborazione dei servizi comunali, che lavorano con i target più esposti al rischio di devianza, con le forze dell’ordine, sono un esempio di come il nostro territorio sia presidiato.
Il lavoro di strada, la mediazione dei conflitti, il lavoro di comunità, la valorizzazione del Terzo Settore, sono gli strumenti attraverso i quali le amministrazioni comunali hanno, negli anni, investito e che, oggi, ci permettono di vivere in una città sicura e solidale.
In particolare è utile ricordare come la vicenda del campo di Via Vallenari sia esemplare per il processo con cui si è arrivati alla assunzione di decisioni, attraverso interventi specifici nella comunità locale, stimolando processi di partecipazione attiva per garantire percorsi volti all’individuare insieme soluzioni ai problemi ed alle esigenze espresse dalle persone, attraverso attività condivise di progettazione partecipata, nella convinzione che, anche sui temi più delicati, vada sempre promosso il dialogo fra cittadini portatori di interessi e bisogni diversi, ma non per questo inconciliabili fra loro.

Paolo Bonafe’

Immigrazione, sicurezza e bisogni sociali

Di fronte alla domanda di sicurezza, che proviene dai nostri cittadini, mi chiedo se sia percorribile una strada che sappia tradurre questo legittimo bisogno, in una richiesta più ricca e articolata, che non si appiattisca meramente sui temi dell’ordine pubblico
Il disagio che la società italiana sta esprimendo è anche ascrivibile alla necessità di doversi confrontare con il fenomeno migratorio, ma ha radici più profonde, che riguardano il nostro modello sociale e i complessi processi di cambiamento che lo stanno attraversando: la fragilità della struttura familiare, la frammentazione della vita sociale, lo scarso senso di appartenenza alla comunità locale, la precarietà lavorativa e l’ impoverimento economico.
Questo quadro di incertezza complessiva, investe in toto la sfera di vita delle persone: in questo contesto l’immigrazione diventa evento catalizzatore di ogni paura, causa prima dell’incertezza e del senso di insicurezza e precarietà in cui siamo chiamati a vivere.
Emerge, pertanto, nei confronti delle istituzioni, una richiesta che rivendica tutela, protezione, riconoscimento delle proprie esigenze e diritti, che non può essere ricondotta ad un bisogno di sola sicurezza pubblica, ma va coniugata fortemente ad un bisogno di sicurezza sociale.
Le persone necessitano di trovare un ascolto competente e responsabile capace di attribuire senso e dare riconoscimento alle paure e allo smarrimento, senza banalizzazioni, semplificazioni o enfatizzazioni, che corrono il rischio di essere sempre manipolatorie.

Paolo Bonafe
Presidente Laboratorio Venezia

Il sistema THOR quale soluzione alternativa ai termovalorizzatori

La grave crisi dell’immondizia di Napoli sta evidenziando con forza come il tema del trattamento dei rifiuti rappresenti una priorità politica, non solo perchè il territorio nazionale non deve più impattare fenomeni di emergenza, ma anche per realizzare un modello di smaltimento, che trasformi i rifiuti da onere in risorsa.
In questa direzione si colloca “THOR”, sistema sviluppato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche in collaborazione con la Soc. ASSING SPA di Roma, che permette di recuperare e raffinare tutti i rifiuti, senza farli passare attraverso il ciclo della raccolta differenziata e dell’incenerimento, trasformandoli in materiali riutilizzabili, dall’elevato potere calorico e con costi presunti largamente inferiori rispetto ai termovalorizzatori. THOR è una tecnologia ideata e sviluppata in Italia, che si basa sulla raffinazione meccanica dei materiali di scarto, trattati in modo da separare tutte le componenti utili, dalle sostanze dannose. Funziona quindi come uno sminuzzatore di rifiuti fino a dimensioni microscopiche, inferiori a 10 millesimi di millimetro. Il risultato è una “poltiglia”, purificata dalle parti dannose ed inquinate di alto contenuto calorifico, utilizzabile come combustibile. Il derivato è quindi un prodotto solido o pellettizzato, oppure, attraverso il processo di “pirolisi”, un prodotto bio-olio per motori diesel.
In Sicilia è già presente questa tipologia di impianto, che tratta 8 tonn/ora, non necessita di un’ area di stoccaggio in attesa del trattamento, né di essere tenuto sempre in funzione, essendo meccanico e non termico.
E’ utile ricordare che THOR è mobile, installabile anche su navi, poiché una struttura, da 4 tonn/ora, occupa circa 300 m2 e ha un costo di 2ml di euro. Comparando i costi dei diversi sistemi di smaltimento dei rifiuti, vediamo che l’ impianto preso in esame costa 40euro/tonn, una discarica costa 100euro/tonn e un inceneritore 250euro/tonn.
A titolo esemplificativo, prendendo in esame un’ area urbana di 5000 abitanti, che produce 50 tonn/giorno, THOR potrebbe ricavare 30 tonn di combustibile, 3 tonn di vetro, 2 tonn di materiali ferrosi, 1 tonn di inerti; il resto sarebbe acqua che viene espulsa come vapore. Il prodotto che esce da THOR è sterilizzato dalle 8000/15000 atmosfere prodotte e il ciclo di smaltimento non produce odori.
C’è da chiedersi se non sia, pertanto, delineabile un modello di smaltimento dei rifiuti, che preveda l’integrazione di impianti diversificati e non percorra la sola strada dei termovalorizzatori.

Assistiamo al ritorno del nucleare

Assistiamo ad un ritorno del “nucleare”, quale risposta al problema energetico del paese, dimenticando che gli italiani, con un referendum, si sono già espressi negativamente su questo tema. L’attuale dibattito sembra assestarsi sui medesimi contenuti di 30 anni fa quando, in occasione della guerra arabo-israeliana, si innescò una crisi degli approvvigionamenti petroliferi. Uno studio effettuato dal WWF, evidenzia che nel mondo, nonostante i massicci finanziamenti pubblici degli ultimi cinquanta anni, il nucleare rappresenta solo il 6,3% dell’energia primaria utilizzata e l’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che tale contributo non aumenterà nei prossimi trenta anni. Il nostro paese, sprovvisto di fonti di uranio, dovrebbe comunque dipendere dall’estero per questa materia prima che, essendo una risorsa esauribile, potrà alimentare l’attuale struttura produttiva, solo per i prossimi settanta anni. L’ulteriore elemento di criticità è rappresentato, come sta mettendo in luce l’attuale esperienza della Francia, dai costi economici ed ambientali dello smantellamento dei vecchi impianti e dello smaltimento delle scorie. Inoltre, non è possibile dichiarare che il nucleare non produca CO2, quando le emissioni di tutta la sua filiera sono paragonabili a quelle di una centrale a gas naturale a ciclo combinato.
L’evoluzione tecnologica e scientifica oggi mostra la crucialità di percorrere nuove strade per la produzione di energia, a garanzia di un modello di sviluppo sostenibile e a basso impatto ambientale, evidenziando la necessità di utilizzare fonti differenziate ed energie rinnovabili.

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

La vita può essere capita sollo all'indietro ma va vissuta in avanti (Soren Kierkegaard)