Troppe volte gli abusi sui minori avvengono in Famiglia

Il dramma di Antonietta, bambina di 4 anni morta per soffocamento, ma sulla quale sono stati riscontrati abusi sessuali da parte del prozio, è l’ultimo in ordine di tempo di una lunga serie di abusi, che vedono troppe volte coinvolti i famigliari. Purtroppo le statistiche, evidenziate anche dal IX Concesso di Pediatria Adolescenziale, denunciano come il 70% degli abusi sui minori avvenga in famiglia e come oramai un adolescente su cinque in Europa sia vittima di abuso sessuale. Fenomeno che comprende una complessità di comportamenti e reati che vedono, oltre all’abuso strettamente fisico, l’esibizionismo e la pornografia via internet. Il profilo della vittima “tipo” mette in luce caratteristiche di particolare fragilità: si tratta di bambine piccole, non in grado di parlare, o disabili, o affette da malattie croniche o figlie di famiglie “disfunzionali”. Questo fenomeno, in crescita esponenziale, avviene in gran parte per mano di parenti, amici e vicini di casa. I rimanenti casi avvengono nelle palestre, nei circoli sportivi, negli oratori, nelle scuole, ed anche in questi luoghi, solo una minima parte degli aggressori sono degli sconosciuti. Pertanto, l’impegno dei genitori e di tutti coloro che svolgono una funzione educativa, è di prestare una grande attenzione, perché è proprio nei luoghi che consideriamo protetti (le mura domestiche, le case di parenti e amici) che può nascondersi il “lupo cattivo”: anche lui molto spesso portatore di una drammatica storia di abusi infantili. Quest’ultima riflessione, mette in luce l’indispensabilità di sviluppare cultura ed interventi di tutela all’infanzia e all’adolescenza, quale strumento imprescindibile per interrompere questa spirale di violenza ed orrori.

Paolo Bonafe’
Presidente laboratorio Venezia
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Nuovi atti legislativi per fermare la mattanza sulle strade

Continua la mattanza a seguito di incidenti stradali. Anche in questi ultimi giorni i mass media ci hanno informato di decine e decine di incidenti mortali causati da persone sotto l’effetto di droghe od alcool. La patente non può essere una libera licenza di uccidere ed è per questo che l’associazione A.I.F.V.S. (Associazione Italiana Famigliari Vittime della Strada), unitamente ad altre libere associazioni di cittadini, ha organizzato per il giorno 30 ottobre 2007 in Piazza SS.Apostoli a Roma, un grande manifestazione per chiedere al Governo e la Parlamento misure più drastiche quali: il controllo del territorio; pene certe e non al di sotto del minimo (come troppe volte avviene); che vengano rigettate le richieste di patteggiamento, considerando l’uccisione di persone, a seguito di incidente, quale omicidio volontario e non colposo (soprattutto se viene evidenziato che il colpevole è persona sotto effetto di alcool o droghe); che venga tolta la patente a chi è recidivo; che si controlli lo stato di salute dei patentati anche grazie a specifici esami tossicologici e psicofisici, pensando ad una specie di bollino sullo “stato di salute del guidatore” (come il Bollino Blu per lo stato di “salute delle auto”) da applicare sulla patente. Più il tempo passa e più il numero delle giovani “vite spezzate” aumenta. Il Governo deve avere il coraggio di tramutare in atti legislativi le giuste richieste che provengono dalla società civile, per fermare questa mattanza sulle strade.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia
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Come fermare le troppe morti bianche causate da incidenti sul lavoro

Il tema della sicurezza nei posti di lavoro è drammaticamente tornato alla ribalta: nel 2006 le morti per infortunio sono state 1320, con un aumento del 2,2% rispetto al 2005. I primi sette mesi del 2007, con le 719 vittime, mettono in luce un ulteriore incremento dell’1,7%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Pur nella loro aridità, i numeri servono a porre al centro dell’attenzione di tutti un fenomeno, cui anche la nostra provincia ha pagato il proprio tributo di sangue e di dolore, che va ad ascriversi in un contesto in cui la dimensione della precarietà, dell’illegalità, del non rispetto delle normative, sta attraversando troppi luoghi di lavoro. Il settore maggiormente colpito è sicuramente quello dell’edilizia, nel quale sono anni che i sindacati denunciano il sistema dei sub-appalti e l'assenza dell'impresa nei cantieri, sostituita da forme di “caporalato”: ciò significa scarsa professionalità, lavoro nero e sfruttamento. L’ANMIL (l'associazione mutilati e invalidi sul lavoro), si sta battendo da anni nel sollecitare una modifica della attuale legislazione e interventi sulle cause conclamate di incidenti: innanzi tutto diventano indispensabili la collaborazione e l’accordo tra le parti sindacali e datoriali, ma anche una nuova legge sul lavoro. Già nel 2006 il Ministro Damiano aveva annunciato l'apertura ufficiale del tavolo sul lavoro nero con le parti sociali, proponendo la creazione di un “testo unico sulla sicurezza sul lavoro” che doveva vedere già la luce entro il 2006.
Nei cantieri e nei capannoni delle fabbriche del nostro paese si paga tutti i giorni un prezzo salatissimo e nello stesso tempo evitabile. Per questo vanno accolte le parole del Presidente Napolitano che invita ad “..un costante livello di attenzione e un forte impegno civile al fine di diffondere la più ampia consapevolezza della gravità del fenomeno e di promuovere una comune, operante cultura della sicurezza”.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia
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Il fenomeno prostituzione: bisogna individuare strumenti legislativi e sociali per la tutela del diritto alla vita e della dignità umana

La tratta degli esseri umani è un fenomeno sociale di grande rilevanza, che rappresenta un crimine grave ed una profonda violazione dei diritti umani; esso consiste nel trasporto di persone, donne, uomini e minori, da un paese ad un altro, per mezzo della coercizione e dell’inganno, con l’obiettivo del loro sfruttamento in campo sessuale e lavorativo, ma anche tramite attività di accattonaggio e traffico di organi. La Convenzione del Consiglio d’Europa per il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, all’art.3, riconosce il diritto di tutte le persone di non essere sottoposte “al trattamento inumano o degradante” e all’art. 4 proibisce la schiavitù. Il Consiglio d’Europa ritiene che la tratta degli esseri umani rappresenti la terza fonte di denaro prodotta dalla criminalità organizzata, dopo le armi e la droga. Se collochiamo il fenomeno della prostituzione in questo quadro, comprendiamo quanto importante sia individuare strumenti legislativi e sociali, che vadano ad intervenire a tutela del diritto alla vita e alla dignità delle tantissime persone che vendono i loro corpi sulle nostre strade e sono,contemporaneamente, vittime sfruttate e fonte di guadagno per il racket della criminalità organizzata. Di fronte a questa complessità, è necessario mettere a punto una strategia articolata, che veda costruire sinergie e collaborazioni fra le forze dell’ordine, le pubbliche amministrazioni e la pluralità di soggetti della società civile. Perché la lotta alla prostituzione si attua tramite azioni normativo-repressive, ma necessita indispensabilmente di interventi sociali, educativi e culturali.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia
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Sosteniamo gli angeli dell’A.V.A.P.O.

Riteniamo giusto e doveroso, anche per ringraziarli dell’opera prestata per il nostro Vincenzo, di mettere in luce la preziosa attività dell’Associazione Volontari Assistenza Pazienti Oncologici – AVAPO – di Venezia. Chi ha fatto esperienza di assistenza, nel proprio domicilio, di un congiunto malato terminale, conosce l’impegno di amore e dedizione, ma anche il carico di dolore, fatica e angoscia di ogni componente della famiglia. In quei giorni, la presenza competente dei medici, degli infermieri, degli psicologi e dei volontari dell’Associazione, non solo garantisce il qualificato e indispensabile intervento specialistico, ma rappresenta un sostegno indispensabile per i familiari, anche sotto il profilo emotivo, grazie ad una vicinanza rassicurante, attenta agli aspetti relazionali. Nel panorama non sempre edificante della sanità pubblica, questo Servizio di eccellenza è di fatto gestito da un’associazione di volontariato, che si sostiene grazie a contributi pubblici e donazioni di privati. Paradossalmente, in un territorio complesso come il centro storico e l’estuario veneziani, il personale dell’AVAPO percorre la nostra città con i mezzi pubblici, portando le strutture medico sanitarie nelle valigette a ruote. Il nostro tempo ha bisogno di “segni di speranza” e gli avvenimenti dolorosi della nostra esistenza hanno il pregio di farci incontrare testimoni speciali e poco visibili. Pertanto, è importante sostenere tale associazione, affinchè possa rafforzare la propria attività, con un gesto concreto di solidarietà utilizzando il c/c 12137303 intestato ad AVAPO Venezia (Associazione Volontari Assistenza Pazienti Oncologici) ONLUS.

Paolo Bonafe’ e Francesca Vingiani

Troppe morti sulle strade, informazione, prevenzione e certezza della pena per bloccare tali tragedie

Leggere i giornali del lunedì è come leggere un bollettino di guerra. Sono oramai decine e decine le morti a causa di incidenti stradali nei quali, troppe volte, sono coinvolti giovani, ingannati dalla troppa velocità, unita all’uso di droghe od alcool. Da anni vi è l’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada (che vede in Pierina Guerra la sua agguerrita presidente veneziana) che si batte per sensibilizzare l’opinione pubblica su tale preoccupante fenomeno, lanciando un annuale campagna di sensibilizzazione denominata “allacciati alla vita”, nella quale riesce a coinvolge sia le forze dell’ordine che gli amministratori locali, in una comune funzione di informazione e responsabilizzazione. Infatti, assistiamo ad un uso sempre più irresponsabile e criminale delle automobili, che in mano a scriteriati diventano delle macchine di morte. Parallelamente,l’applicazione delle pene evidenzia una giustizia non sempre “giusta”: anche di recente,il 20/9 u.s, il Tribunale di Bologna,ha condannato quel conducente che ha investito ed ucciso un giovane studente universitario a soli 8 mesi di reclusione, pena sospesa,e a soli 6 mesi di ritiro della patente. I parenti delle vittime esigono giustizia, ma anche il comune cittadino rivendica la certezza della pena commisurata al danno e al grado di colpa,come previsto dall’Art.133 del codice Penale. Purtroppo, troppe volte si usa la scappatoia del patteggiamento per accelerare i processi con l’unica conseguenza che i colpevoli restano impuniti e i famigliari delle vittime si sentono colpiti due volte, senza quella “congruità della pena”prevista dal art.444 del codice di procedura penale. Abbiamo bisogno di uno Stato che non abdichi al proprio ruolo e alla propria funzione e sia garante della tutela dei cittadini.

Paolo Bonafè

Più attenzione all’igiene pubblica per debellare il fenomeno ratti a Venezia

Di fronte al fenomeno della proliferazione dei colombi e dei ratti sembra ci sia una presa d’atto da parte di una pluralità di soggetti,decisi a mettere in atto una gamma diversificata di azioni,indispensabili per affrontare un problema complesso causato da una pluralità di fattori. La preoccupazione nasce da un rischio sanitario: è confermato che la presenza di topi e colombi rappresenti il viatico alla trasmissione di malattie infettive pericolose per l’uomo. Questo si accompagna ad un allarme per il danno monumentale causato dal “guano” dei piccioni che, combinato con lo smog, crea una miscela che imbratta e corrode i marmi e le pietre dei monumenti e delle abitazioni. Se per i colombi l’Amministrazione Comunale sta intervenendo in modo sistemico,con risultati incoraggianti,il soprannumero dei topi rappresenta un problema secolare per Venezia. Le cause vanno rintracciate nella particolare conformazione della città, inserita nella laguna,nel suo sistema fognario,nel sistema di raccolta dei rifiuti,nella carente igiene urbana. A questi fenomeni non va escluso l’impatto dei milioni di turisti che affollano Venezia e che vanno educati ad un uso più rispettoso della città. La consuetudine di pubblici esercizi e di privati cittadini a depositare, in orario notturno,nelle calli e nelle fondamenta sacchi di immondizie, rappresenta una fonte di cibo per i topi e per gli altri animali randagi. Pertanto,unitamente all’impegno di VERITAS-VESTA,va sviluppata un’azione di responsabilizzazione nei confronti dei cittadini, affinché considerino che il mondo fuori della nostra porta di casa non è un altro mondo, ma quello più prossimo e la nostra qualità di vita dipende anche dai nostri piccoli gesti quotidiani.

Paolo Bonafè

Anche i nostri stili alimentari possono salvaguardare l’ambiente

Già ad aprile di quest’anno avevo evidenziato quanto emerso da un interessante studio commissionato dalla Coldiretti, nel quale si evidenzia come anche i nostri stili alimentari possano aiutare a salvaguardare l’ambiente. In questo studio viene messa in correlazione la provenienza dei cibi con la produzione di anidride carbonica prodotta dai mezzi di trasporto che servono per la loro movimentazione. Oggi che viviamo la globalizzazione dei mercati diviene facile trovare sui banchi del supermercato frutta ed alimenti che provengono da luoghi molto distanti dal nostro. Sembrerà strano ma tali studi (presentati al recente Forum Internazionale su “Territorio e clima: prospettive e soluzioni per l'energia del futuro”) evidenziano come un pasto contenente piatti “a lunga distanza” sia in grado di liberare 170 chili di CO2. Cioè portare sulle nostre tavole cibi come la carne argentina (36 chili), le suine sudafricane (26 chili), il riso thailandese (27 chili), gli asparagi spagnoli (6 chili), le pere argentine (36 chili) e il vino rosso cileno (39 chili) comporta liberare nell’atmosfera chili e chili di CO2. Negli Usa, è stato dimostrato che un chilo di mele importato consuma cinque volte più energia di quelle locali, in Germania hanno evidenziato che usando prodotti agricoli regionali è possibile ridurre del 70 per cento il consumo di trasporto incorporato in un vasetto di 150 grammi di yogurt alla fragola, mentre in Inghilterra è stato dimostrato che i chilometri percorsi dai prodotti alimentari sono aumentati in venti anni del 76 per cento. In Italia questo avviene anche senza che il consumatore abbia un aggravio di costi. A tal scopo, necessiterebbe, che da parte del Governo e dell’Associazione Consumatori fosse avviata una seria indagine per capire le motivazioni che vedono il quadruplicamento de prezzi dal produttore al consumatore finale unita all’impegno di ognuno di noi, perché sulle nostre tavole arrivino cibi più genuini, più convenienti e soprattutto con minor impatto ambientale. A questo si dovrebbe unire l’impegno delle Pubbliche Amministrazioni, perché nelle mense scolastiche ed ospedaliere siano somministrati solo cibi che abbiano una provenienza locale certificata. Sul piano operativo mi risulta che la Coldiretti abbia già avviato una serie di iniziative quali: l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza dei cibi in vendita; accordi con le aziende della grande distribuzione perché creino delle aree specifiche, dove i clienti possano trovare gli alimenti locali; la promozione delle vendita diretta degli agricoltori in “farmers market”, fino alla inaugurazione di osteria a “chilometri zero”.
Quindi, anche grazie ad una nostra migliore educazione alimentare, possiamo tutelare l’ambiente e le nostre tasche.

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

L’effetto Grillo sul panorama politico italiano

Qualcuno ha scritto e detto che poteva avvenire solo in Italia che a dover parlare di cose serie fosse un comico, ma tant’è che dopo l’8 settembre 2007 la politica italiana non sarà più la stessa. Questo non solo per gli obbiettivi che tale manifestazione si era prefissata; ma soprattutto perché sono scesi in piazza migliaia di cittadini, che da tempo si erano allontanati dalla politica, e tantissimi giovani, soprattutto ventenni, che hanno curato l’organizzazione dell’evento, allestendo ben 200 banchetti, in altrettante piazze d’Italia. Per questo la manifestazione di sabato 8 settembre deve essere valutata, non solo per capire quanto “peso” potrebbe avere un movimento politico guidato da Beppe Grillo, ma soprattutto per le modalità con le quali è stata organizzata e per la notevole partecipazione di popolo. Infatti, sbaglieremmo se pensassimo che questo successo è stato determinato solo dall’uso di nuove tecnologie comunicative o dall’uso del WEB; il successo della manifestazione è soprattutto dovuto al diffuso malcontento che l’opinione pubblica cova verso l’attuale classe politica italiana. Il risultato delle indagini giornalistiche sui privilegi detenuti dalla “casta” (in un periodo storico dove molti italiani stanno “stringendo la cinghia”) e l’aver scoperto che siedono in parlamento tanti pluri-condannati è solo la punta dell’iceberg. Gli elettori sentono i politici troppo lontani dalle loro esigenze più semplici, impegnati in lotte politiche interne per la leadership di questo o quel partito (o schieramento) od intenti a discutere di nuove leggi elettorali, che servono solo a garantire poltrone e potere alla miriade di partiti che esistono in Italia.
Come può essere, infatti, comprensibile il fatto che si perda tempo nel discutere di una nuova legge elettorale (che verrebbe utilizzata in ipotetiche votazioni politiche del 2009/2010), quando, su questo tema, è già stato avviato un percorso referendario, voluto e sottoscritto da ben 800.000 cittadini e che dovrebbe concludersi con il voto nella primavera 2008, nel quale si chiede di modificare l’attuale legge elettorale nella direzione della semplificazione politica (in un sistema politico bipolare), dove si toglie il potere di discernimento alle segreterie politiche e dove chi si candida lo fa per svolgere una funzione di servizio al proprio territorio e non per dover essere comunque eletto, come paracadutato in collegi vincenti. Il tutto nel pieno rispetto della volontà popolare, già espressa con il voto nel 1993 e poi completamente disattesa dagli allora (ed attuali) politici ed in linea (o meglio integrabile) con quanto richiesto anche dai 300.000 sottoscrittori del V-DAY.
Chi vive in mezzo alla gente capisce che i cittadini chiedono soprattutto che tutte le energie “politiche” siano profuse nella ricerca di soluzioni per tutelare l’ambiente e la loro condizione economica, per limitare gli sprechi e per sentirsi più sicuri nelle proprie città ed abitazioni, per un più efficiente sistema di trasporti e per un sistema di welfare confacente alle nuove esigenze sociali. La grande forza di GRILLO è appunto quella di parlare alla gente di quello che a loro interessa, innanzitutto di ambiente, di salute, di economia e di fonti energetiche rinnovabili, utilizzando uno strumento di comunicazione politica giovane e flessibile quale è la RETE WEB, che nel futuro diverrà il primo strumento di democrazia partecipativa e di informazione giornalistica (già oggi molte testate giornalistiche hanno siti con veri e propri telegiornali web), facendo a sua volta formazione culturale, in una sua personale battaglia sulla libertà di informazione.

Paolo Bonafe’
Presidente di Laboratorio Venezia
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Il fenomeno della dipendenza da gioco: nuovo allarme sociale

Il gioco d’azzardo in questi ultimi anni sta conoscendo un’accelerazione della sua diffusione per le condizioni che lo hanno reso sempre più capillare, accessibile ed allettante.
In molti casi si tratta di un passatempo senza gravi ripercussioni, ma che ha assunto comunque dimensioni impressionanti, anche per il volume di denaro che movimenta.
C'è chi gioca per svago occasionale, c'è chi insegue un sogno di ricchezza non realizzabile, c'è chi si trova a giocare perché "deve", spinto da una dipendenza psichica che è una vera e propria malattia.
Per comprendere lo stato d’animo che pervade il giocatore d’azzardo lasciamo a Dostoevskij la descrizione più efficace, tratta dal suo romanzo Il Giocatore, “M’invase una terribile sete di rischio. Forse, passando attraverso tante sensazioni, l’anima non se ne fa sazia, fino allo spossamento, definitivo (…) Provavo solo una tremenda voluttà, di riuscita, di vittoria, di potenza, non so come esprimermi”.
A rendere più complessa la situazione attuale è la capillarità con cui i giochi elettronici, tipici dei casinò, sono distribuiti nei pubblici esercizi, con la differenza che i casinò hanno la caratteristica di essere strutture poco diffuse, di non permettere l’accesso ai minorenni e di garantire articolati sistemi di controllo sulle persone e sugli apparecchi, attraverso la taratura delle probabilità di vincita.
Rispetto ai videogiochi tradizionali, che consistono in gare di abilità e concentrazione dove l'obiettivo finale è il punteggio, i videopocker, che li hanno soppiantati, hanno come fine una vincita economica proporzionale alla puntata, del tutto indipendente dall'abilità del giocatore.
Il gioco sembra rappresentare una fuga magica rispetto alla fatica di sottostare alla vita comune, fatta di frustrazioni e di sacrifici, nell’aspettativa illusoria di una vincita definitiva, che cambi radicalmente la vita di ciascuno.
Gli esperti definiscono questo fenomeno una new addiction, cioè una nuova forma di dipendenza, come lo shopping compulsivo o la dipendenza da internet.
Quella da video-macchinetta è una delle patologie più devastanti perché comporta il rischio di instaurare un rapporto con la macchinetta di amore-odio che porta ad una completa estraniazione dalla realtà.
Nel momento in cui si instaura la dipendenza, il gioco diviene compulsivo, sfugge cioè al controllo ed alla volontà della persona; nei familiari avanzano angosciosi sospetti nel momento in cui ci si trova a fronteggiare un disagio economico, non correlabile al reddito della persona.
Il giocatore patologico non percepisce il suo comportamento come una malattia e ritiene, erroneamente, di poter smettere in qualsiasi momento, ma di fatto, per continuare a giocare anche in assenza di disponibilità finanziaria, assume comportamenti irresponsabili, accumulando debiti, ricorrendo al prestito di una finanziaria o peggio entrando nei circuiti dell’usura, immettendosi in percorsi dagli esiti di drammatica portata.
Di fronte a questo fenomeno e alle sue ricadute sociali, è la società nel suo complesso che deve interrogarsi, perché la proliferazione delle opportunità di gioco d’azzardo rappresenta l’ennesima dimostrazione che la logica del profitto ha il sopravvento sulla dimensione etica.
Sono diversi i livelli di responsabilità chiamati a concorrere per affrontare questa nuova forma di dipendenza, che necessita di interventi legislativi, normativi e tecnico-professionali.
Ma il fenomeno riguarda anche la comunità nel suo complesso, perché va promossa una sensibilizzazione sui rischi del gioco d’azzardo, che porti a considerare questo comportamento non un “vizio” ma una patologia, che necessita di cura. Questo per permettere alle persone e alle famiglie coinvolte di poter chiedere aiuto e trovare reti di sostegno e supporto.

La vita può essere capita sollo all'indietro ma va vissuta in avanti (Soren Kierkegaard)