Alcune osservazioni sulla Legge Finanziaria per il 2007

La Legge Finanziaria non è solo al centro del dibattito politico ma è anche oggetto di interesse da parte dei cittadini; ho però la sensazione che le informazioni a disposizione siano spesso confuse, parziali e di conseguenza poco utili per la comprensione di uno strumento molto complesso. Sicuramente, esistono responsabilità da parte di chi ci governa, che quotidianamente ci offre un quadro incerto e in continuo cambiamento della Finanziaria, ma anche da parte di quei settori dell’opposizione che, sconfitti dalle votazioni, vogliono usare la protesta di piazza per creare allarmismo sociale tra i contribuenti del ceto medio, che stanno soffrendo, ancor oggi, l’entrata dell’Euro e sono preoccupati di dover subire ulteriori perdite del proprio potere d’acquisto.
Lo scontro politico cui stiamo assistendo, non giova all’esercizio responsabile della democrazia: la stessa opposizione, qualora avesse vinto le elezioni, sarebbe stata chiamata ad intervenire su una oggettiva situazione di pericolo per i conti pubblici, infatti, l’ Avanzo Primario è passato dal 5,5% del PIL del 2000, allo 0,4% del PIL nel 2005. Questo ha comportato una spesa pubblica che è cresciuta a ritmi insostenibili, tanto da costringere il precedente governo a ridurre le componenti discrezionali della spesa pubblica, relativamente ai finanziamenti in conto capitale, a quelli per le infrastrutture, per le reti ferroviarie e stradali, per la ricerca e lo sviluppo. Il governo Prodi, in una situazione che poteva causare la paralisi e la chiusura dei cantieri già appaltati, ha dovuto rifinanziare (con il Decreto Bersani-Visco) di 2,8 miliardi di euro sia l’ANAS che le Ferrovie dello Stato. In un contesto di tale criticità, era improcrastinabile l’intervento sui conti pubblici: il Governo ha ritenuto di presentare una manovra finanziaria che prevedesse una mobilizzazione di oltre 33,4 miliardi di euro ( pari al 2,3% del PIL). Di queste risorse finanziarie: 5 miliardi sono destinati al grande piano dei trasporti, altri 15 miliardi sono destinati alla riduzione del deficit di bilancio, i rimanenti sono destinati ad interventi per lo sviluppo e l’equità sociale.
Questo in linea con quanto indicato dalla Comunità Europea, che chiede una correzione strutturale del debito netto pari a 1,6 punti percentuali del PIL (biennio 2006-2007) e una rimodulazione del rapporto tra il deficit e il PIL al 2,8% nel 2007. Sull’entità della manovra è legittimo esprimere opinioni diverse, ma la lettura dei dati succitati, correlati a quelli che indicano la presenza in ITALIA di un indice di povertà relativa pari al 19%, rispetto al 15% della media europea, mette in luce che siamo tra i paesi d’Europa con la più alta disuguaglianza dei redditi. L’aumento del lavoro precario e l’incremento della volatilità dei redditi, coniugato al loro livellamento verso il basso, a seguito dell’entrata in vigore dell’euro, hanno accentuato nei nuclei familiari la sensazione di vulnerabilità economica e sociale.
Operare sull’IRPEF e su gli altri indicatori economici, diviene quindi l’unico strumento a disposizione dello Stato, per aiutare coloro che vivono al limite della soglia di povertà. Questi interventi sono: la modifica delle aliquote; l’aumento della no-tax area per i dipendenti, i pensionati e gli autonomi; la riforma degli istituti a sostegno delle famiglie e per i carichi famigliari. Queste azioni, si presume, porteranno ad una diminuzione dell’imposta per i redditi medio- bassi dei lavoratori dipendenti, autonomi e dei pensionati, che rappresentano il 90% dei contribuenti italiani. Nella finanziaria sono inoltre presenti interventi che restringono le aree di precariato, quali l’aumento dei contributi sociali per i lavoratori parasubordinati e la riduzione del cuneo fiscale (la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dall’azienda e la retribuzione netta effettivamente ricevuta dal lavoratore). Questo fattore ridarà fiato alle imprese, visto che il cuneo fiscale e contributivo in Italia è pari al 47,6% del costo del lavoro, mentre in Europa il valore medio è pari al 15%. In campo sociale, sono previsti interventi per oltre 6 miliardi di euro finalizzati: al potenziamento dei fondi per l’ occupazione, all’indennità di disoccupazione; alla creazione e potenziamento dei fondi per la famiglia, per i giovani e per le pari opportunità; al rilancio della politica abitativa, con agevolazioni agli interventi di edilizia residenziale pubblica, a favore dei giovani e dei ceti meno abbienti; al rafforzamento dei servizi per la famiglia.
Pertanto, riportando il dibattito sui temi importanti della manovra, questa finanziaria può rappresentare un primo strumento, orientato a favorire azioni di cambiamento nella politica dei redditi, a garanzia di una maggiore eguaglianza sociale, che potrà realizzarsi appieno solo quando verrà debellata quell’evasione fiscale, che droga il sistema del Welfare, sottraendo risorse a coloro che veramente abbisognano d’aiuto.
Per il futuro, una strada percorribile potrebbe essere quella di adottare il sistema Americano, che prevede la completa deducibilità di tutte le spese sostenute: in quel caso ci sarebbe l’interesse da parte di ogni cittadino ad utilizzare carte di credito – bancomat – assegni e a richiedere parcelle e fatture per le prestazioni richieste. Ma già un primo passo per garantire equità fiscale, sarebbe rappresentato dal controllo incrociato dei dati fiscali, legato ad un redditometro.

Paolo Bonafè
Il Presidente di “LABORATORIO VENEZIA”

Convegno Verona – prime impressioni

Oggi è presente la consapevolezza e il senso forte di responsabilità per l’ essere stati parte di un evento, che ha avuto origine nelle nostre diocesi, nelle quali e per le quali abbiamo svolto un lavoro di raccolta delle esperienze più significative, dei segni di speranza e delle fatiche e criticità. Di questo patrimonio ricco siamo stati portavoce presenti al Convegno Ecclesiale Nazionale, luogo di sintesi, di riflessione e di ripartenza. Questo cammino, pertanto, non si è compiuto a Verona, ma da lì riparte con nuovo slancio e ci chiama a tornare alle nostre comunità, riportando l’esperienza vissuta, quale nuova linfa da mettere in circolo e condividere nelle nostre realtà ecclesiali.
Il nucleo forte e centrale è l’attenzione antropologica all’uomo, riguarda il nostro essere chiamati, in modo personale e comunitario, come testimoni, a dare ragione della nostra speranza in tutte gli ambiti in cui si declina la nostra esistenza, nella semplicità della quotidianità : nella ricchezza delle relazioni affettive e d’amore; nel ritmo del fluire dei nostri giorni fatti di lavoro e festa; nella dimensione, che tocca profondamente ognuno di noi, della fragilità; nella responsabilità della trasmissione della fede e dell’esperienza della vita cristiana; nell’impegno nella storia attraverso la cittadinanza, affinché riusciamo ad essere uomini e donne nel mondo e non del mondo.
L’esperienza di questi giorni ha messo in luce, proprio attraverso il lavoro dei 30 gruppi di studio la presenza di alcune parole chiave, straordinariamente condivise e che attraversano la Chiesa italiana:
-la centralità della parrocchia, cellula base indispensabile del nostro essere comunità, luogo della formazione, della crescita spirituale, della condivisione;
-la necessità di pensare ad una pastorale integrata, quale autentico strumento di formazione che tenga insieme tutte le dimensioni della vita dell’uomo;
-la parola “rete”, quale invito e chiamata a tutti i soggetti presenti nelle realtà ecclesiali, ad essere in sinergia fra loro, superando divisioni e rivalità, perché ognuno possa mettere a disposizione di tutta la comunità i propri carismi e la propria vocazione. Ma la rete anche come modello di relazione fra il mondo cattolico e i soggetti della società civile, con cui ci si trova ad agire nello scenario sociale.
In modo più personale, grazie anche al lavoro nei gruppi di studio, ho fatto esperienza di una chiesa ricca, “polifonica”, impegnata su una molteplicità di fronti nella vita del nostro paese. Una Chiesa, bella e autenticamente innamorata di Cristo, che forse per l’opinione pubblica è faticoso rintracciare nei discorsi ufficiali, per loro natura complessi e molto articolati.
Ho raccolto un desiderio profondo di conoscerci, di condividere esperienze, di raccontarci le fatiche, di trovare insieme parole e modi per comunicare la Speranza di Cristo all’uomo di oggi.
Ho scoperto una chiesa che si interroga, anche con sguardo critico, che chiede a se stessa stili di vita coerenti, improntati alla sobrietà, all’accoglienza, all’ascolto, al servizio, secondo lo stile della “Chiesa del grembiule”.
Ho avuto anche la gioia ed il privilegio di incrociare la spiritualità di alcune religiose, appartenenti ad ordini diversi. In tutte ho trovato una fede capace di essenzialità, di parlare direttamente al cuore dell’uomo, una ricchezza segnata da una sensibilità al femminile, che necessiterebbe di una maggiore valorizzazione nella nostra Chiesa.

Francesca Vingiani in Bonafè

Dopo la Visita Pastorale al LIDO del nostro Patriarca Angelo impegniamoci tutti per una vita migliore

La Visita Pastorale del Patriarca al LIDO nel 2005/2006 ha rappresentato un evento importante, non solo per le comunità parrocchiali, ma per la tutta la comunità dell’ isola.
Lo stimolo del Cardinale Scola di raccontarci per riconoscerci, ci ha costretto a guardare alla nostra isola, come ad un sistema complesso ed articolato costituito da fattori ambientali, antropologici, economici, infrastrutturali, sociali e relazionali.
Il Patriarca ha chiesto ai cristiani del Lido di interrogarsi profondamente e sinceramente sulla loro fede, sul loro essere comunità, ma anche sui loro rapporti con il territorio in cui abitano.
Ci ha immesso così in un percorso di consapevolezza e maturità, ci ha fatto guardare al Lido come ad un luogo privilegiato, in cui beneficiamo di una qualità della vita particolare.
In primis, la conformazione geo-morfologica dell’ isola che garantisce un insieme paesaggistico e naturalistico unico, tutelato dalla Convenzione di Ramsar del 1977, documento che ha definito tutta la nostra Laguna area tutelata e protetta; la vicinanza con il centro storico di Venezia; la stessa presenza in loco dei borghi storici di Malamocco e San Nicolò; un contesto urbano di pregio; la presenza di attrezzature turistiche e sportive di particolare qualità.
Un patrimonio importante per rilanciare la storica vocazione turistica dell’economia locale.
Dal punto di vista sociale, va riconosciuto che viviamo in un luogo dove sono assenti macrofenomeni di marginalità e di conflittualità sociale, con una buona sicurezza del territorio.
D’altro canto, non possiamo nascondere alcune criticità, quali fattori che incidono sull’esodo e il conseguente invecchiamento della popolazione: un alto costo della vita, un mercato della casa a prezzi proibitivi, un alto fattore di pendolarità, con lunghi tempi di trasporto per la terraferma; una politica sanitaria, che crea senso di insicurezza nei cittadini e che non vuole chiarire l’ambiguità tra una sanità pubblica, che vede nel tempo la diminuzione dei servizi offerti, con l’enorme possibilità di sviluppo del Polo Sanitario insito nell’area degli Istituti Ospedalieri degli Alberoni.
Bisogna proporre un modello di sviluppo, che permetta di mettere insieme, coniugandole, la vocazione residenziale e quella turistica dell’isola, in un progetto complessivo di riqualificazione. Si deve avviare un processo innovativo di costruzione di una partnership tra pubblico e privato, dove si siedano attorno ad un unico tavolo gli Enti locali, le Aziende Pubbliche, gli Enti culturali della città, l’imprenditoria locale e l’associazionismo.
L’obiettivo è quello di garantire la definizione di obiettivi e strategie condivise così che ogni soggetto possa mettere in campo, in modo sinergico e complementare, le competenze e le risorse specifiche della propria "mission" e della propria funzione, garantendo il rilancio economico e turistico dell’isola, l’attenzione al tessuto sociale e al sistema eco – ambientale.
Dal punto di vista sociale, dobbiamo anche riconoscerci portatori di una cultura complessivamente individualista e poco partecipativa, che rischia di innescare processi di delega, senso di isolamento e scarsa solidarietà.
Diventa indispensabile promuovere una cultura di identità e senso di appartenenza, individuando strumenti di progettazione partecipata, che aumentino i livelli di presenza attiva e il senso di responsabilità individuale e collettivo
Vanno attivati percorsi di valorizzazione delle risorse e delle potenzialità della comunità, affinché sia essa stessa in grado di formulare le risposte ai bisogni/problemi di cui è portatrice.
Le comunità parrocchiali e la società civile sono pertanto chiamate ad essere attori, interlocutori dialoganti, risorse reciproche, nel perseguire l’obbiettivo primario di porre l’ essere umano quale soggetto protagonista della polis cittadina.

Paolo Bonafè e Francesca Vingiani – Vicariato del Lido

Il ruolo dell’Anziano nella nostra società

Il passaggio dalla società rurale a quella urbana ed industriale, ha comportato, fra i molteplici e complessi mutamenti, anche la trasformazione della storica struttura familiare, da patriarcale a nucleare, causando una graduale perdita di ruolo sociale da parte dell’anziano. La nostra società è governata dall’ideologia dell’efficienza e dell’eterna giovinezza: conta chi produce, chi consuma, chi mantiene un fisico atletico e prestante, creando sentimenti di esclusione nella pluralità di persone che non rientrano in questi canoni. L’anziano senza riconoscimenti affettivi ed in perdita di un ruolo sociale, non riesce ad attribuire significati alla propria esistenza, non trova motivazioni che mettano in moto energie vitali e si lascia morire per inedia. Sicuramente una rete di servizi sociali efficienti ed efficaci è indispensabile a garantire funzioni di monitoraggio, di cura, e supporto agli anziani, ma per quanto siano competenti e sensibili gli operatori che vi operano, essi non possono essere chiamati a supplire alle relazioni affettive naturali, che alimentano la vita di ognuno di noi: le reti familiari, amicali, di vicinato. Dal tema dell’assistenza dobbiamo passare al tema della cultura, intesa come processo di cambiamento e di sviluppo di sensibilità, attenzioni, forme di solidarietà. Le trasformazioni sociali non si realizzano attraverso vuoti slogan, ma attraverso la condivisione di valori che superino la mentalità individualista ed egoistica, che conduce tutti alla solitudine ed all’isolamento: bambini, adolescenti, famiglie, adulti, anziani. Le cronache delle nostre città, ogni giorno, riportano ed evidenziano i drammi e le violenze che questi modelli di vita stanno provocando. Il lavoro sociale, oggi, non può essere ridotto all’assistenza, deve essere attività, cui è chiamata una pluralità di soggetti, volta alla comunità, perché recuperi e valorizzi competenze e capacità nel riconoscere le proprie fragilità e le proprie risorse, per individuare le risposte più opportune, finalizzate a rispondere alle richieste di aiuto, che essa stessa esprime. Pertanto la politica deve essere strumento progettuale ed educativo per intervenire in una Società sempre più isolante per coloro che “sono rimasti indietro nella corsa al successo” o per coloro che, oramai anziani, sono usciti dal ciclo produttivo.

Paolo Bonafè – Presidente Ass. Laboratorio Venezia

Perchè non creiamo al Lido una Istituzione dei Parchi e del verde Pubblico

Il Lido di Venezia, per le caratteristiche ambientali che lo caratterizzano, dovrebbe essere un isola a dimensione di bambino, data la presenza di molte aree verdi dove poter giocare. Questo però non è sempre possibile perché, malgrado le numerose richieste presentate da cittadini e anche dal sottoscritto, sotto forma di interrogazioni, quale consigliere comunale della passata consigliatura, sono solo due i parco giochi dell’Isola e cioè quello delle QUATTRO FONTANE (che però resta ancora inagibile a causa dei continui lavori al quale è sottoposto) e quello dell’Ex LUNA PARK. Questi due parchi sembra, però, che non posseggano tutti i requisiti di sicurezza previsti per l’uso dei giochi e per tale motivo, nel passato, sono state raccolte petizioni per metterli in sicurezza.
Queste non sono, però, le uniche aree verdi del Lido, ve ne sono altre che potrebbero essere attrezzate a parco giochi, vedi l’area ex Canadà a Malamocco, i giardini del Piazzale La Fontane, i giardini di Ca’ Bianca, l’area verde prospiciente la chiesa di Sant’Ignazio, i giardini del Casino’ e l’area di Piazzale RAVA’. Purtroppo sembra non esistere una struttura comunale che coordini per il Lido i parchi e le aree verdi e VESTA dimostra una certa difficoltà nel coordinare le molteplici funzioni ad essa attribuite. Manca soprattutto l’attenzione nella ricerca di nuovi giochi che sono già presenti sul mercato.
Per cercare di intervenire per risolvere questo problema feci in passato una proposta che ritengo tutt’ora valida e cioè quella di promuovere, assieme alla Municipalità del Lido o tramite la stessa, un organismo partecipativo che veda la presenza delle Associazioni ambientaliste e dei cittadini fruitori dei parchi (anziani e genitori), la quale abbia il compito di monitorare la situazione dei parchi, ne definisca le priorità di intervento e promuova una cultura di responsabilizzazione da parte dei fruitori. Una specie di Consulta dei Parchi e del Verde Pubblico del Lido organica alla Municipalità del Lido e da questa “ascoltata” per la “mission” alla quale viene demandata. Sicuramente questo organismo permetterà ai cittadini di non sentirsi scavalcati dalle istituzioni, agevolerà il dialogo e la costituzione di quei comitati che diverranno i soggetti interlocutori per la soluzione delle problematiche specifiche di quella parte del territorio (per il parco delle Quattro Fontane esiste già un comitato di genitori), agevolando così la partecipazione attiva e fattiva del cittadino nella politica del territorio dove risiede.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia

La creazione di un nuovo Polo Culturale-Congressuale e di un Polo Sanitario per il rilancio del Lido di Venezia

Mi permetto di intervenire sulle polemiche che anche quest’anno sono arrivate puntuali alla fine della mostra del Cinema. Da anni si parla del nuovo palazzo del cinema e dobbiamo dare merito al Governo cittadino con il Sindaco Cacciari in testa, alla Municipalità, alla Biennale, alla ASL, alla Regione e al Governo nazionale di aver innescato quel meccanismo virtuoso che, grazie alla sinergia tra più soggetti pubblici e i privati, possa prevederne la realizzazione.
In questo contesto ritengo debba inserirsi anche la riorganizzazione sanitaria, congressuale e dell’arredo urbano del Lido. L’area dell’ Ex Ospedale al Mare per la sua particolare conformazione e localizzazione si presta a divenire oltre che Cittadella del Cinema, anche una Cittadella della Cultura e un Polo Congressuale che coniughi assieme non solo La Mostra del Cinema che dura non più di un mese all’anno, ma che possa essere luogo dove, durante gli altri undici mesi dell’anno, si organizzino importanti occasioni congressuali gestite dalla Società a partecipazione comunale LIDO Eventi e Congressi ma anche importanti iniziative culturali legate all’arte, alla letteratura e alla musica gestite dalla Biennale e dal Comune.
Questo comporterebbe un doppio vantaggio. L’area in questione è di pregio sia perché è posta all’interno del centro del Lido sia perché è racchiusa divenendo facilmente controllabile, sia per quanto concerne i flussi, sia per quanto concerne la sicurezza. Con questo passaggio si libererebbero sia l’area dove attualmente è collocato il polo congressuale e la mostra del cinema, cioè il Piazzale del Casinò e i due Palazzi del Cinema ed ex Casinò, sia l’area dove attualmente insiste il monoblocco, i laboratori di analisi e radiologici, la piscina e gli uffici ASL. I benefici per la popolazione sarebbero molteplici. Per quanto concerne l’area antistante l’Ex Casinò questa non verrebbe più requisita ogni anno, causando l’isolamento dei residenti delle vie limitrofe, lo stravolgimento del traffico e l’immancabile intasamento di via Sandro Gallo.

Grazie ad un arredo urbano qualificato quest’area potrebbe trasformarsi nella nuova “Piazza del Lido”, cioè quel luogo di aggregazione sociale di cui si sente la mancanza e che non può essere Piazzetta Lepanto,troppo piccola e mal strutturata. Penso quindi a una grande Piazza con al centro una grande fontana dalla quale si diramino dei viottoli nel verde che arrivino fino agli attuali Giardini del Casinò, che hanno una forma scoscesa su due livelli tipo collinetta, eliminando sia la ringhiera e muretto che li delimita, sia la pavimentazione di cemento che è posta ai piedi dell’area alberata difronte ai bar, oggi utilizzata come parcheggio.

In quest’ottica si potrebbero ripensare all’uso dei due palazzi del Cinema e del Casino e magari con un po’ di coraggio si potrebbe anche pensare ad una loro demolizione, visto che non capisco perché il Lido non possa avere un Parco attrezzato come quello di San Giuliano (che è diventato un’importante luogo di incontro e di gita domenicale per i Mestrini), dove le mamme possano portare i bambini a giocare tra loro e gli adulti possano fare jogging. Il tutto “condito” con le due piste ciclabili che da anni aspettiamo e cioè: quella che dovrebbe unire l’area dell’Ex Ospedale al Mare con il Piazzale del Casinò e quella che dovrebbe percorrere Lungomare Marconi, dal Casinò fino alla rotatoria di via Colombo, per poi innescarsi con la Pista ciclabile quella che dovrebbe percorrere tutta via Sandro Gallo, fino agli Alberoni.
Legando queste opere ad un miglioramento dell’arredo urbano e del verde pubblico dei due lungomari così da permettere anche una migliore visione del mare.

Con il cambio d’uso dell’area Ex Ospedale ci si potrà finalmente “scrostare” di dosso la falsa ideologia che per tanti anni ha relegato il tema della sanità al Lido ad una mera battaglia di posizione tra politici locali. Dobbiamo dirci con tutta franchezza che non è vero che non esiste un polo sanitario di qualità al Lido, ovvero non è vero che non ne potrebbe esistere uno. Infatti questo polo sanitario è già oggi formato dalle strutture degli Istituti S.Camillo, Carlo Stebb e Stella Maris, questo ultimo ancora chiuso e senza una destinazione definita. Basterebbe quindi avere un po’ di coraggio e trasferire la Piscina talassoterapica, l’Elisoccorso, il Punto di Primo intervento con i relativi due letti di terapia subintensiva, i laboratori e gli uffici ASl con la trasformazione dei 20 letti di lungodegenza in letti ospedalieri, per creare un polo sanitario che serva, oltre alle popolazioni di Lido e di Pellestrina (che già ora sommate arrivano alle 25 mila unità), anche la popolazione non stanziale e turistica che ogni anno nei mesi più caldi affolla il Lido e che sfiora le oltre centomila unità. Vi sono ulteriori due fattori che propendono a favore di questa “causa”, il primo è la recente nascita della Croce Bianca del Lido e il secondo è che noi lidensi dobbiamo pretendere che se vengono investiti oltre 100 milioni di euro per un nuovo e avveniristico Palazzo del Cinema allora si possono trovare le risorse per la creazione di un polo sanitario all’altezza visto che avere una sanità qualificata al Lido diventa un biglietto da visita che può essere speso sia dagli organizzatori della Mostra del Cinema, ma anche dagli Albergatori locali, eppoi visto che la maggior parte dei lidensi non vive e non guadagna grazie al cinema e al turismo è giusto che questa fetta di popolazione venga “ricompensata in qualità sanitaria” dei disagi che subisce direttamente od indirettamente.

Il rilancio del Lido sarebbe allora compiuto e diverrebbe conseguente sia il miglioramento del sistema dei trasporti che la richiesta di nuova residenza, così da innescare un trend positivo che poterà sia ad un miglioramento dell’economia che della qualità di vita delle due isole, oggi unite in un unica Municipalità

Paolo Bonafe
Presidente Laboratorio Venezia

Venezia e l’emergenza colombi

Voglio ringraziare il Sindaco CACCIARI e l’Assessore SALVADORI perché dimostrano finalmente coraggio nell’affermare che esiste una emergenza colombi a Venezia, non solo per quanto concerne la sporcizia e i danni che con i loro escrementi portano ai monumenti cittadini, ma anche per il pericolo sanitario, diretto ed indiretto, che comporta la loro presenza.
Infatti se da un lato lo strato di guano che ogni giorno ricopre la Piazza San Marco, unito alla umidità e alla nebbia veneziana, diviene ben presto un pericolo perché rende scivolosa la superficie (non poche sono state le cadute che hanno prodotto danni fisici e fratture), dall’altro esiste un pericolo indiretto non solo per la salute dei cittadini e dei turisti, ma anche degli animali domestici. Questo lo posso dire con cognizione di causa visto che ho subito la perdita di una amata cagnolina a causa della trasmissione di pidocchi da parte dei colombi. Grazie alla collaborazione dell’allora consigliere di quartiere Pezzoli, nel lontano dicembre 2000, come consigliere comunale, presentai una dettagliata interrogazione all’allora assessore all’Ambiente Cacciari (Paolo) dove facevo presente che esistono degli studi nei quali vengono messe in correlazione alcune malattie che colpiscono l'uomo e gli animali domestici, con i colombi e che voglio ricordare:
ISTOPLASMOSI: causata da funghi microscopici, che attaccano l'apparato respiratorio, provocando polmoniti;
CANDIDIASI: altro fungo che causa infezioni intestinali ed irritazioni agli organi riproduttivi delle donne;
CRIPTOCOCCOSI: anche in questo caso con danni all'apparato respiratorio, fino alla paralisi; ENCEFALITE DI SAINT LOUIS: Virus che provoca infiammazione al cervello, molto pericolosa per le persone anziane;
SALMONELLOSI: batteri che attaccano l'apparato intestinale;
PSITTACOSI: virus simile a quelli dell'influenza, che nei casi più seri degenera in polmonite;
PARASSITI ESTERNI: in prevalenza acari che proliferano tra le piume degli uccelli e provocano reazioni allergiche nell'uomo;
CLAMIDIA: che secondo un'equipe di scienziati dell'Università di Filadelfia, potrebbe essere messa in relazione con il morbo di Alzhaimer.

Tutte malattie che possono essere trasmesse, oltre che per contatto diretto, anche attraverso le feci dei volatili o tramite le polveri del "guano" essiccato, che si diffondono nell'aria
A questa interrogazione l’assessorato diede una risposta ambigua, non smentendo quanto enunciato, cercando però di sminuire il reale pericolo. I veneziani che hanno davanzali o terrazze possono constatare con mano la sporcizia che questi animali producono e le erosioni e corrosioni che subisce la pietra di rivestimento dei palazzi e delle balconate e quindi se si vuol parlare di decoro la prima azione da farsi è proprio quella evitare che il patrimonio artistico ed architettonico di questa città venga imbrattato dai rifiuti organici dei colombi e che porta l'Amministrazione nel tempo ad impiegare ingenti somme per il restauro delle opere d'arte e dei palazzi, il tutto coniugando le giuste istanze dei movimenti animalisti ed ambientalisti con il rispetto del diritto primario del cittadino che è la salvaguardia del suo diritto alla salute.

Per fare questo non serve eliminare tutti i colombi ma bisogna cercare di limitarne la riproduzione puntando su l’uso di mangimi particolari che ne riducano la “fertilità”, avviando una rigorosa politica di controllo che preveda ammende salate per quei cittadini e turisti che alimentano questi animali non rispettando le leggi e i regolamenti, così da intervenire nel processo biologico naturale, avviando però nel contempo una eliminazione degli animali che risultano malati perché sono proprio quelli i più pericolosi per i suddetti processi di trasmissione delle malattie. Il compito è chiaramente arduo ma se l’Amministrazione decide di intervenire con decisione e non come ha fatto la precedente, allora nel giro di alcuni anni questo problema potrà essere condotto a dimensioni fisiologiche e soprattutto gli stessi animali saranno più sani e quindi più belli, nella cornice della nostra piazza, che è il salotto più bello del mondo.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia

Con il Progetto Marco Polo II nuove possibilità di sviluppo per il porto di Venezia

Più volte sono intervenuto sul Vs. quotidiano per rappresentare l’enorme patrimonio naturale che rappresentano gli oltre 2000 km. di coste del nostro Paese. Patrimonio poco utilizzato berchè le città soffochino nello smog e le strade siano continuamente intasate da TIR. Basti poi pensare che un mezzo pesante standard genera 213 euro di costi in congestione, inquinamento atmosferico ed acustico ed incidenti ogni 100 Km percorsi su strada mentre sulla stessa distanza coperta via mare i costi per la collettività sono di 79 euro e che nel combinato strada-mare rispetto al combinato strada-strada si valuta un risparmio per gli operatori pari al 20%, se viene imbarcato sulla nave sia il veicolo che l’autista, contro un risparmio che può sfiorare il 40% e viene imbarcato solo il Trailer senza la motrice. Dal maggio 2006 vi è però una importante novità per la realizzazione delle Autostrade del mare e cioè l’approvazione da parte del parlamento Europeo del Programma MARCO POLO II, che è ora all’esame del Consiglio dei Ministri Europeo. Questo progetto dovrebbe divenire la specifica ed esplicita fonte di finanziamento per il trasporto Short Sea Shipping. Quattro sono i corridoi marittimi individuati, per i quali la UE prevede l’inizio di realizzazione entro il 2010 e tra questi vi sono quello dell’Autostrada dell’Europa Sud-Orientale, che collega il mare Adriatico al mar Ionio e al Mediterraneo orientale fino ad includere Cipro e quello dell’Europa Sud-Occidentale, che collega la Spagna, le Francia e l’Italia (compresa Malta) e che si raccorda con l’Autostrada del Mare Sud-Orientale.
Il MARCO POLO II nasce quindi come atto normativo all’esecuzione dei succitati percorsi di autostrade del mare e come prosecuzione ed ampliamento del MARCO POLO I, varato nel 2003.
La dotazione finanziaria è di 450 milioni di euro per il periodo 2007-2013 così ripartita: 1) Finanziamenti quali aiuto all’avviamento di nuovi servizi e al potenziamento di quelli già esistenti, mirati al dirottamento del traffico merci da strada a nave (quindi per la costruzione di nuove navi); 2) Finanziamenti Per la rimozione delle barriere strutturali al mercato del trasporto marittimo (quindi per le infrastrutture portuali e stradali; 3) Finanziamenti per lo scambio di conoscenze nel settore della logistica merci e per la promozione di metodi e di procedure avanzate nella formazione.
L’unica clausola richiesta è quella di dover “dimostrare” preventivamente le quote di traffico che si prevede di sottrarre alla gomma, attraverso lettere di intenti di operatori che si dichiarano disposti ad utilizzare la nuova linea in alternativa a precedenti itinerari tutto-strada. Questi aiuti finanziari sono comunque a fondo perduto e quindi non devono essere rimborsati se non vengono raggiunti gli obiettivi prefissati (cioè le quote previste di traffico sottratte alla strada)

Grazie a questi finanziamenti il Porto di Venezia potrebbe sviluppare ulteriormente i propri traffici e divenire nel breve periodo un importante scalo anche per le Autostrade del mare, soprattutto se verranno realizzate le due banchine per navi RO-RO nell’Area Ex SAVA di FUSINA, come già previsto dagli accordi tra il Porto e l’Amministrazione Comunale. Ma ancor più interesse dovrebbe avere la TIRRENIA di navigazione che con la fusione per incorporamento della Adriatica e la costituzione della Divisione Adriatica gestisce ora le linee che prima venivano svolte da quest’ultima che pè stata una delle prime società di navigazione a credere nelle Autostrade del MARE con le linea Trailer Ravenna-Catania, e Venezia-Catania e la linea mista trailer+pax Bari-Durazzo, ma ancor prima con le linee Trieste-Durazzo, Bari-Bar, Venezia-Bari allora sospese e che grazie a questi fondi potrebbero essere tutte riattivate, visto che la società ha una tradizione e navi idonee per queste linee.

I politici locali dovrebbero quindi sensibilizzare sia il Ministero dei Trasporti che le Società del Trasporto Marittimo (in primis quelle che già operano nel settore e nelle linee interessate) perché Venezia non perda questa importante opportunità di sviluppo, così da portare il proprio Porto e la propria economia marittima a livelli dei grandi paesi del nord Europa e soprattutto per non limitare l’economia cittadina alla esclusiva economia Turistica che farebbe divenire questa città una Disneyland e non più una città viva e produttiva.

Il segretario Regionale
Federmar/Cisal
Cap. Paolo Bonafè

La Pace come bene primario per l’uomo

In questi anni è divenuto di predominante attualità il tema del “meticciato” dei popoli. L’integrazione alla quale anche l’Italia non potrà sottrarsi (anche a causa del basso tasso di natalità), sarà inevitabile e questo grazie (o a causa) della nostra collocazione geografica di cerniera tra l’EUROPA con l’AFRICA, da una parte, e il MEDIO-ORIENTE dall’altra. Non servono statistiche o studi particolari per comprendere che vi sono centinaia di migliaia di africani che si stanno affacciando ai confini meridionali del nostro continente (basta leggere le cronache quotidiane che informano di continui sbarchi sulle nostre coste), ma non dobbiamo altresì dimenticare che vi è un altrettanto numero di persone, che provengono dai paesi dell’Est e dal Medio-Oriente, che a loro volta si affacciano ai nostri confini Orientali.
Questo esodo verso il nostro Paese deve essere compreso e condotto verso una nuova politica dell’integrazione razziale e religiosa. Per questo la politica deve saper sciogliere i nodi cruciali del nostro tempo, deve essere strumento di dialogo e confronto, di crescita umana e culturale. Oltre ai problemi di integrazione che viviamo in casa dobbiamo considerare anche i problemi di integrazione interrazziale e culturale che interessano tutta l’EUROPA. Il Medio Oriente rappresenta il focolaio, ormai perenne, di una lacerazione sanguinosa, che rischia di approfondirsi sempre più, fra il cosiddetto mondo occidentale ed il mondo islamico. C’è solo il rischio di una escalation che sembra impossibile arrestare.
A tutto questo non vi si può porre rimedio solo con la forza, bisogna fermarsi e dare spazio e voce al bisogno di pace e giustizia che sgorga dal profondo del cuore degli uomini, bisogna riconoscere che la guerra porta in sé solo morte, odio, distruzione ….che preparano solo ad un altro conflitto. La storia deve rappresentare un patrimonio di esperienza collettiva perché gli orrori non si ripetano più.

Tutti noi possiamo fare qualcosa. Dobbiamo esibire questa volontà di pace e fratellanza attraverso atti concreti, attraverso una “testimonianza“ di pensiero e di valori, lasciare da parte la demagogia e lavorare per costruire ponti di dialogo che comportino scambi di idee e la crescita della cultura di un popolo (vale anche per noi), che diviene importante per difendere le proprie tradizioni
Ognuno di noi può dimostrare la propria volontà di pace, fare un azione in direzione della stessa, smuovere le coscienze degli uomini e farli ragionare che sui valori non sono gli schieramenti che devono guidare le azioni ma, appunto, le coscienze.
Questo è un dovere che abbiamo verso i nostri figli, dobbiamo estirpare dai cuori il sentimento di rancore, iniziando dal nostro, contrastare ogni forma di intolleranza ed opporci ad ogni manifestazione di violenza. Solo così fermeremo l’ondata di fanatismo crudele che mette a repentaglio la vita di tante persone, ostacolando il progresso della pace nel Mondo. Il compito e’ arduo, ma non impossibile.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Apriamo una nuova porta di accesso alla città con la linea Ferry Boat CHIOGGIA-PELLESTRINA

Nell’articolato reticolo tracciato dalle linee di navigazione gestite da Actv, risulta evidente l’assenza di un collegamento strategico che colleghi, tramite ferry-boat , l’isola di Pellestrina con Chioggia.
In un’epoca in cui la movimentazione merci e passeggeri a livello collettivo sta assumendo sempre più importanza, si ritiene opportuno, al fine di rispondere in modo efficace alla necessità di trasporto di beni e di persone, sottoporre ad una seria analisi la proposta di istituire questa nuova linea, che garantirebbe un rapido collegamento fra l’isola e la terraferma, a tutela delle esigenze di vita e mobilità di cui sono portatori i cittadini.
L’analisi di praticabilità di tale progetto, vede già individuato l’approdo di Chioggia, all’interno del Porto Commerciale Vecchio nell’ Isola Saloni, in seno alle banchine della Darsena di “Marittima” la cui area è compresa tra il “Canal Lombardo Esterno “ ad ovest e le Ex Saline ad est, ove esiste uno scivolo, ora in disuso, per Navi Ro/Ro : il luogo è facilmente raggiungibile dai mezzi provenienti dall’hinterland di Chioggia e dalla SS Romea.
La rotta, prevista per il ferry, parte dall’uscita della darsena di Chioggia, accostando verso San Felice e mantenendo la boa di segnalazione verde sulla propria dritta. Il traverso della boa determina l’accostata per procedere verso il canale di Caroman, costeggiante tutta la diga foranea, che collega Pellestrina all’Isola di Caroman. L’approdo di arrivo sarebbe adiacente alla radice della diga, orientato per NNW, con vento di bora prossimo al traverso. Nel luogo è presente già uno scivolo e l’intera area prospiciente offre, apportando dovuti interventi architettonici e logistici, una buona ricezione per i mezzi in attesa. Poiché attualmente è raggiungibile tramite una stradina sterrata, che proviene dalla piazzetta del capolinea della linea d’autobus 11 e del pontile della linea 31, si dovrà provvedere alla asfaltatura della stessa.
Il tempo di viaggio, comprensivo dei tempi di percorrenza e delle manovre di partenza e attracco, con condizioni meteo marine ottimali e traffico portuale non impegnativo, è stimabile intorno ai 30 minuti.
La nuova linea è, pertanto, tecnicamente fattibile e di facile attuazione, tenendo conto degli interventi per l’avvio e la necessaria concertazione con gli enti interessati.
Vale la pena mettere in luce le ricadute positive che la sua realizzazione garantirebbe:una più rapida ed economica mobilità delle merci che devono raggiungere l’isola, sia per il rifornimento di negozi, di strutture di ristorazione, ma soprattutto dei cantieri e di tutte le realtà produttive che vi operano; un più rapido accesso per i cittadini ai servizi presenti nella zona di Chioggia ed in particolare alle strutture sanitarie (Ospedali di Chioggia e Piove di Sacco); una funzione facilitatrice allo sviluppo di un turismo sensibile alle bellezze naturalistiche dell’isola; l’alleggerimento del traffico pesante e di automobili private sul Tronchetto e sul Lido, ma anche sulla SS Romea e di attraversamento di Mestre e del Ponte della Libertà.
La linea dovrebbe avere un avvio sperimentale e prevederebbe l’ effettuazione di tre corse a/r alla mattina e tre corse a/r alla sera, in orari da concordare con gli operatori economici.
La nostra proposta prevede l’impiego di una motozattera che abbia una capacità di carico di 35 mezzi commerciali (equivalente a 45 auto). Se consideriamo le tariffe ora in vigore e pubblicizzate da ACTV-VELA sulla linea 17, vediamo che il costo del biglietto varia dai 15 ai 58 euro (per i pulman). Se mettiamo in correlazione questi due dati e cioè la capacità di carico con il valore del titolo di viaggio, vediamo che, ipotizzando un valore medio del biglietto in 20 euro e una previsione di trasporto di almeno 25 mezzi, si ottiene un introito a viaggio di 500 Euro, che dovrebbe essere in linea con i costi sopportati da ACTV.
Ma l’ interesse espresso dai cittadini e dalle forze economiche di Pellestrina, potrebbe mettere in moto anche nuovi modelli di integrazione e partnership fra pubblico e privato e vedere una collaborazione fra ACTV e imprenditoria locale nella gestione della linea.
La mission di Laboratorio Venezia ha proprio questo significato: aprire uno spazio che faccia circolare pensieri ed idee, favorisca il dibattito cittadino su una pluralità di temi e progettualità, favorisca la costruzione di sinergie fra soggetti diversi che ritengono di misurarsi in una dimensione di confronto fattivo, e collaborazioni costruttive.

Cap. Paolo Bonafe – Presidente Laboratorio Venezia
e Cap. Walter Barbieri – Coordinatore tavolo tecnico dei trasporti di Laboratorio Venezia

La vita può essere capita sollo all'indietro ma va vissuta in avanti (Soren Kierkegaard)