Tutti gli articoli di Paolo Bonafe'
Finalmente il via libera al nuovo protocollo fanghi
Azione Venezia esprime profondo apprezzamento per il via libera al nuovo protocollo fanghi, avvenuto ieri grazie alla firma del Ministro della Salute.
Si pone quindi la parola fine all’annosa questione che ha bloccato in tutti questi anni lo sviluppo del Porto di Venezia e che ridefinirà la classificazione degli stessi in funzione della tossicità e consentirà di poterne riutilizzare una parte, quelli classificati in “Classe A” (che col vecchio Protocollo del 1993 sono una percentuale risibile), per la ricostruzione morfologica della Laguna e non inviarli totalmente in discarica (l’isola delle Tresse, ormai al collasso).
L’entrata in vigore del Protocollo consentirà finalmente la redazione dell’atteso Piano Morfologico della Laguna, per la ricostruzione degli habitat naturali compromessi e in particolare consentirà gli scavi per il mantenimento della profondità prevista dal Porto del Canale dei Petroli, vitale per l’accessibilità del Porto e oggi in grave sofferenza.
Quella della redazione del nuovo Protocollo Fanghi è una vicenda kafkiana, paradigmatica della paralisi burocratica del nostro Paese, una storia di palleggi di responsabilità e gelosie tra gli Enti interessati (tra cui ben tre Ministeri), interferenze improprie e un ginepraio di competenze. Esprimiamo soddisfazione perché tale risultato è stato frutto di un profondo lavoro che ha visto Governo ed Azione lavorare per un fine comune. Ringraziamo il lavoro dell’Onorevole Carfagna che il 31 marzo scorso aveva incontrato le autorità portuali tutte a Marghera, con l’impegno di sollecitare tale risultato: impegno mantenuto e risultato ottenuto.
Ora possiamo guardare fiduciosi al futuro di Venezia come ZLS, riconosciuto come uno degli ultimi atti del Governo Draghi grazie appunto al lavoro della Ministra Carfagna.
Paolo Bonafè – Segretario Comunale AZIONE Venezia
Cristian Zara – Responsabile Comunicazione AZIONE Venezia
Comunità Bengalese – SUMMUM IUS, SUMMA INIURIA
Casa di Comunità – Servizi Sanitari 24h su 24 e chiusura del Giustinian
Quali progetti per Mestre, per rendere la città più viva e sicura
Su Mestre stiamo vedendo che in questo periodo vi una attenzione maggiore, rispetto al passato, per quanto riguarda il tema sicurezza e sviluppo del territorio e questo grazie all’attivismo delle associazioni territoriale di cittadini che si sono poi unite nella grande e partecipata manifestazione contro il degrado e per la sicurezza che ha avuto, grazie al grande eco, la conseguente ed immediata presa di posizione delle forze dell’ordine e della amministrazione comunale.
Da allora si vedono dei passi in avanti, ma bisogna insistere. La zona di Via Piave e della stazione necessitano di enormi piani di riqualificazione. Il progetto di fattibilità tecnico economica presentato da FS per la “nuova” stazione di Mestre, che andrebbe a collegare anche Marghera, andava in questa direzione. Vi è anche un progetto che vogliamo portare avanti che è quello dii riprendere i progetti di stazione sotterranea per la stazione di Mestre, che permetterebbe una riqualificazione della attuale area di via Trento e via Piave, a favore di maggiore verde pubblico e di luoghi di aggregazione. Mestre ha bisogno di una nuova riprogettazione urbanistica
Ma anche la rigenerazione abitativa di Mestre può essere importante per fermare il degrado, riteniamo che si debba puntare soprattutto sui giovani e nel progetto Venezia Città Campus, che potrà avere ottime ripercussioni a Mestre.
È evidente come uno studente o un giovane lavoratore che passa un anno nella nostra città possa giovare molto di più ai piccoli negozi di vicinato rispetto al turista classico che si ferma per pochi giorni, per questo è fondamentale ripartire da chi la città ed in particolare il quartiere può popolarlo e farlo vivere.
Dalla tesi di Laurea della dottoressa Giliberto emerge chiaramente come il quartiere offra tutti i servizi di prossimità facilmente accessibili e non è scontato dato che siamo assediati dai centri commerciali. Bisogna proseguire intensamente con il contrasto allo spaccio e alla microcriminalità seguendo alcune vie maestre: espulsioni dal territorio nazionale che hanno portato dei primi risultati, presidi di polizia fissi che aiutano e migliorano la sensazione di sicurezza per il cittadino ed un’azione sociale forte per aiutare le persone che cadono nel tunnel della droga.
Bisogna altresì prestare attenzione a non spostare il problema in altre zone senza effettivamente ridurlo. Però come affermato dal professor Micelli oltre al contrasto alla criminalità bisogna impegnarsi con forza per promuovere nuove forme di socialità in una zona dove il tessuto sociale si è sfaldato e le persone si sentono al sicuro solo dentro le mura di casa.
Paolo Bonafè Segretario Comunale Azione Venezia
Tommaso de Vido Responsabile Tavolo Degrado e Sicurezza Azione Venezia
Ex Ospedale al Mare ed Ex Ginecologia – Benvenuti piani di sviluppo
Le notizie che ci arrivano sulla ristrutturazione dell’area Ex Ospedale al Mare sono lusinghiere. Dopo il progetto di recupero funzionale dell’intera area ospedaliera, per adibirla a centro di ricerca, coinvolgendo nuove maestranze e investendo ingenti risorse, dei giorni scorsi, ecco ora il progetto di un nuovo polo sanitario dentro il padiglione dell’ex ginecologia con annesso parcheggio. Se questo ulteriore progetto del magnate Frank Gorthardt andasse a buon fine, vorrebbe dire che anche per la sanità lidense ci sarebbe un nuovo sviluppo. Lo si è sempre detto che, se quell’area veniva adibita alla riabilitazione o alla ricerca, ne avrebbero tratto beneficio anche i servizi sanitari, perché collegati. Dove esiste ricerca e sviluppo ci sono sempre ottimi risvolti e nuove opportunità per i territori coinvolti. La zona, come sanno bene i lidensi, è in uno stato di degrado ed abbandono dai primi anni 2000. Il progetto anticipato in Municipalità, con tanto di piano e progetto sanitario, prevede di recuperare i due piani dell’immobile ex Ginecologia e al suo interno verrebbero realizzati il reparto di Primo Soccorso (PPI), il centro analisi e prelievi, la riabilitazione, il CUP, il centro di salute mentale, l’emodialisi, la pediatria, un poliambulatorio e gli uffici amministrativi, spostando quello che ora è nel monoblocco.
L’insieme delle opere porterà certamente nuova economia nell’isola, grazie all’investimento immobiliare di 100 milioni previsto, ma anche nuova residenza, visto che sono previsti 1000 nuovi occupati, molti dei quali verranno da fuori città perché studiosi e/o scienziati di alto livello professionale. Inoltre la creazione di un polo di ricerca e sanitario sarà una ulteriore garanzia per la salute dei cittadini lidensi e non solo per il Lido. Questo grazie anche ai piani di sviluppo dell’Ospedale San Camillo IRCCS, che grazie alla sinergia tra clinica e ricerca, è sempre di più una eccellenza nazionale nella neuroriabilitazione. Crediamo che, unitamente ai grandi progetti di rilancio delle storiche strutture ricettive, al rilancio delle spiagge, della ristorazione e dello sviluppo dei vari processi di rilancio in atto, finalmente il Lido potrà riprendere il suo protagonismo nello scenario dello stesso Veneto e dell’intero Nord Est. Necessitano ora grandi progetti di nuova mobilità ( perché non riprendere il progetto di Sublagunare che ora potrebbe servire anche un eventuale e auspicabile porto a mare) Sta ora ad Ulss 3 e Comune trovare un accordo per il polo sanitario del Lido e speriamo che lo trovano presto. Veramente speriamo che il tempo del degrado per il Lido sia finito e che vi sia una nuova rinascita.
Paolo Bonafè – Segretario Comunale Azione Venezia
Mario Pizzolitto – Referente Sanità Comunale Azione Venezia
Problema commercio in Calle delle “Rasse” e plateatici
2023-05-03 Nuova Venezia Nuovi temporary shop calle rasse
AZIONE VENEZIA condivide le forti preoccupazioni degli operatori commerciali ed artigiani che operano in centro storico rispetto alla situazione di abbandono nella quale sembra esser caduta l’area di Calle delle Rasse, con vetrine chiuse da anni e senza più alcuna prospettiva. Seppur vero che si aspetta con ansia l’intervento di riqualificazione delle proprietà DANIELI pensiamo non sia possibile che il Cuore pulsante della nostra Città sia abbandonato all’assalto dei turisti, senza poter dare alcuna prospettiva ai tanti che sarebbero pronti ad investire nuovamente su tale area e quindi a ridare vita agli esercizi commerciali: una proposta per Noi fattibile potrebbe essere nel condividere con la proprietà la possibilità di attivare dei temporary shop, che sicuramente sarebbero molto apprezzati e che andrebbero a tutelare sia la proprietà che gli investitori. Giudichiamo invece positivamente la politica dell’amministrazione comunale rispetto alla concessione ai giovani degli spazi di proprietà pubblica ad affitto agevolato per l’apertura di nuove attività: questa è l’attenzione che deve esserci rispetto a quanti vogliono fare impresa.
Chiediamo infine un intervento deciso dell’amministrazione comunale rispetto alla giungla dei plateatici che stanno proliferando nelle Isole: non ci riferiamo esclusivamente ai plateatici che superano le concessioni comunali dei pubblici esercizi e che dovrebbero essere controllati “ metro alla mano” ma anche a quei negozi che incuranti delle normative comunali occupano suolo pubblico mettendo a rischio anche l’incolumità delle persone in quanto riducono di molto lo spazio pedonale delle singole aree/calli (problema che evidenziamo in modo particolare in isole altamente frequentate da turisti come in questi giorni l’Isola di Burano). Crediamo sia doveroso un deciso intervento nel rispetto dei tantissimi imprenditori/artigiani/commercianti rispettosi delle normative, affinché non debbano pagare sempre le conseguenze di questa concorrenza sleale.
Paolo Bonafè – Segretario Comunale AZIONE VENEZIA
Cristian Zara – Responsabile Area Commercio-Artigianato AZIONE VENEZIA
DL 10/2023 Sicurezza – Perché è demagogia voler eliminare la Protezione Speciale
DL 10/2023 Sicurezza – Perché è demagogia voler eliminare la Protezione Speciale
Ieri è iniziata la discussione al Senato del DL del 10/3/2023 che non vogliamo chiamare Decreto Cutro. per rispetto a quel territorio, ma Decreto sicurezza ter e che dimostra per l’ennesima volta una incapacità di saper affrontare il problema dell’immigrazione clandestina nel suolo italiano, visto che dall’ inizio del 2023 sono stati più di 20.000 gli sbarchi irregolari. Nello stesso decreto, uno degli argomenti che riteniamo più discutibile è quello di voler eliminare la “protezione speciale”, un tipo di protezione riconosciuta dalla legge italiana alle persone migranti che va ad affiancarsi e a espandere quella riconosciuta dalle leggi internazionali per le persone che sarebbero a rischio di persecuzione e gravi danni nel proprio paese. La norma è stata inserita tramite un emendamento della maggioranza che probabilmente, verrà ulteriormente modificato. Nel 2022 le persone che hanno ottenuto l’asilo politico sono state 6.161, quelle che hanno ottenuto la protezione sussidiaria 6.770 e quelle che hanno ottenuto la protezione speciale 10.865. Il 53 per cento delle richieste di protezione è invece stato rigettato. Quindi parliamo di numeri irrisori, E’ da tempo che la Lega spinge per l’abolizione della protezione speciale e anche la premier Meloni in visita in Etiopia ha fatto dichiarazioni in tal senso. Per molti esperti l’eliminazione della protezione speciale potrebbe mettere a rischio migliaia di persone, e renderebbe più caotiche le procedure di gestione dei migranti. Questa norma deve ancora passare il vaglio del Parlamento e quindi può e deve divenire oggetto di negoziato tra le forze politiche.
Non è vero, come afferma la Lega che l’eliminazione della protezione speciale porrebbe fine a una peculiarità italiana: questo è falso, perché nell’Unione Europea ben 18 paesi prevedono una protezione complementare a quelle già previste dalle norme internazionali, ovviamente con tutte le varianti previste dalle singole leggi nazionali.
Per spiegare meglio cosa si tratta bisogna chiarire che la protezione speciale è uno dei tre modi grazie ai quali una persona straniera che arriva in Italia scappando da situazioni di pericolo può ottenere la possibilità di vivere e ricevere accoglienza nel paese.
Nello specifico, quando una persona straniera entra in Italia ha diritto a richiedere protezione internazionale allo stato, e la sua domanda è esaminata dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, ovvero in un ufficio presente nelle prefetture italiane.
A seconda del tipo di domanda, la commissione può riconoscere tre tipi di protezione, oppure rigettare la domanda.
Il primo tipo di protezione è l’asilo politico, che secondo la Convenzione di Ginevra è riconosciuto alle persone che ottengono lo status di rifugiato, ovvero di quelle persona che «nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato».
Il secondo tipo di protezione è la cosiddetta “protezione sussidiaria”, che è prevista da una direttiva Europe, poi recepita dall’Italia, e si applica alle persone che potrebbero subire in caso di rimpatrio un «danno grave» (come per esempio morte, tortura o altri trattamenti inumani) o anche la minaccia derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato.
Diritto d’asilo e “protezione sussidiaria” sono le due forme di protezione riconosciute a livello internazionale.
Se la Commissione territoriale dovesse negarle entrambe, la legge italiana prevede poi un terzo tipo di protezione, che è appunto la “protezione speciale” che il governo vorrebbe abolire.
La protezione speciale è riconosciuta alle persone straniere «qualora esistano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare».
La “protezione speciale” esiste soltanto da qualche anno: in precedenza esisteva una norma simile chiamata “protezione umanitaria”, che tuttavia nel 2018 era stata praticamente abolita da Matteo Salvini, quando era ministro dell’Interno nel primo governo Conte, nell’ambito dei cosiddetti “ Decreti sicurezza”
Durante il secondo governo Conte la ministra Luciana Lamorgese aveva poi ripristinato la norma con il nuovo nome di “protezione speciale”, e con alcuni cambiamenti.
Quindi intervenire su questi temi è solo demagogia od “arma di distrazione di massa”, anche la CEI ha dichiarato che non esiste un emergenza migranti, Si deve quindi trattare questi temi che toccano il futuro e la vite di migliaia di persone con cautela e sensibilità Il meticciato dei popoli , come citava il Cardinale Scola, è il futuro di questo nostro continente, per l’ovvio motivo che la denatalità non aiuta i popoli alla autoprotezione territoriale ed è autolesionista per l’economia delle nazioni.
Paolo Bonafè
Segretario Comunale di Azione Venezia
25 aprile – una data da non dimenticare
25 aprile – una data da non dimenticare!
Non esiste una terza via tra fascismo e antifascismo, non esistono possibilità di neutralità.
Le dichiarazioni, gravissime e irricevibili, di membri del Governo, relative alla “sostituzione etnica”, ci palesano quanto sia indispensabile la celebrazione del 25 aprile, per riaffermare i valori di libertà (che non può esulare dall’accoglienza), di democrazia ( che significa integrare), di giustizia sociale ( come processo incessante e continuo) in un quadro storico e sociale in continuo cambiamento.
La data del 25 aprile è ricorrenza che deve riunire il Paese e rivestire un baluardo di democrazia. Ancor più oggi, quindi, vi è la necessità di ribadire e difendere i valori di libertà, di democrazia, di giustizia sociale, di pace che animarono, nel suo complesso, la Resistenza. La Democrazia non va mai data per acquisita, ma va sempre, giorno dopo giorno, coltivata, affermata e realizzata. Per buona parte del secolo scorso, i partiti italiani hanno sempre avvertito la necessità di anteporre alla loro, pur diversa connotazione politica, quella di partito “antifascista”, proprio per ribadire in quale terreno affondavano le loro radici.
Citando Aldo Moro, egli considerava il termine antifascista quale elemento caratterizzante ed appunto, tratto identitario della politica italiana.
Oggi siamo davanti ad uno strisciante è inquietante revisionismo storico e le parole del Presidente del Senato sull’eccidio di via Rasella e la sua falsificazione dei fatti, sono, di per sé, un fatto gravissimo. La Resistenza italiana mostrò al mondo la volontà, l’autodeterminazione e la voglia di riscatto degli italiani, dopo anni di dittatura e di guerra di conquista. In questo giorno non si possono dimenticare i morti, sia tra i soldati che decisero di non accettare l’accordo con il dominatore, sia tra i tanti civili e partigiani che, con le loro azioni, diedero una accelerazione all’avanzata alleata, per la liberazione del Paese, e tutte le vittime dell’Olocausto e dei campi di stermino.
Oggi, rileggere le testimonianze dei martiri della Resistenza, significa mantenere e trasmettere la memoria e vivi i principi. Nulla è mai scontato, perché la storia ci mostra che l’orrore si può ripetere. Basti pensare alla guerra in Ucraina, quando mai avremmo potuto ipotizzare che, nel 2022, si potesse scatenare un conflitto così cruento nel cuore dell’Europa. Un continente che, dopo i massacri, gli orrori, la barbarie dei due conflitti mondiali, sembrava aver maturato una profonda cultura di pace. Purtroppo, la storia sembra non insegnare nulla, da parte nostra possiamo, però, mantenerne viva la memoria a favore delle nuove generazioni, anche grazie alla data del 25 Aprile. In questo giorno l’Italia non deve smettere di celebrare la Liberazione dal nazi-fascismo, nel rispetto e con la profonda gratitudine per tutti coloro che hanno dato la vita per gli ideali di libertà e democrazia.
Firmato
Paolo Bonafè Segretario Comunale Azione
Antonella Garro Segretaria Metropolitana Azione
Bisogna “inculcare” la cultura della sicurezza per evitare gli incidenti sul lavoro
Purtroppo un altro caso di tragedia sul lavoro è accaduto nella nostra provincia, nello specifico a Cona dove un lavoratore di 57 anni è deceduto a seguito delle ustioni causate dall’incendio dei suoi indumenti da lavoro, mentre svolgeva operazioni con la saldatrice. Questo è l’ennesimo caso di tanti di questo inizio anno 2023. L’INAIL ci segnala che alla data dello scorso 31 dicembre, gli infortuni denunciati nel 2022 sono stati 697.773, in aumento del 25,7% rispetto al 2021, del 25,9% rispetto al 2020 e dell’8,7% rispetto al 2019. Come fare per bloccare questa immane tragedia? In primis si deve “inculcare” la cultura della sicurezza, a partire dai datori di lavoro e poi nei dipendenti. Si intende per cultura della sicurezza, la modalità con cui le problematiche relative alla sicurezza vengono affrontate nel luogo di lavoro. Ovvero “gli atteggiamenti, le convinzioni, le percezioni e i valori condivisi dai lavoratori in relazione alla sicurezza . In altri termini, il modo in cui ogni organizzazione fa sicurezza. Innanzitutto è importante capire come vengono affrontati nelle piccole e medie aziende i mancati incidenti ( near miss), ovvero quegli eventi accaduti in occasione del lavoro, potenzialmente in grado di generare infortuni o malattie professionali ma che, in quel caso specifico (in quanto notati) non hanno causato alcun danno ai lavoratori. La cultura della sicurezza di un determinato contesto può essere valutata in termini di maturità, basandosi su come vengono gestiti e si affrontano gli incidenti, quando si verificano. Si parte dalla organizzazione interna dei preposti e responsabili alla sicurezza e si finisce con una organizzazione del lavoro ottimale, con figure chiare in aziende che investono risorse economiche e monitorizzino con i propri preposti i processi di lavoro, gli errori e le violazioni commessi dai diretti responsabili per negligenza, imprudenza e sventatezza. Gli effetti delle carenze latenti possono rimanere nascosti molto a lungo, finché non si associano a disfunzioni attive e danno luogo a un infortunio. Comunemente, la prima reazione quando un errore si trasforma in un infortunio è quella di accusare e punire la persona immediatamente responsabile, questo approccio finisce paradossalmente per peggiorare e compromettere in misura significativa la sicurezza dell’organizzazione. Reazioni di questo tipo presuppongono che l’errore sia dipeso solo dal diretto interessato e che sia ascrivibile a incompetenza, inesperienza e mancanza di impegno. Si distoglie l’attenzione dalla ricerca delle migliorie sistematiche che potrebbero ridurre l’incidenza di futuri errori. Inoltre, è probabile che accusare e punire coloro che commettono errori crei una cultura che scoraggia la comunicazione dei problemi. Quindi gli Organi di vigilanza dovrebbero fare prevenzione e sorvegliare con rigore soprattutto le aziende più piccole perché è li che si innesca il problema legato al Datore di Lavoro, che per ignoranza ( mancanza di una adeguata formazione) ritiene i costi della sicurezza un problema, cosa che non succede nelle grandi aziende, che conoscono bene i costi diretti ed indiretti che comportano un fermo lavori per incidenti. La cultura della sicurezza è quindi formazione ed informazione sulle normative di sicurezza
Paolo Bonafè
RSPP – esperto di sicurezza sul lavoro