Archivi categoria: Ambiente

Idrogeno Nuova Frontiera dell’Energia

Ad Arezzo hanno costruito un idrogenodotto, che porta il gas alle aziende del locale distretto orafo: questa energia pulita, che non sottostà alle pesanti leggi di mercato, verrà utilizzata in modo sistematico dalle aziende. L’Amministrazione cittadina prevede, anche, di portare l’idrogeno nelle case, per sostituire il metano in cucina e fornire, attraverso “fuel cell”, sia elettricità che calore. L’ulteriore salto di qualità è rappresentato dalla “Fabbrica del Sole”, azienda in cui alcuni giovani hanno investito “solo” 800 mila euro (+ 400 mila ricevuti dalla Regione Toscana), che produrrà idrogeno pulito, ottenuto non dal metano, ma dall’energia solare. La “Fabbrica del Sole” sta anche perfezionando il “solar cooling”, procedimento che, ispirandosi ai principi delle pompe di calore, trasforma il caldo in freddo, utilizzando l’idrogeno.
Dopo l’esaurimento preannunciato dei combustibili fossili, scienza e tecnologia stanno elaborando velocemente nuovi sistemi di produzione di energia ecocompatibile. L’uso dell’ idrogeno nell’industria e nella vita quotidiana, comporta una importante novità anche per la nostra città: le industrie chimiche di Portomarghera, che producono idrogeno quale scarto delle loro produzioni, potrebbero fornire energia per uso civile è industriale. E’ davvero utopistico pensare ad un futuro che veda in Portomarghera un nuovo polo legato alla produzione di idrogeno e ad energie a basso impatto ambientale?

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Il sistema THOR quale soluzione alternativa ai termovalorizzatori

La grave crisi dell’immondizia di Napoli sta evidenziando con forza come il tema del trattamento dei rifiuti rappresenti una priorità politica, non solo perchè il territorio nazionale non deve più impattare fenomeni di emergenza, ma anche per realizzare un modello di smaltimento, che trasformi i rifiuti da onere in risorsa.
In questa direzione si colloca “THOR”, sistema sviluppato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche in collaborazione con la Soc. ASSING SPA di Roma, che permette di recuperare e raffinare tutti i rifiuti, senza farli passare attraverso il ciclo della raccolta differenziata e dell’incenerimento, trasformandoli in materiali riutilizzabili, dall’elevato potere calorico e con costi presunti largamente inferiori rispetto ai termovalorizzatori. THOR è una tecnologia ideata e sviluppata in Italia, che si basa sulla raffinazione meccanica dei materiali di scarto, trattati in modo da separare tutte le componenti utili, dalle sostanze dannose. Funziona quindi come uno sminuzzatore di rifiuti fino a dimensioni microscopiche, inferiori a 10 millesimi di millimetro. Il risultato è una “poltiglia”, purificata dalle parti dannose ed inquinate di alto contenuto calorifico, utilizzabile come combustibile. Il derivato è quindi un prodotto solido o pellettizzato, oppure, attraverso il processo di “pirolisi”, un prodotto bio-olio per motori diesel.
In Sicilia è già presente questa tipologia di impianto, che tratta 8 tonn/ora, non necessita di un’ area di stoccaggio in attesa del trattamento, né di essere tenuto sempre in funzione, essendo meccanico e non termico.
E’ utile ricordare che THOR è mobile, installabile anche su navi, poiché una struttura, da 4 tonn/ora, occupa circa 300 m2 e ha un costo di 2ml di euro. Comparando i costi dei diversi sistemi di smaltimento dei rifiuti, vediamo che l’ impianto preso in esame costa 40euro/tonn, una discarica costa 100euro/tonn e un inceneritore 250euro/tonn.
A titolo esemplificativo, prendendo in esame un’ area urbana di 5000 abitanti, che produce 50 tonn/giorno, THOR potrebbe ricavare 30 tonn di combustibile, 3 tonn di vetro, 2 tonn di materiali ferrosi, 1 tonn di inerti; il resto sarebbe acqua che viene espulsa come vapore. Il prodotto che esce da THOR è sterilizzato dalle 8000/15000 atmosfere prodotte e il ciclo di smaltimento non produce odori.
C’è da chiedersi se non sia, pertanto, delineabile un modello di smaltimento dei rifiuti, che preveda l’integrazione di impianti diversificati e non percorra la sola strada dei termovalorizzatori.

Assistiamo al ritorno del nucleare

Assistiamo ad un ritorno del “nucleare”, quale risposta al problema energetico del paese, dimenticando che gli italiani, con un referendum, si sono già espressi negativamente su questo tema. L’attuale dibattito sembra assestarsi sui medesimi contenuti di 30 anni fa quando, in occasione della guerra arabo-israeliana, si innescò una crisi degli approvvigionamenti petroliferi. Uno studio effettuato dal WWF, evidenzia che nel mondo, nonostante i massicci finanziamenti pubblici degli ultimi cinquanta anni, il nucleare rappresenta solo il 6,3% dell’energia primaria utilizzata e l’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che tale contributo non aumenterà nei prossimi trenta anni. Il nostro paese, sprovvisto di fonti di uranio, dovrebbe comunque dipendere dall’estero per questa materia prima che, essendo una risorsa esauribile, potrà alimentare l’attuale struttura produttiva, solo per i prossimi settanta anni. L’ulteriore elemento di criticità è rappresentato, come sta mettendo in luce l’attuale esperienza della Francia, dai costi economici ed ambientali dello smantellamento dei vecchi impianti e dello smaltimento delle scorie. Inoltre, non è possibile dichiarare che il nucleare non produca CO2, quando le emissioni di tutta la sua filiera sono paragonabili a quelle di una centrale a gas naturale a ciclo combinato.
L’evoluzione tecnologica e scientifica oggi mostra la crucialità di percorrere nuove strade per la produzione di energia, a garanzia di un modello di sviluppo sostenibile e a basso impatto ambientale, evidenziando la necessità di utilizzare fonti differenziate ed energie rinnovabili.

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Tutela ambientale e fame nel mondo, il pericolo delle ecobenzine

Tutela ambientale e fame nel mondo, il pericolo delle ecobenzine

Il Piano energetico, approvato ad inizio anno dall’ Unione Europea, fissa per il 2010 l’obiettivo di portare al 10%, e per il 2030 al 25%, il consumo dei biocarburanti (biodiesel, bioetamolo, biomasse) per la trazione stradale. Questa strategia, volta a ridurre le emissioni inquinanti del traffico, ha in sé un elemento di forte contraddizione proprio per l’origine vegetale di tali combustibili, che derivano dalla spremitura e lavorazione di prodotti alimentari quali i semi di colza, di soia, e di girasole, oppure dalla fermentazione di prodotti agricoli quali mais, frumento ed orzo. Pertanto, se da un lato l’utilizzo di tali prodotti comporta una riduzione delle emissioni nocive a tutela dell’ambiente, dall’altro causa un aumento dei prezzi di questi prodotti, con ricadute sul costo di pasta, pane e cereali. Questo, se nei paesi europei può significare “solo” un aumento dei prezzi, nel terzo mondo ha, come drammatica ricaduta, un aumento della povertà e della fame per centinaia di milioni di abitanti del nostro pianeta. La FAO, l’ organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, che guida gli sforzi internazionali per sconfiggere la fame, ha avviato una campagna di denuncia, dichiarando l’investimento sulle ecobenzine crimine contro l’umanità, perché comporta l’affamamento dei poveri.
Questo scenario dimostra come il sistema di approvvigionamento energetico, sia connesso ad una complessità di fattori, per cui ogni scelta politica, compiuta con logiche parziali, rischi di compromettere equilibri complessi e vasti, che riguardano da vicino l’esistenza e la stessa sopravvivenza umana.

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

C’è bisogno di una nuova austerity

Ogni giorno veniamo informati dai media dell’aumento oramai irrefrenabile del costo del petrolio e di come lo stesso sia dovuto alle nuove richieste di prodotto che arrivano dai paesi emergenti asiatici e in particolare modo da Cina ed India. Chi è stato attento alle analisi fatte da tempo dai vari economisti potrà testimoniare che da tempo questi avevano sollevato preoccupazioni e come vi fosse la necessità di ripensare ai nostri consumi energetici, non solo per l’effetto serra e il relativo problema ambientale, ma anche e soprattutto, perché le risorse di greggio mondiali si stanno esaurendo. Infatti la maggior parte dei giacimenti sono stati scoperti negli anni ’60 e l’80% del petrolio che stiamo consumando è stato trovato prima del 1973 con un trend di nuove scoperte pari a un barile su quattro di petrolio consumato. Dato, inoltre, che stiamo raggiungendo la massima velocità di estrazione del petrolio e del gas naturale, gli esperti prevedono che il picco di estrazione del petrolio sarà nel 2010, mentre per il gas naturale si parla del 2020, senza considerare che la produzione di petrolio dal giacimento diventa progressivamente più difficoltosa e quindi sempre più costosa man mano che si estraggono porzioni crescenti della riserva recuperabile. Da questi dati la valutazione che le riserve mondiali di petrolio si potrebbero esaurire in circa 30 anni. Altro dato di analisi è quello che, finché solo il 19% della popolazione mondiale consumava il 50% del petrolio mondiale l’equilibrio prezzi/consumi poteva reggersi, ora che anche il colosso Asia richiede energia questo equilibrio va in pezzi. Pertanto il ripensare anche in Italia ad una nuova austerity dei consumi come negli anni 70 è quanto mai indispensabile e il blocco della circolazione totale delle auto in giorni prestabiliti servirebbe non solo per migliorare la qualità dell’aria delle nostre città, ma soprattutto per garantire una riduzione dei consumi e quindi dei prezzi dei combustibili.

Paolo Bonafè
Presidente di Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Il pericolo delle estrazioni di gas metano in Adriatico

Il pericolo delle estrazioni di gas metano in Adriatico

L’ estrazione di gas metano in Adriatico rappresenta un tema ricorrente nell’agenda della politica, perché su di esso si scontrano le posizioni inconciliabili, fra coloro che ritengono necessario attingere a quest’enorme serbatoio di gas e coloro che ne segnalano il disastroso impatto ambientale. A conferma di quest’ultima posizione, abbiamo a riscontro la mutata morfologia del litorale adriatico e gli effetti di subsidenza che, a seguito delle estrazioni, hanno già interessato la costa romagnola che quella di Chioggia.
Ne caso di Venezia dove, fino agli anni settanta le industrie di Portomarghera hanno attinto, per il loro fabbisogno industriale, alle acque delle falde sottostanti, l’ effetto di subsidenza dei fondali, verificato rapportando le carte nautiche militari degli anni 1886-1894 con quelle dell’istituto idrografico dei primi anni 70, è calcolato di ben 23 centimetri. Da qui la conseguente creazione di canali che dal SILE portassero l’acqua necessaria alle industrie Nel 2000, anno della concessione per l’estrazione, data dal governo italiano all’ENI, sono stati prodotti studi dall’Università di Padova che evidenziano come, un pompaggio di gas metano dal giacimento denominato “CHIOGGIA2”, che si estende da 2 miglia fino a 12 miglia dalla costa, provoca un effetto di subsidenza del livello marino pari a 40 cm.. L’ ulteriore conseguenza sarebbe l’erosione dei litorali sabbiosi, provocata dalla formazione di vortici e dall’ accumulo di materiale solido, dovuti alla formazione di nuove fosse ed avvallamenti marini, causati dal processo di estrazione di gas: fenomeno riscontrabile nella spiagge della zona centrale del Lido, tanto che il Consorzio Venezia Nuova sta costruendo dighe trasversali di contenimento dei depositi sabbiosi. L’effetto conseguente alla subsidenza, è l’eustatismo (innalzamento del mare), che è stato misurato in 8,8-10,5cm, con evidenti conseguenze relative al fenomeno delle «acque alte» a Venezia e a Chioggia. La subsidenza andrebbe poi ad indebolire il sistema delle «difese a mare», che si stanno ricostruendo e consolidando da alcuni anni, diminuendo o impedendo il rifacimento naturale o artificiale dei litorali e innescando processi di erosione, che confliggono con l'uso turistico-balneare delle spiagge.
Va inoltre ribadito che non esiste una tecnologia che consenta di ripressurizzare il sottosuolo, poiché la reimmissione di acqua nei giacimenti contestualmente all'estrazione di gas, interessante sul piano teorico, non risulta, in fase concreta di applicazione, efficace ad evitare i fenomeni di subsidenza e a preservare la tenuta delle faglie tettoniche, dal rischio di movimenti sismici.
Pertanto, di fronte alla criticità di questo scenario e ai molteplici fattori di rischio, cui viene sottoposto il nostro patrimonio ambientale, vanno vietate le estrazioni dai giacimenti, contigui alle coste italiane, e va monitorata l’attuale attività estrattiva delle società che hanno avuto la concessione italiana e croata (vedi ENI e INAGIP,jont-venture italo-croata). Questo prima che si attuino processi irreversibili per le coste adriatiche e per Venezia.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Come affrontare l’emergenza rifiuti

Le drammatiche immagini che provengono dalla Campania, mettono in luce quali esiti devastanti possano investire un territorio quando allo stallo e all’ immobilismo della politica, nella capacità di assumere decisioni, si somma la crisi del senso di corresponsabilità da parte dei cittadini. Nel caso di Napoli questi elementi impattano intersecano un tessuto dove, gli intrecci con la malavita organizzata, provocano una situazione complessiva di paralisi che non sembra avere sbocchi.
Qualsiasi riflessione su quanto sta avvenendo, evidenzia pertanto quanto il tema dello smaltimento dei rifiuti necessiti, per uscire da logiche emergenziali, di coniugare contemporaneamente il livello della gestione con quello della programmazione.
In contrapposizione alla situazione napoletana, viene citato da più commentatori, come esempio di buon governo, il modello veneziano.
In questo caso, le amministrazioni locali, che si sono avvicendate nel tempo, e l’azienda incaricata (vedi AMIU/AMAV/VESTA ora VERITAS) hanno saputo produrre, pur nella complessità del territorio che gestiscono, un sistema di smaltimento efficiente ed efficace, dimostrando capacità di previsione.
Un ulteriore salto di qualità va fatto nel centro storico veneziano, dove, per le specifiche caratteristiche, non è stata ancora messa a regime la raccolta differenziata dei rifiuti.
Questo passaggio richiede sicuramente un investimento aziendale, ma anche il contributo attivo da parte dei cittadini e dei turisti, nella consapevolezza che il comportamento di ciascuno nella quotidianità, nel suo effetto moltiplicatore, produce un esito che ha ricadute sulla qualità della vita di tutta la collettività.

Paolo Bonafe’
Presidente laboratorio Venezia

Contro l’inquinamento da PM10 Dobbiamo interrogarci sulle targhe alterne

Assistiamo in questi giorni al rinnovarsi delle polemiche circa l’adozione dello strumento delle targhe alterne, quale misura per la riduzione delle polveri fini. Al di là delle posizioni strumentali, è oramai accertato da una larga parte del mondo scientifico, che, l’esposizione alle polveri sottili PM10 o PM2.5, abbia effetti dannosi per la salute. Possiamo citare gli studi promossi dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità sugli effetti dell’esposizione alle polveri fini, soprattutto nei bambini (vedi Air Quality Guidelines WHO- 2006), condotti in Olanda, Francia, California ed Inghilterra: ne emerge una stretta correlazione fra la presenza di malattie respiratorie nei bambini e il loro abitare in prossimità di arterie altamente trafficate. Gli studiosi britannici, nello specifico, hanno usato come indicatori di riferimento i macrofagi, cellule mononucleate tissutali, che svolgono la funzione di inglobare nel loro citoplasma particelle estranee, compresi i microrganismi, e di distruggerle. Utilizzando questi, come marcatori di esposizione individuale al particolato derivato da combustibile fossile, hanno dimostrato come ad ogni aumento del contenuto di carbone nei macrofagi respiratori, si associava una considerevole riduzione nei parametri della funzionalità polmonare. D’altro canto, uno studio americano ha valutato l’effetto di uno sciopero di 8 mesi dei lavoratori del rame che ha comportato, approssimativamente, una diminuzione del 60% della concentrazione delle particelle di solfato sospeso nell’aria, con una ricaduta sulla popolazione che ha garantito una diminuzione consistente del tasso di mortalità. Viene così confermata la pericolosità dell’esposizione eccessiva e prolungata al PM10 e 2.5, che ha come esito un aumento della mortalità, sia nei bambini che negli adulti, una maggiore incidenza di ictus e malattie cardiovascolari. Una maggiore consapevolezza nei cittadini, può, pertanto, rendere maggiormente condivisibile lo strumento delle targhe alterne, a condizione che si inserisca in una strategia complessiva, volta al miglioramento della qualità dell’aria che respiriamo.
Paolo Bonafe’
Presidente di laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Anche i nostri stili alimentari possono salvaguardare l’ambiente

Già ad aprile di quest’anno avevo evidenziato quanto emerso da un interessante studio commissionato dalla Coldiretti, nel quale si evidenzia come anche i nostri stili alimentari possano aiutare a salvaguardare l’ambiente. In questo studio viene messa in correlazione la provenienza dei cibi con la produzione di anidride carbonica prodotta dai mezzi di trasporto che servono per la loro movimentazione. Oggi che viviamo la globalizzazione dei mercati diviene facile trovare sui banchi del supermercato frutta ed alimenti che provengono da luoghi molto distanti dal nostro. Sembrerà strano ma tali studi (presentati al recente Forum Internazionale su “Territorio e clima: prospettive e soluzioni per l'energia del futuro”) evidenziano come un pasto contenente piatti “a lunga distanza” sia in grado di liberare 170 chili di CO2. Cioè portare sulle nostre tavole cibi come la carne argentina (36 chili), le suine sudafricane (26 chili), il riso thailandese (27 chili), gli asparagi spagnoli (6 chili), le pere argentine (36 chili) e il vino rosso cileno (39 chili) comporta liberare nell’atmosfera chili e chili di CO2. Negli Usa, è stato dimostrato che un chilo di mele importato consuma cinque volte più energia di quelle locali, in Germania hanno evidenziato che usando prodotti agricoli regionali è possibile ridurre del 70 per cento il consumo di trasporto incorporato in un vasetto di 150 grammi di yogurt alla fragola, mentre in Inghilterra è stato dimostrato che i chilometri percorsi dai prodotti alimentari sono aumentati in venti anni del 76 per cento. In Italia questo avviene anche senza che il consumatore abbia un aggravio di costi. A tal scopo, necessiterebbe, che da parte del Governo e dell’Associazione Consumatori fosse avviata una seria indagine per capire le motivazioni che vedono il quadruplicamento de prezzi dal produttore al consumatore finale unita all’impegno di ognuno di noi, perché sulle nostre tavole arrivino cibi più genuini, più convenienti e soprattutto con minor impatto ambientale. A questo si dovrebbe unire l’impegno delle Pubbliche Amministrazioni, perché nelle mense scolastiche ed ospedaliere siano somministrati solo cibi che abbiano una provenienza locale certificata. Sul piano operativo mi risulta che la Coldiretti abbia già avviato una serie di iniziative quali: l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza dei cibi in vendita; accordi con le aziende della grande distribuzione perché creino delle aree specifiche, dove i clienti possano trovare gli alimenti locali; la promozione delle vendita diretta degli agricoltori in “farmers market”, fino alla inaugurazione di osteria a “chilometri zero”.
Quindi, anche grazie ad una nostra migliore educazione alimentare, possiamo tutelare l’ambiente e le nostre tasche.

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

Possiamo risparmiare energia migliorando i nostri consumi energetici

Il tema del risparmio energetico è centrale nell’attuale dibattito sulla salvaguardia dell’ambiente: è opinione oramai diffusa (come dimostra la campagna per la tutela ambientale lanciata da Al Gore negli USA): che ciascuno di noi debba impegnarsi a cambiare il proprio stile di vita, anche attraverso semplici azioni, quali quelle di acquisire nuovi comportamenti nell’uso degli elettrodomestici.
Innanzi tutto vanno acquistati quelli in classe “A” (sono previsti importanti incentivi sulla rottamazione dei vecchi), ma anche adottando degli accorgimenti per il loro utilizzo quotidiano, in particolare per quelli che prevedono un maggior consumo di energia:.
• Scaldabagno: dotarlo di un timer che lo attivi solo nelle ore notturne, prevedere che le tubature vengano protette da una guaina isolante, per evitare le dispersioni di calore attraverso il loro percorso;
• Lavatrice: utilizzarla in orario serale e notturno solo a pieno carico e a basse temperature (non è quasi mai necessario lavare a 90°C), evitando di utilizzare la funzione del prelavaggio;
• Frigorifero: non riempirlo troppo, non inserirvi pietanze ancora calde e, ovviamente, (anche se sembra banale, ma non lo è per i nostri figli) non lasciare la porta aperta per troppo tempo;
• Lavastoviglie: utilizzarla a pieno carico, a programmi a media temperatura e veloci.
Anche in salotto si può risparmiare, ottimizzando l’uso del televisore, videoregistratore e impianto hi−fi, spegnendo tutti gli apparecchi prima di andare a dormire e staccando la spina quando si dovesse restare fuori casa per un lungo periodo di tempo.
Per quanto riguarda l’illuminazione, i consigli degli esperti ci indirizzano nel scegliere lampadine a basso consumo energetico, a preferire una illuminazione diretta del tavolo, rispetto a quella diffusa, a usare paralumi trasparenti o dai colori chiari e a pulire regolarmente sia le lampadina che lo stesso paralume.
Particolare attenzione va posta al sistema di riscaldamento della casa e di coibentazione, ma anche ai comportamenti della quotidianità: come l’evitare di coprire i termosifoni, o prevedere l’arieggiamento della casa spalancando per pochi minuti le finestre (optando per quelle con vetrocamera), piuttosto che lasciarle socchiuse per lunghi periodi.
Viene pertanto richiesto a tutti noi uno sforzo importante per “rieducarci”, attraverso un percorso di cambiamento che investe il nostro quotidiano nelle abitudini e nei consumi, perché non possiamo sottrarci all’ assunzione di responsabilità: il destino della terra riguarda ognuno di noi, da molto vicino.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia
(www.laboratoriovenezia.it)