Archivi categoria: Politica

La situazione economica delle famiglie italiane e le ricette del PD

Grazie ai periodici Rapporti dell’Istat, abbiamo un monitoraggio costante sulla condizione economica delle famiglie italiane e sui cambiamenti degli stili di consumo, a fronte della crisi economica.

I dati, pubblicati in questi giorni, evidenziano come  la situazione di sofferenza coinvolga ormai tutto il ceto medio: nel 2009, la spesa media delle famiglie è diminuita complessivamente  del 1,7%, ma quella alimentare, da sola, del 3%, ad indicare come i nostri concittadini concentrino il risparmio sul carrello della spesa. Il 60% ha consumato di meno, ma in questa percentuale rientra anche un 35% che ha acquistato prodotti di qualità inferiore: d’altronde rispetto alle spese fisse, legate alla casa e alla sua gestione, è al supermercato che si può tagliare sui costi e tentare di risparmiare. Diminuisce il consumo di carne, di frutta, verdura e pane e si scelgono i prodotti in promozione o con il marchio del distributore: insomma il fare la spesa richiede scelte oculate e ragionate, un vero slalom fra prezzi e offerte.

Ma la crisi economica sta anche provocando l’aumento delle distanze sociali, accentuando le disuguaglianze e accentrando la ricchezza nelle mani del 10% delle famiglie che, da sola, detiene quasi il 45% della ricchezza del Paese. Si tratta di una situazione che radicalizza le posizioni: i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri più poveri,  mentre la classe media scivola inesorabilmente nel disagio economico. Quest’ultimo è un fenomeno che l’America conosce bene e per cui ha trovato la definizione di “working poor”, lavoratori poveri: un tempo il lavoro rappresentava una garanzia contro la povertà, oggi questo  non è più vero. Servono quindi nuove politiche per la famiglia e per il  ceto medio. Il PD non solo protesta, ma anche propone, suddividendo tale proposta in 4 ambiti: 1) riforma fiscale: per spostare il carico fiscale dal lavoro e dall’impresa ai redditi evasi e ai redditi da capitale. (tassazione di tutti i redditi con una aliquota di riferimento del 20%); aumento delle detrazioni di imposta per le donne lavoratrici; assegnazione di un contributo annuo di 3000 euro per figlio ed eliminazione dei tetti ed il “click day” all’utilizzo dei crediti d’imposta per spese in ricerca e sviluppo e per gli interventi nel Mezzogiorno; innalzare la franchigia Irap per le piccole imprese; innalzare i limiti di fatturato e patrimonio e rivedere gli studi di settore; reintrodurre la detrazione di imposta del 55% per le eco-ristrutturazioni e per il risparmio energetico. 2) Allentamento del patto di stabilità: per evitare a Regioni, Provincie e comuni pesanti tagli agli investimenti (messa a norma edifici scolastici, green economy, politiche del welfare). 3) Integrazione delle risorse per la scuola: contenimento dei costi, incentivazione al lavoro per i giovani precari, riforma del sostegno al reddito per i giovani disoccupati. 4) Riavvio delle liberalizzazioni: nel settore dell’energia, della distribuzione, dei servizi bancari, servizi professionali e nel trasporto pubblico. Il tutto accompagnato da un contrasto alla evasione fiscale grazie alla riduzione a 2000 euro del limite per la fatturazione elettronica, accertamento sintetico da redditometro, accesso selettivo alle informazioni bancarie, basta a condoni o scudi fiscali e ripristino delle sanzioni ante 2008. Soprattutto chiedendo al Governo che nella manovra non siano previsti solo tagli, ma anche investimenti per lo sviluppo, così come stanno facendo Germania e Francia, per riavviare in modo virtuoso la ripresa   

Paolo Bonafè Membro Esecutivo Provinciale

PD VENEZIA

I beni confiscati alle mafie: segni di speranza

Lo scorso 8 febbraio è stata presentata  a Roma la ricerca “ Beni confiscati alle mafie: il potere dei segni”, che propone un viaggio fra le significative esperienze, realizzate nel nostro paese, mediante la restituzione alle comunità locali  dei beni  sottratti alle organizzazioni criminali di  tipo mafioso. Dal 1982 al 2008, sono state ben 1.259 le proprietà confiscate, circa il 70% di queste sono gestite dal Terzo Settore, che ha avviato una pluralità di progetti di alto valore sociale, promuovendo e consolidando la cultura della legalità e della  partecipazione, in luoghi  storicamente in mano alla criminalità organizzata. La ricerca  prende in esame 116 progetti, di cui 31 realizzati in Sicilia  e 27 in Campania, ma essa rappresenta  un autentico viaggio dal nord al sud del paese: infatti, sorprendentemente, troviamo raccontate anche due esperienze presenti in Veneto. La prima riguarda una villa, a Campolongo Maggiore (VE), confiscata alla “Mala del Brenta”, dove l’Associazione  Affari Puliti, con il concorso degli Enti Locali, promuove un incubatore di impresa a favore di giovani. Nello stesso spazio il Comune di Campolongo, gestisce, in collaborazione con il non profit, interventi a favore di persone a rischio di esclusione sociale. La seconda esperienza la si incontra ad Erbè (VR), dove, in una parte di un complesso immobiliare ubicato in zona agricola, l’Ulss 22 ha organizzato, con il supporto del Terzo Settore, servizi e comunità a favore di persone con problemi psichiatrici o di disabilità. Una porzione è affidata all’Agesci, per la realizzazione di una base regionale, mentre  il resto dell’area è destinato alla cittadinanza come  parco urbano.  

Paolo Bonafè presidente www.laboratoriovenezia.it

Per il futuro della regione servono alleanze su obiettivi e progetti

Il dibattito politico cittadino, in questo scorcio d’estate, è vivacizzato da una proposta provocatoria di Paolo Costa, ex Sindaco di Venezia, attualmente presidente dell’ Autorità Portuale della città, ma anche influente esponente del PD, che apre alla prospettiva di un’alleanza politica PD e PDL per il governo del Veneto. L’ipotesi di Costa si fonda su due presupposti: da un lato, la sinergia già in atto fra i due partiti, per garantire la realizzazione di alcuni importanti progetti regionali relativi al sistema viario ed infrastrutturale, dall’altro, la necessità, da parte del PDL, di frenare l’avanzata della Lega, che sta mettendo in predicato la poltrona del governatore Galan e mina pesantemente il radicamento e la presenza territoriale del partito di maggioranza relativa. La proposta di Costa sembra mirare alla costruzione di un’alleanza strategica, fondata sulla condivisione di un progetto complessivo, garante dello sviluppo del nostro territorio, capace di cogliere le sfide di innovazione, che la grave crisi economica impone al sistema economico veneto. Questa proposta ricorda, per qualche verso, il laboratorio politico proposto da Cacciari, con la sua elezione a sindaco nel 2005: in quel caso però il “patto per la città” era avvenuto in sede di ballottaggio, quando l’assetto delle alleanze e delle squadre degli eletti era già formato. La proposta di Costa cade in uno scenario politico profondamente mutato, caratterizzato, in modo particolare, da una Lega ad aspirazione maggioritaria per il governo regionale, ma soprattutto, non va sottovalutata, perché pone alcune questioni di fondo sul tema delle alleanze per la definizione di strategie di sviluppo territoriale. E’ indubbio che la nostra Regione paghi un ritardo nella realizzazione delle opere infrastrutturali, indispensabili per lo sviluppo del nostro territorio e di tutta l’area del Nord Est; è altrettanto vero che la realizzazione delle grandi opere, quali il Passante, non sarebbe stata possibile se non si fosse trovato un accordo tra le forze di maggioranza e di minoranza ed infatti il Protocollo di intesa vede apposte le firme di Berlusconi, Galan, Busatto (allora Presidente della Provincia) e di Cacciari.
Sono comprensibili e condivisibili le perplessità, che la proposta di Costa ha sollevato tra alcuni esponenti del mio partito, ma va ricordato che, se il PDL è a guida della Regione, il PD ne governa importanti comuni, tra cui Venezia e un’alleanza strategica è quanto mai auspicabile per la realizzazione di quei progetti, divenuti oramai fondamentali per lo sviluppo di quest’area. Di seguito ne elenco alcuni che ritengo più prioritari di altri, quali:
• l’ultimazione del progetto TAV, con la creazione dell’HUB di Tessera e il prolungamento fino a Trieste del percorso alta velocità;
• i nuovi investimenti sul sistema mobilità: terza corsia della A4, Romea Commerciale, Camionabile e Pedemontana, autostrade del mare e autostrada viaggiante;
• il mantenimento di un polo della chimica pulita a Portomarghera, ma anche un serio ed articolato progetto di riconversione industriale, che punti, soprattutto nell’area del waterfront, allo sviluppo del Parco Tecnologico del VEGA, allo sviluppo della logistica e al trasferimento in un'unica area di tutta la cantieristica minore e maggiore;
• la realizzazione del nuovo Porto commerciale e passeggeri ( resto dell’idea che si possa pensare, in prospettiva futura, ad un porto a mare, sul tipo di quello costruito a Shanghai in Cina, non vincolato e/o limitato ai pescaggi e alle strutture delle future navi e collegato alla città tramite un tunnel Sublagunare);
• lo sviluppo del Quadrante di Tessera, come nuova area urbana ed economica della città e la completa realizzazione del Piano di Assetto Territoriale;
• la realizzazione, per Venezia e la Terraferma, del Piano Urbano della Mobilità, con lo sviluppo dei terminal.
Certamente questi progetti restano tali se non viene garantita loro la congrua copertura finanziaria, cosa che a tutt’oggi manca, basti leggere quanto previsto dal Documento di Programmazione Economica redatto dal CIPE. Su questo si gioca la credibilità dei soggetti protagonisti, rispetto alla stessa cittadinanza
Paolo Bonafè
Membro Esecutivo Provinciale PD e Responsabile Prov. Infrastrutture e Mobilità

L’equilibrio degli opposti nella parola crisi

Crisi, espressione inflazionata di questi tempi, per definire una situazione difficile e complessa, eppure questa parola ha, nel contempo, un significato aperto ad un dimensione di prospettiva ed opportunità. Il contenuto etimologico del vocabolo, che deriva dal greco, si riferisce al separare e quindi allo scegliere: il termine crisi pertanto, in questa accezione, indica una fase, che separa una maniera di essere, da un’altra differente; la crisi rappresenta così un momento di passaggio, cambiamento e scelta. Uscendo dai riferimenti della cultura occidentale, e trasferendoci nella lontana Cina, scopriamo che la parola crisi è composta da due ideogrammi: wei e ji, il primo significa problema, il secondo opportunità. Quindi, anche in culture così diverse, questa espressione include due poli, apparentemente opposti, ma che, tenuti insieme, attribuiscono senso e significato alla situazione vissuta. Le crisi, economiche e sociali, come quelle relazionali e personali, rappresentano fasi dolorose e faticose della vita di una società e dell’esistenza degli individui, ma contengono, in modo intrinseco, aspetti evolutivi e maturativi: sono molte le persone che riferiscono di essere uscite da una crisi più forti e umanamente arricchite. La crisi, per rappresentare un autentico momento di passaggio e cambiamento, richiede di essere riconosciuta, non negata nella sua reale problematicità e, in questa consapevolezza, esige la capacità di operare scelte importanti. In tale prospettiva, questo nostro tempo, caratterizzato dalla recessione economica e da un diffuso malessere sociale, è anche opportunità per costruire un modello di sviluppo migliore.

Paolo Bonafè – Presidente Laboratorio Venezia

Razzismo: eccezzione o fatto ordinario?

Oggi, sabato 13 giugno, a Roma, l’Associazione Lunaria presenta il Libro bianco sul razzismo. I curatori del volume pongono un quesito di fondo, per nulla banale, su come, nel nostro paese, gli episodi di razzismo non siano ascrivibili alla dimensione dell’eccezionalità, ma piuttosto rientrino in un approccio culturale, che investe in modo diffuso la nostra vita sociale. La ricerca, partendo dall’esame dei 319 casi che, dal 2007 all’aprile del 2009, sono entrati nelle pagine di cronaca dei nostri quotidiani, sfata l’opinione generale che definisce gli episodi di razzismo fatti isolati, non incardinati in un processo culturale che attraversa in modo complessivo il nostro paese, ma mostra come invece appartengano, purtroppo, all’ ordinarietà. Lo studio, inoltre, attraverso la rilettura del linguaggio giornalistico e delle modalità di riportare le notizie, indaga sulla rappresentazione, veicolata dai media, del fenomeno immigrazione, alimentando, attraverso l’attivazione di paure profonde, una cultura orientata al rifiuto e all’intolleranza nei confronti dello straniero. La stigmatizzazione delle persone consolida gli stereotipi, crea un corto circuito, fatto di diffidenza, pregiudizi ostilità, e favorisce un clima che ostacola qualsiasi processo, orientato alla costruzione di una società multietnica, come di fatto sta diventando quella del nostro paese, fondato sulla convivenza civile e rispetto reciproco. La preoccupazione che Lunaria segnala è forte e rappresenta un richiamo importante al reale pericolo che vede la cultura razzista permeare la vita sociale italiana.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

Per una nuova amministrazione del territorio

La progressiva attuazione del principio di sussidiarietà, attraverso il quale Stato, Regioni, Enti Locali hanno favorito e promosso il ruolo dei cittadini nello svolgimento di attività di interesse generale, ha prodotto l’ affermarsi di un nuovo modello di governo territoriale in cui, pubblica amministrazione e cittadini, singoli e associati, concorrono alla costruzione del bene comune.
In questo nuovo scenario il ruolo delle amministrazioni si è gradualmente spostato: da soggetti erogatori di beni e servizi, a soggetti chiamati a sviluppare politiche pubbliche, orientate a governare la complessità sociale. Oggi, la partecipazione dei cittadini all’organizzazione del Paese esce dallo schema di riferimento tradizionale, che relegava tale funzione al diritto di voto o all’iscrizione a partiti politici e sindacati, diventa una nuova forma cittadinanza, capace di esprimere una maggiore e diversa responsabilità. Parallelamente, anche l’amministrazione deve dotarsi di nuovi strumenti per regolare il sistema, in cui agiscono una pluralità di soggetti pubblici e privati: capacità di ascolto, di mediazione, di promozione del capitale sociale delle comunità locali, oggi capaci di grande mobilitazione. La realizzazione della TAV in Piemonte, che ha visto il coinvolgimento attivo di interi paesi contro un progetto di interesse nazionale, ma avvertito come lesivo per quello specifico territorio, è la dimostrazione di quanto sia importante costruire dialogo, modelli di decisione partecipata fra amministrazione e cittadini, mediante il coinvolgimento di tutti i soggetti portatori di interesse sulla specifica questione.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

Quale è il ruolo delle Province nel governo del territorio.

Ci apprestiamo, nel prossimo mese di giugno, ad andare alle urne per il rinnovo anche di moltissime amministrazioni provinciali: l’ente Provincia, da anni, è al centro di un dibattito nazionale che, di volta in volta, ne evidenzia il ruolo cruciale, nel sistema di governo dei territorio, o ne sottolinea l’inutilità, quale cascame di una concezione burocratica dello Stato. Una riflessione sulla funzione di questo Ente locale può, pertanto, fornirci di maggiore consapevolezza nel nostro ruolo di elettori. In questo ci supporta la normativa, che attribuisce alla Provincia una preziosa funzione di raccordo fra la fase di programmazione, competenza propria della Regione, e quella di gestione, di cui sono titolari i Comuni. La legislazione italiana, infatti, ha attribuito agli Enti locali, un assetto caratterizzato da autonomia con competenze differenziate, promuovendo, nel contempo, forme di governo associate ed integrate. Nel complesso scenario territoriale, l’azione di coordinamento della Provincia si esprime, nel rispetto del principio di sussidiarietà verticale, attraverso azioni di pianificazione degli interventi, garantendo funzioni di interesse sovra comunali, denominate di “area vasta”, garantendo, in ambiti che richiedono governo ed integrazione di politiche diverse, economie di scala, ma anche il superamento del rischio di frammentazione degli interventi e di marginalizzazione dei territori più periferici. Il livello di governo espresso dalla Provincia diviene, pertanto, strategico nella prospettiva di un processo di riequilibrio a sostegno dei singoli comuni e cruciale nella promozione dello sviluppo locale.

Paolo Bonafè

Presidente Laboratorio Venezia

Investire sui giovani, risorsa della società

Offrire ai giovani opportunità e spazio per la loro realizzazione, rappresenta, per ogni società, la capacità di garantire agli individui il diritto a sviluppare e valorizzare le proprie capacità e competenze, nel contempo, significa, anche, costruire le condizioni, per garantire a se stessa un futuro, in una continua prospettiva di sviluppo. Questo approccio mostra come l’interesse del singolo sia strettamente coniugato all’interesse della comunità, ma questa attenzione sembra poco presente nel nostro paese dove, al di là della retorica sul ruolo dei giovani, l’investimento su questo prezioso capitale umano è scarso. I fenomeni della “fuga delle intelligenze” all’estero, quello degli inserimenti lavorativi che non riconoscono le competenze e i talenti, coniugati a quello della “gerontocrazia” che regge il paese, sono indicatori di una politica miope, che non investe sulle nuove generazioni, quale risorse strategiche per garantire al nostra società crescita e sviluppo, condannandola ad un impoverimento culturale e sociale. Il rischio di una generazione di giovani che si sente esclusa dalle opportunità, che avverte il proprio futuro incerto e precario, depotenzia la società nel suo complesso. La politica è chiamata ad assumersi la responsabilità di un cambiamento di rotta, a superare la logica delle caste e dei privilegi, su cui, ad oggi, si regge ancora il nostro paese, caratterizzato da una scarsa mobilità sociale. Si chiede di passare dalle sterili politiche giovanili di settore, alla contaminazione trasversale di tutta l’azione politica con l’attenzione all’investimento a creare le classi dirigenti e l’intero tessuto sociale del prossimo futuro.

Paolo Bonafè

Il messaggio di Pace di Papa Benedetto XXVI

Il messaggio di pace di Papa Benedetto
Papa Benedetto XVI, nel tradizionale messaggio del 1°gennaio, 40°giornata mondiale della pace, intitolato Famiglia Umana, Comunità di Pace, ha voluto fortemente sottolineare la centralità della famiglia, quale paradigma e fondamento della comunità dei popoli: quest’ultima, infatti, per vivere in pace è chiamata ad ispirarsi ai valori che reggono la comunità familiare. Fra i moltissimi passaggi interessanti del messaggio, alcuni, in particolare, rappresentano un richiamo cruciale per tutta la comunità civile: nessuno di noi si trova casualmente a vivere l’uno accanto all’altro, ma stiamo tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e donne, quindi come fratelli e sorelle; la terra va considerata come casa dell’intera famiglia umana, quindi non oggetto funzionale ai nostri bisogni egoistici. Queste due sollecitazioni, da sole, rappresentano un forte appello al rispetto e alla responsabilità di ciascuno nei confronti degli altri uomini, nostri compagni di strada, e dell’ambiente, casa comune da tutelare e salvaguardare. Anche l’analisi sull’attuale assetto mondiale, caratterizzato da conflitti, guerre civili, carestie ed aumento della povertà, individua le azioni improcrastinabili da perseguire, quali un’efficace smilitarizzazione e lo smantellamento progressivo e concordato delle armi nucleari esistenti; l’intensificazione di un dialogo fra le nazioni per una gestione delle risorse del pianeta, finalizzato ad un’equa distribuzione delle ricchezze, mediante un’organizzazione economica non sottoposta all’unica e mera logica del guadagno immediato. Se per il 2009, facessimo nostri questi richiami, potremmo finalmente vivere un anno migliore, di serenità, pace e speranza.
Paolo Bonafè
Laboratorio Venezia

l’attualità della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo.

L’attualità della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo.
"Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”: è questo il primo articolo della Dichiarazione Universale Dei Diritti Dell’Uomo, adottata il 10 dicembre 1948 dall’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che, di fronte agli orrori e alle lacerazioni causati dal secondo conflitto mondiale, affermava, attraverso questa Carta, i diritti inalienabili della persona umana. Nasciamo tutti uguali e liberi, tutti gli individui hanno diritto alla vita, a un tetto, nessuno può essere vittima di tortura: questi principi fondanti esprimevano l’ideale comune da raggiungere da parte di tutti i popoli e tutte le nazioni, attraverso progressive misure di ordine nazionale e internazionale. Le più grandi aspirazioni dell’uomo erano chiamate, superato un momento storico di efferata barbarie, ad orientare l’ edificazione di un nuovo assetto mondiale. Ma, a 60 anni dalla Dichiarazione, il cammino per riconoscimento della dignità di ogni uomo non è giunto a compimento: ancora oggi centinaia di milioni di esseri umani hanno costantemente minacciati i loro diritti alla vita, alla libertà, alla sicurezza. Va preso drammaticamente atto che non vengono rispettati i principi di uguaglianza e dignità, mentre nuove barriere vengono innalzate per motivi legati alla razza, al colore, al sesso, alla lingua, alla religione, alle opinioni politiche o alla appartenenza nazionale delle persone. E’ più che mai necessario che l’anniversario della Dichiarazione, celebrato in questi giorni, non si riduca ad una formale commemorazione, ma dia impulso al recupero di una rinnovata determinazione, affinché gli stati garantiscano ai cittadini l’effettivo godimento dei diritti umani.
Paolo Bonafè
Laboratorio Venezia