Comunicato Stampa su situazione Degrado e Delinquenza su Mestre

2022-11-16 GAZZETTINO - DEGRADO MESTRE2022-11-16 NUOVA VENEZIA - DEGRADO MESTRE
La libertà è (anche) la possibilità di esercitare i propri diritti nel rispetto delle persone, delle proprietà, del pensiero. Quanto sta accadendo a Mestre, dove molti cittadini dopo una certa ora del giorno  sono di fatto “prigionieri”  delle loro abitazioni, è un triste esempio di come il degrado sociale si traduca in una limitazione  delle libertà personali. Secondo Azione Venezia una  risposta risolutiva  si potrà avere solo a fronte di una maggiore efficienza della macchina giudiziaria che assicuri certezza della pena (in tempi brevi) e deterrenza  verso il reato; nel frattempo alcune attività di prevenzione e contrasto dei comportamenti illeciti debbono comunque essere rese più efficaci tenendo conto che a Mestre oltre che ai reati “importanti”  quali  lo spaccio di droga e la violenza verso la persona, ci sono uno  stillicidio di reati minori (furto di biciclette, borseggio) nemmeno più  denunciati.  Come attuare una strategia di recupero della “vivibilità” delle zone del degrado?
In primo luogo, chiedendo a Questore e Prefetto di intensificare la presenza (diurna e notturna) delle forze a cui è affidato il compito di contrastare i reati: Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza
Poi, affidando  alla Polizia Locale un tassello fondamentale dell’opera di prevenzione: attuare verifiche continue e  a tappeto su appartamenti e B&B all’interno dei quali , grazie anche alle segnalazioni (già numerose e ripetute) dei cittadini o degli Amministratori di condominio,  è   probabile individuare  la presenza di clandestini,   l’organizzazione di attività illecite o dove sono conservate le sostanze stupefacenti; questo allo scopo  di colpire la “logistica” della attività spaccio prima che lo stesso abbia  luogo.
Alla  Polizia Locale vanno anche  chiesti gli interventi finalizzati a riportare il  decoro e il rispetto della proprietà, pubblica o privata, affinchè sia superata la sensazione  di impotenza dei cittadini rispetto a soprusi piccoli e grandi, e cresca  la fiducia nelle istituzioni e nella loro  volontà di intervento.
Per quanto concerne l’aspetto Socio-sanitario, restando nell’ambito delle compatibilità economiche ma segnando una inversione di tendenza rispetto a quanto fatto fino ad oggi, è necessario  chiedere alla Amministrazione comunale maggiori stanziamentiper gli interventi di supporto alla dipendenza  (operatori di strada, servizi sociali) e al lavoro di comunità.
Un lavoro non solo affidato, quindi, alle forze dell’ordine ma alla riattivazione delle risorse proprie di un tessuto sociale capace di integrare e sviluppare empowerment.
Una ultima considerazione sul ruolo dei comitati spontanei di cittadini che non rappresentano certo una soluzione al problema, ma vanno ascoltati con attenzione  perchè  sono i terminali sensibili di una comunità che non si vuole arrendere . E noi li ascoltiamo volentieri, perchè se “muore” un pezzo di città, “muore” tutta la città.
Paolo Bonafé Segretario Comunale di Azione Venezia
Bruno Barbadoro Giacobelli
Coordinatore Azione per la Terraferma

L’Italia è una Nazione che alle volte si scorda di essere una penisola con circa 8.000 di costa.

Da tempo, esistono delle priorità che dovranno essere affrontate senza alibi e giustificazioni dal nuovo parlamento e dal nuovo Governo, dando risposte efficienti e immediate al settore portuale marittimo, perché il Paese e il sistema Italia non possono più permettersi di attendere. In primis necessita di una cabina di regia, di uno strumento di ‘Governo’ dell’Economia del Mare, nel suo concetto più allargato, che sia sovraordinato ai singoli Ministeri e che dipenda direttamente dalla Presidenza del Consiglio. Questa non è una priorità, è un’emergenza per un Paese, che sempre di più dipenderà dal mare. Poi il sistema portuale e logistico italiano ha bisogno subito della realizzazione delle nuove infrastrutture, per adeguarlo alle sfide della competitività che questo Paese e i nostri imprenditori devono quotidianamente affrontare, puntando sulle infrastrutture di accesso ai porti (ponti, strade, viadotti, tunnel) e in opere marittime come il dragaggio dei canali. Il dragaggio è una procedura standard per i maggiori porti europei una routine attenta alle problematiche ambientali, ma pur sempre una routine. In Italia è un incubo. Il nuovo Governo dovrà puntare anche sullo snellimento delle procedure.  La semplificazione normativa non è più procrastinabile. A fronte di una semplificazione normativa giusta ed efficace, per esempio, la figura dell’agente raccomandatario marittimo, assume una posizione fondamentale per la tutela degli interessi statali, rispetto delle normative e garanzia dei terzi, a tale scopo il rinnovo della legge professionale deve imboccare una rotta prioritaria. Ultimo, ma non ultimo, Il nostro Paese deve imprimere senza esitazioni un impulso ai processi di digitalizzazione, a partire proprio dalla digitalizzazione della logistica e dalla interoperabilità dei sistemi cosiddetti PCS (Port Community Systems) in una visione sempre più integrata ed europea, esattamente come si sta facendo con ottimi risultati con il PMIS (Port Management Information System) e la futura EMSWe (European Maritime Single Window environment). Nel processo di digitalizzazione non deve essere assolutamente trascurata l’importanza della sicurezza dei sistemi informativi (Cyber Security), annoverata purtroppo tra i principali rischi per le catene del valore a livello mondiale. Come Azione Venezia cercheremo di essere al fianco di questi operatori e professionisti e faremo la nostra pressione politica,  verso i nostri parlamentari e verso il nuovo Governo che verrà,  perché l’economia non ha colore politico ma solo valenza economica.

Paolo Bonafè

Segretario Comunale Azione Venezia

Venezia, tra esodo e nuovi abitanti

2022-08-11 Corriere Spopolamento di Venezia2022-08-11 Nuova Venezia tema spopolamento 22022-08-11 Nuova Venezia tema spopolamento

Come puntualmente previsto, il centro storico sta varcando (verso il basso) la soglia psicologica dei 50.000 abitanti. Fermo restando che il tema residenzialità è drammatico e da sempre all’attenzione di Azione Venezia, riteniamo necessario leggere il fenomeno in modo razionale. Il calo di abitanti è oggi dovuto al drammatico bilancio nati/morti dovuto al progressivo invecchiamento della popolazione inevitabile conseguenza dell’esodo degli anni passati (e, diciamolo, al generale calo di natalità nel nostro Paese). In pratica, stiamo pagando una dolorosa cambiale sottoscritta nel lontano passato. Ma accanto a questo fenomeno ve n’è un altro che fornisce motivi di ottimismo: da molti mesi ormai il saldo immigrazione/emigrazione è sistematicamente positivo. Ovvero sono più le persone che (nonostante le mille difficoltà) scelgono di venire a vivere in centro storico che quelle che scelgono di andarsene. Il che significa che la città è attrattiva, nonostante le Cassandre che insistono a dire che Venezia è morta.

Ebbene, NO. Venezia può (e deve) essere ripopolata e ha le possibilità per esserlo. Fare di tutta un’erba un fascio, non distinguere i due aspetti del calo di residenti, fa il gioco – paradossalmente – di coloro che dicono che la partita è persa e tanto vale allora speculare sulle locazioni turistiche perché tanto nessuno, a Venezia, vuole venire e vivere.

Ricordiamocelo nei prossimi giorni, quando si alzerà la marea di commenti apocalittici e impotenti.

 

 

VEMARS – UNA SCUOLA DI FORMAZIONE MARITTIMA CHE NON PUO’ CHIUDERE

Venezia, città vocata al mare, Repubblica Marinara di cui ci accorgiamo solo una volta all’anno al momento del Palio, si sta impoverendo ulteriormente di una sua scuola di élite.

Sono venuto a conoscenza che i consorziati del CDA Vemars hanno messo in liquidazione questa scuola, che ha erogato in questi ultimi trent’anni,  sia i necessari corsi propedeutici all’imbarco ai diplomati nautici veneziani, sia tantissimi altri corsi di formazione per il conseguimento e il mantenimento dei titoli marittimi,  a migliaia di  ufficiali della marina mercantile italiane. 

Dispiace che questa chiusura sia determinata da questioni economiche dovute, prima dalla situazione pandemica e ora dalla mancata erogazione dei contributi annuali che il Fondo Nazionale Marittimi versa ai Centri di Formazione per il personale navigante. Questa e’ una struttura Autorizzata dal Ministero e quindi non dovrebbe essere comunque così semplice chiuderla perchè dovrebbe essere fatta una comunicazione al Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto e alla Direzione Generale per la Vigilanza sulla Autorità di Sistema.

Inoltre l’Armamento nazionale ha recentemente segnalato una criticità nell’imbarcare marittimi per carenza nelle sezioni coperta e di macchina e che nell’Area del Nord Est questa di VEMARS,  è una delle poche realtà adibite ad effettuare formazione per marittimi.

Non penso poi che tale comnunicazione se inviata agli organi competenti non diventi subito materia di AUDIT da parte di EMSA e della Direzione Generale del MIT

Personalmente ritengo veramente assurdo che gli organi preposti alla amministrazione del Sistema Portuale e di questa città (anche la neonata Fondazione Venezia) non trovino tra le pieghe del PNRR i fondi disponibili per la formazione professionale degli addetti di un settore, la marineria, che per Venezia e per l’intera penisola italiana,  dovrebbe essere una attività primaria. 

Inoltre questa scuola ha a disposizione, grazie al suo direttore Comandante Faraguna, un simulatore ed attrezzature di navigazione uniche in italia, almeno per quanto concerne la dorsale Adriatica. 

Ricordo inoltre che questa scuola erogava i corsi obbligatori, stabiliti dalla Convenzione STCW e dalle normative internazionali, in tema di sicurezza della navigazione e questa decisione creerà molti disagi al personale navigante dell’intera area lagunare e del Nord Est Adriatico. 

Va sottolineato che la formazione rappresenta un fattore di importanza basilare per la sicurezza delle persone imbarcate e per la protezione dell’ambiente marino. Va ricordato che, dai risultati delle analisi degli incidenti navali, il fattore umano rappresenta la causa principale di tali eventi.

Io confido che, con questo appello e sensibilizzazione della pubblica opinione, vi sia da parte dell’ Amministrazione Comunale / Metropolitana e della  Autorità portuale, una presa in carico immediata della situazione,  intervenendo sia sui costi di affitto della sede, situata all’ interno dell’area portuale, sia per finanziare l’avviamento dei corsi  previsti. 

La scuola si trova in una situazione di fallout per i costi, non per la mancanza di domanda, da parte dei potenziali fruitori, pertanto il contributo di aiuto delle amministrazioni, sarebbe solo temporaneo, poiché con il riavvio delle attività la scuola ritornerebbe ad auto sostenersi.

Quindi ancora più  sciocco sarebbe perdere questo patrimonio di conoscenza e competenze .

Come ex ufficiale di marina ritengo un grave errore questa miopia politica veneziana,  che nel  2004 ha già visto la perdita dell’Adriatica di navigazione , società di navigazione di preminente interesse nazionale ( operazione umanitaria in  Libano ed Albania) e portava il simbolo del leone alato sui mari

Miopia politica sarebbe quella di perdere la nostra vocazione marinara e quindi auspico con questo appello ad un sussulto di orgoglio e di un impegno della intera comunità portuale e della Amministrazione della Città Metropolitana, per far desistere il CDA  di VEMARS a mollare, non solo dando un contributo alla salvezza di questa scuola, ma anche condividendone la mission . 

Paolo Bonafé 

Segretario Comunale Azione Venezia ed Ex ufficiale di Marina

Quali soluzioni per la regolamentazione delle Locazioni Turistiche a Venezia

locazioni turistiche

Azione Venezia, in relazione alla tematica locazioni turistiche (”LT”) emersa prepotentemente in questi giorni, invita a considerare il tema in modo equilibrato evitando sia la demonizzazione dell’attività che la facile autoassoluzione della stessa.

Se, infatti, da un lato è evidente che le LT deprivano la città del patrimonio edilizio che dovrebbe essere destinato alla residenza, dall’altro le LT se adeguatamente regolamentate, possono costituire una risorsa per la città.

Azione Venezia è inoltre consapevole che la regolamentazione delle LT, pur indispensabile, rappresenta una condizione necessaria ma non assolutamente sufficiente – da sola – a contrastare il continuo dissanguamento della residenza in centro storico. Che dipende da una complessa e articolata serie di motivazioni, la maggior parte delle quali comuni a tutti i centri storici e massime di quelli a forte attrattività turistica.

Azione Venezia, tra le proposte in campo, esprime apprezzamento alla finalità dell’emendamento al decreto legge n.50/2022 nella parte dove propone di demandare al Sindaco la possibilità di consentire l’attività di locazione turistica tramite un apposito regolamento comunale fissandone il numero massimo anche a livello di zone della città.

Appare altresì non molto logico, sempre nello stesso emendamento,  prevedere anche la possibilità di limitare il numero massimo di giorni all’anno in cui locare l’appartamento. Questa è una misura deterrente che è superata dalla determinazione del numero massimo di licenze. Meglio meno licenze ma totalmente produttive piuttosto che più licenze non produttive.

Si auspica, infine, che tra i criteri per la concessione delle autorizzazioni si considerino i seguenti elementi:

– nella determinazione del numero massimo di appartamenti o posti letto ad uso turistico si faccia congruo riferimento a una percentuale sul numero degli appartamenti di residenti;

– sia posto un limite al numero massimo di appartamenti e posti letto in gestione ad un singolo soggetto, per evitare le mere speculazioni;

– se possibile, l’autorizzazione sia in preferenza accordata a residenti nel comune di Venezia.

Auspica inoltre che le LT siano considerate a tutti gli effetti, anche fiscali, attività imprenditoriale, con necessità   di P. IVA.

Da ultimo, richiama alla necessità di puntare sulla legalità, in primo luogo individuando e perseguendo gli abusi, le affittanze in nero, le presenze non dichiarate – sia per questioni di trasparenza del mercato, che per ragioni di pubblica sicurezza e fiscali. Il che potrebbe essere facilmente conseguito in tempi rapidi, mediante applicazione della Smart Control Room e mediante accordi con le Organizzazione degli operatori delle quali incrociare i dati.

 

Azione Metropolitana e Azione Comunale Venezia

22 giugno 2022

Decoro, legalità ed integrazione contro lo spaccio su Mestre

 

legalita e convivenza mestre2022-06-23 Nuova venezia Sicurezza Mestre

 

La scritta “pusher” apparsa nottetempo sopra la sedia normalmente occupata da uno spacciatore in un bar all’incrocio tra via Aleardi e via Gozzi, cuore della zona dove spaccio e consumo di droga sono spettacolo quotidiano è un grido di dolore che nasce dall’esasperazione e che non va ignorato. Bisogna aver ben presente che il pur importante presidio delle forze dell’ordine non può da solo contenere un fenomeno che coinvolge soggetti molto diversi. Se da un lato lo spaccio nella zona della Stazione di Mestre è principalmente organizzato da nordafricani refrattari a qualsiasi iniziativa di integrazione e per i quali la risposta non può che essere una costante azione di Polizia in cui vengano utilizzati senza incertezze tutti gli strumenti che la legislazione attuale mette a disposizione; dall’altro vi sono altri immigrati irregolari – sovente di origine magrebina – che mettono la propria disperazione al servizio di un piccolo ma capillare spaccio. Spesso sono proprio questi ultimi a finire sui giornali; ai margini della società, la loro vita normalmente non fa notizia eppure se fossimo in grado di prospettargli una opportunità di riscatto, probabilmente sarebbero in grado di coglierla. Sono sempre più i casi anche di aggressione da parte di baby bang Tutto questo induce nella cittadinanza un senso di insicurezza. Noi riteniamo che nessuna repressione militare  possa da sola risolvere questo problema diffuso anche in altre città.  Riteniamo invece che necessiti il lavoro certosino di integrazione degli uffici comunali, delle associazioni e delle stesse comunità etniche.

Un esempio di quanto sia importante che legalità ed integrazione siano aspetti diversi dello stesso agire, è quanto stato fatto di recente con le bande di giovanissimi (immigrati di seconda generazione, quasi tutti dell’Est Europa) che per un certo periodo hanno tenuto sotto tensione il centro di Mestre: attraverso una sorveglianza discreta delle forze dell’ordine, con un lavoro certosino di identificazione puntuale dei soggetti coinvolti ed il supporto da parte dei servizi sociali, per le iniziative volte recupero dei ragazzi la situazione oggi è finalmente cambiata, in meglio.

Vista la natalità costantemente in calo, il nostro paese avrà sempre più bisogno del lavoro di immigrati e della loro integrazione, come cittadini a tutti gli effetti, con eguali i diritti ed eguali doveri. La politica dell’emarginazione e del rifiuto creerà situazioni come quelle delle “banlieue parigine”, dove la criminalità organizzata è diventata oramai padrona dei territori.

Un segnale importante in questa direzione l’ha data la recente manifestazione di residenti bengalesi che hanno sfilato, compostamente, per chiedere miglior vivibilità nelle loro zone di residenza. La Cena condivisa di Via Piave, organizzata dalle associazioni è importante perché diventa momento comunitario e porta avanti il messaggio di integrazione ma anche da parte dei cittadini di riprendersi il proprio territorio.

La legalità prevede il rispetto delle regole condivise, ed è il primo requisito di un contratto sociale; senza legalità l’integrazione non è possibile ma anche senza integrazione non vi sarà mai completa legalità . Teniamoli sempre ben presenti: sono principi fondamentali del nostro futuro.

Paolo Bonafè, Segretario Comunale di Azione Venezia

Bruno Barbadoro Giacobelli, coordinatore per la Terraferma di Azione Venezia

UNA MIGLIORE CONDIZIONE DI LAVORO E’ POSSIBILE

Nella seduta plenaria del parlamento europeo del 6-9 giugno us è stata proposta una importante risoluzione sul tema Lavoro e sui Diritti, infatti è stata proposto di vietare i prodotti commercializzati con il lavoro forzato. Secondo le ultime stime dell’Organizzazione Internazionale sul Lavoro si parla di 25 milioni di persone che si trovano attualmente in condizioni di lavoro forzato e di 20,8 milioni in condizioni di lavoro imposto privatamente e 4,1 milioni di persone in condizioni di lavoro imposto dallo Stato. Le donne rappresentano il 61% di questa categoria. Un’altra categoria a rischio è quella composta dai lavoratori migranti. Seguono poi i bambini che risultano essere ad oggi 160 milioni in condizione di lavoro forzato. Un numero enorme che è aumentato con la pandemia. Pertanto si deve intervenire al più presto con soluzioni che intervengano sulle cause, considerando che sono 79 milioni i bambini che svolgono nel mondo lavori pericolosi e che possono mettere a repentaglio ogni giorno la loro salute, sicurezza e sviluppo. La proposta è quella in ambito UE di trattenere le merci alle frontiere quando si ritiene   che vi siano sufficienti prove che dimostrino l’utilizzo di lavoro forzato per la realizzazione o per il trasporto. Viene sbloccato solo nel caso che l’impresa sia in grado di dimostrare l’assenza adi lavoro forzato.  Ecco queste possono essere risoluzioni utili per migliore la qualità del lavoro in generale, se sono però affrontate seriamente dagli Stati membri e dai vari Governi

Paolo Bonafè

 

LA STORIA INFINITA DELL’OSPEDALE AL MARE

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2022-06-24 gazzettino ex ospedale al mare

2022-06-14 nuova venezia Ospedale al mare

Nel 2003 chiude definitivamente l’Ospedale al Mare e il presidio sanitario di Lido e Pellestrina viene ristretto nel cosiddetto Monoblocco. Il grande complesso, costruito negli anni Venti, entra nella disponibilità del Comune. Questo (Giunta Cacciari) lo cede al Fondo Est Capital nell’ambito di una grossa operazione che asseritamente darà vita a un colossale rilancio del Lido, tra cui la costruzione del nuovo Palazzo del Cinema. Ne segue un fragoroso fallimento con pesantissimo contenzioso tra il Comune e il Fondo. La Giunta Orsoni, in grave difficoltà quanto a finanze, cede il complesso a Cassa Depositi e Prestiti (CDP nel seguito) che se lo prende un po’ obtorto collo e, avendo acquisito quasi metà dell’operatore turistico TH Resorts, ne concepisce un uso ricettivo turistico. Nel frattempo, l’intero complesso versa inevitabilmente in condizioni di estremo degrado. Viene anche in qualche modo “sigillato” per evitare che diventi rifugio di sbandati. L’unico che se la passa decisamente meglio è l’arenile. Cessata l’attività antropica dell’Ospedale, grazie alla meravigliosa capacità della natura di riprendersi in fretta quello che l’uomo le lascia, (ri)diventa col tempo un sito trofico e riproduttivo per l’avifauna, analogamente a quanto avviene agli Alberoni e a Cà Roman.

Siamo, attenzione, in tempi immediatamente precedenti la pandemia. CDP mette sul tavolo un progetto che prevede la realizzazione di un complesso turistico all’interno del quale ci saranno un albergo della stessa TH Resort, un resort 5 stelle gestito da Club Med e un centro benessere privato aperto al pubblico. Verranno preservati il Teatro Marinoni e la Chiesa di Santa Maria Crescente e recuperati gli edifici costeggianti via Cipro. Nel “pacchetto” pure il recupero a uso pubblico (segnatamente sportivo) della contigua area ex Favorita. Naturalmente la spiaggia sarà destinata agli alberghi pur nel rispetto dei particolari valori naturalistici (ma sono cose che si dicono sempre, difficile..). Troverà spazio anche una Scuola Internazionale di Turismo, in prospettiva un Corso di Laurea vero e proprio di Cà Foscari, fortemente voluto dall’ex Rettore. Cinque padiglioni (su 22) verranno invece demoliti per fare spazio al resort. L’investimento, colossale (132 milioni), tutto a carico di CDP.

CDP ottiene tutti i permessi necessari, quello del Comune (che lo sposa senza riserve) e, importante, quello della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del MIBACT (Corepacu) segnatamente per la demolizione dei 5 padiglioni che (assieme agli altri 17) nel 2008 sono stati vincolati in quanto “La singolare struttura a padiglioni dell’Ospedale al Mare, come sopra descritta, si ritiene di estremo interesse nel suo insieme in quanto complesso di immobili nato con precisa finalità di servizio sanitario pubblico, che vede al suo interno interessanti esempi di architettura del primo Novecento”.

Il progetto, come sempre avviene nel nostro Paese (e massime a Venezia), riceve una serie di critiche. Ci sono coloro cui il rendering del progettato resort non piace, chi pone interrogativi sul paventato ridimensionamento dell’attuale Monoblocco, chi sul senso finanziario dell’operazione visto l’esborso tutto a carico di CDP (quindi denari pubblici). Poi critiche alla Scuola Internazionale di Turismo e c’è chi stigmatizza l’ennesima riproposizione di nuovi alberghi. Non manca altresì la preoccupazione degli ambientalisti per l’arenile e le sue ritrovate valenze ecologiche.

Sono tutte critiche con una loro ratio. Resta alla valutazione di ognuno soppesarle con ciò che sta sull’altro piatto della bilancia (ovvero, per quanto sia superfluo: il recupero di un “buco nero” nel territorio, la creazione di centinaia di posti di lavoro diretti e di indotto, il recupero di aree ad uso pubblico).

 

Ma soprattutto sull’operazione pende un ricorso al TAR di Italia Nostra. Questa lo fonda su un motivo preciso: la progettata demolizione dei citati 5 padiglioni dell’ex Ospedale che, a dire dei ricorrenti, non meritava l’approvazione da parte del Corepacu. La tesi, in sintesi, è che poiché sono vincolati, questi non sono “disponibili”: obbligo di CDP, nella fattispecie, è la loro conservazione (figurarsi se può disporne la demolizione). La loro distruzione (ancorché stiamo parlando, ricordo, di soli 5 padiglioni su 22) “altererebbe irrimediabilmente il complesso monumentale sotto il profilo architettonico e paesaggistico e costituirebbe, inoltre, una inaccettabile ferita alla memoria storica dell’isola” (riporto le parole esatte dei proponenti).

Non importa che si tratti di edifici senza particolare interesse storico o architettonico, peraltro in rovina. Non fruibili né godibili dalla cittadinanza, destinati inevitabilmente al definivo collasso se questo progetto dovesse cadere. Non conta, si badi bene, il valore intrinseco del manufatto, non le sue potenzialità, non il costo di un eventuale recupero, non la possibilità di fruizione. Ma esiste, e per il solo fatto di esistere e di essere, inevitabilmente, “testimonianza” o “memoria storica” – nella fattispecie di un ambito ospedaliero del primo Novecento – deve rimanere. Anzi, nemmeno essere “alterato”.

Non vogliamo certo mettere in discussione il principio, sacrosanto, della tutela e della preservazione di monumenti e bellezze naturali. Meno che meno sindacare sull’obbligo morale del mantenimento della memoria e della conservazione delle testimonianze del passato; ma, proprio perché si tratta di un’attitudine virtuosa, deve essere esercitata in modo avveduto e ragionevole. Per tre motivi:

  1. Pena la stessa perdita di significato del concetto di tutela. Perché se bastano, come nel caso di specie, “interessanti esempi di architettura del primo Novecento” allora vale tutto. Perché tutto ciò che esiste è inevitabilmente di per sé testimonianza e memoria. Anche le famigerate Vele di Scampia diventano “esempio di edilizia popolare, sede di degrado e criminalità, rappresentativo degli anni ‘60”. E i lugubri capannoni industriali, ora vuoti, dissennatamente dispersi nella nostra campagna, costituiscono senza dubbio la memoria “dell’industre operosità della popolazione veneta”.
  2. Perché se non si seleziona ciò che è veramente degno di tutela, si finisce, per ovvie ragioni, con il non tutelare davvero nulla, per mancanza fisica di disponibilità finanziarie e impossibilità di valorizzare il patrimonio. Nella migliore delle ipotesi si finirebbe con il mantenere in piedi a fatica dei gusci vuoti.
  3. Perché così si nega lo stesso principio naturale e umano del “divenire”. Tutto scorre come un fiume, diceva Eraclito ed è inevitabile. Il voler artatamente mantenere tutto è concettualmente privo di senso. Venezia stessa, tutta la irripetibile magia della nostra città, è il frutto, nei secoli, di continue e coraggiose (e talvolta dolorose) distruzioni e ricostruzioni.

Tutto ciò premesso, oggi assistiamo a un colpo di scena sperabilmente interessante. CDP (forse saggiamente) sembra abbia ripensato la destinazione alberghiera in favore di un “centro biomedicale” tedesco. È un’evoluzione potenzialmente interessante a cui guardiamo con fiduciosa aspettativa. Oggi non ci sono dettagli in merito e plaudiamo dunque all’iniziativa dell’on. Federico Fornaro (LEU) che ha presentato un’interrogazione al Ministero dell’Economia per saperne di più.

Ci permettiamo di segnalare quali sono a nostro parere gli elementi chiave di valutazione dell’operazione:

1) La solidità e la sostenibilità economica del progetto (onde evitare l’ennesimo buco nell’acqua);

2) Il mantenimento e auspicabilmente il potenziamento del presidio sanitario nell’isola (che fine fa il Monoblocco?);

3) Il mantenimento (come da progetto precedente) del recupero e uso pubblico del Teatro Marinoni e della chiesa;

4) Il superamento del ricorso al TAR (ovvero se rimane l’abbattimento dei 5 padiglioni contestati) che ad oggi ha costituito uno dei motivi della situazione di stand by.

 

Ecco! Questo è il futuro !!! L’imbarcazione ad idrogeno

alilaguna hepic

 

Si tratta di  Hepic (Hydrogen Electric Passenger VenICe boat): così si chiama l’imbarcazione a idrogeno presentata durante il Salone Nautico 2021, e ripresentata in questo salone 2022, costruita da Cantieri Vizianello.

 

Si tratta senza ombra di dubbio di un caso di eccellenza a livello internazionale per il trasporto pubblico di linea per passeggeri in acque interne.

Il propulsore dell’imbarcazione è totalmente elettrico: Hepic è dotata infatti di un motore elettrico e di altri sistemi elettronici che controllano la potenza sull’asse dell’elica per generare il moto.

 

La novità essenziale è che può ricaricare le proprie batterie di bordo sia durante la navigazione, combinando l’idrogeno all’ossigeno all’interno della cella a combustibile, sia da una colonnina elettrica di rifornimento a terra.

L’idrogeno, inoltre, consente fino a cinque volte la densità di energia delle batterie agli ioni di litio; quindi garantisce un maggior numero di ore di navigazione senza la necessità di ricariche intermedie.

A Venezia c’era stato solo un prototipo in passato, “Accadue”, creato per testare il funzionamento delle celle a idrogeno, ma il mezzo era di ridotte dimensioni e trasportava solo il comandante. A differenza di Hepic, che è un mezzo reale, simile ai normali vaporetti utilizzati in città per il trasporto pubblico, Accadue aveva parecchi limiti strutturali e di utilizzo.

 

Alilaguna, una delle principali aziende operanti nel trasporto pubblico nella città di Venezia, ha sostenuto e portato a compimento l’opera.

Con Hepic si può mettere in acqua un’imbarcazione in grado di operare tutti i giorni dell’anno come fanno da decenni le imbarcazioni convenzionali a propulsione termica, ma con una tecnologia nuova ed eco-sostenibile come quella a Fuel Cell a idrogeno.

 

Si legge dal sito di Alilaguna: “Alilaguna con questo progetto intende continuare il rinnovamento della propria flotta investendo nella ricerca di soluzioni tecnologiche innovative nella propulsione navale, in grado di massimizzare le efficienze di impiego dei carburanti e diminuire il più possibile le emissioni carboniose climalteranti secondo i dettami dell’Unione Europea e con ciò tutelando, al contempo, il fragilissimo patrimonio di Venezia e della sua Laguna”.

 

# Lentezza burocratica

 

Il principale problema che ci farà ancora attendere prima di vedere queste imbarcazioni al servizio di cittadini e turisti è di natura meramente burocratica.

La normativa italiana che regola il trasporto pubblico passeggeri in acque interne non contempla ancora possibilità tecnologiche come la barca a idrogeno.

Anche a livello europeo, purtroppo, non esiste ancora un quadro di regole uniforme e condiviso tra i paesi. Cosa che invece, per quanto riguarda le automobili, già è presente.

 

Quindi per il futuro serve anche snellire le procedure di rilascio autorizzazioni e superare le lungaggini burocratiche

Una nuova politica dei trasporti a Venezia è possibile!

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Anche quest’anno il Salone Nautico è stato un’occasione per presentare nuove geometrie di scafi, nuove tecnologie di conduzione dei mezzi e soprattutto conferme e soluzioni di motorizzazioni sempre più green.  A Venezia da dieci anni stanno navigando nei canali veneziani imbarcazioni ibride,  cioè che sono dotate di un motore endotermico collegato ad un alternatore e ad un pacco di batterie,  dove il motore endotermico carica  tramite l’alternatore le batterie e quando si spegne il motore endotermico le batterie danno potenza all’alternatore e quindi alle eliche. Queste barche sono 10 e solcano i canali ed appartengono ad Alilaguna, costruite da Cantieri Vizianello, il quale cantiere ho costruito anche taxi ibridi della serie Thunder. Orbene, visto che la tecnologia è oramai consolidata e in questi anni anche molti altri cantieri si sono specializzati, anche nella propulsione elettrica, perché non si sfruttano i soldi del PNRR e della Mobilità sostenibile e non si attua una incentivazione alla rottamazione dei motori più inquinanti con motori più green? In terraferma e nelle città si sta usando il deterrente delle giornate ecologiche,  che poco fanno, a causa l’inquinamento stratificato della pianura padana, ma che inducono alla rottamazione delle auto, grazie anche  agli incentivi statali. Questo nel tempo sta portando al cambiamento del parco mezzi circolante.

Così si dovrebbe fare anche a Venezia città d’acqua!

Tipo fare un ordinanza comunale che dal 2030 in laguna non potranno circolare mezzi che non siano a basso impatto ambientale (ragionamento che non si limita alle sole motorizzazioni ma anche alle carene, per la lotta al moto ondoso )

Con la nascita della Fondazione  Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità, guidata da un veneziano come il Ministro Brunetta, con le dichiarazioni di impegno alla Sostenibilità fatte dal Sindaco Brugnaro, la città ora non ha più scuse !

Ora bisogna veramente pensare ad un percorso civico e culturale verso la transizione ecologica. Andare verso un nuovo modello di società veneziana con nuovi stili di vita, in cui l’attività antropica sia in equilibrio con la natura., dove le attività produttive siano consapevoli della sfida e tra queste,  le attività che operano con il turismo e col commercio .

Vi è il tema del decoro urbano e il tema della sensibilizzazione al mantenimento di ordine e pulizia di una città fragile ma, in primis, c’è il tema dell’inquinamento che è pericoloso, non solo per la salute dei cittadini, ma anche per i materiali con cui sono costruiti i tesori architettonici veneziani.

Per intervenire sull’inquinamento dobbiamo intervenire sui mezzi che solcano la laguna, ovvero: il trasporto pubblico, il trasporto privato , il trasporto merci, le società di servizi e di igiene urbana. Certamente anche sulle navi che arrivano e partono dal porto passeggeri e commerciale

Ovvero tutte quelle attività che si muovono sull’ acqua.

il nostro dovere è quello  di lasciare ai nostri figli e nipoti, un mondo migliore di quello che abbiamo ereditato.

Insieme si può e qui la politica può fare molto se unità e concorde sugli obbiettivi.

Se non c’è un afflato di intenzioni da parte di tutti, non si raggiungerà mai l’obiettivo.

Si parte anche da piccoli e grandi gesti quotidiani.

Si parte intanto nel capire che il problema esiste e che va risolto!

 

Paolo Bonafé

Venezia

La vita può essere capita sollo all'indietro ma va vissuta in avanti (Soren Kierkegaard)